IRPEF non pagata, quando va in prescrizione e cosa succede se non si paga

Ecco quando va in prescrizione l'IRPEF se non viene pagata, e cosa succede se non si paga questa e altre imposte.

Non pagare le imposte significa finire sotto gli occhi dell’Agenzia delle Entrate, e successivamente dell’Agenzia Entrate-Riscossione. E fin quando il debito non viene estinto, la situazione non cambierà. A meno che non scatti la prescrizione.

Come per molti reati, anche nel caso del mancato pagamento delle imposte quali IRPEF, IRES e IVA, può scattare la prescrizione, ma non sempre. Tutto ciò differisce in base alla tassa e all’imposta dovuta, ma in genere il lasso di tempo va calcolato in anni.

Affidarsi però solo alla prescrizione non è il massimo della convenienza, perché prima che scatti l’Agenzia utilizza una serie di mezzi atti alla riscossione del debito, uno più invasivo dell’altro, come il pignoramento.

IRPEF non pagata, quando va in prescrizione

La prescrizione dell’imposta sui redditi delle Persone Fisiche scatta dopo 10 anni, a partire dall’1 gennaio dell’anno dopo a quello in cui è dovuta l’imposta.

Ricordiamo che la prescrizione è un istituto giuridico che riguarda gli effetti giuridici del trascorrere del tempo su un certo procedimento giudiziario. In quanto fenomeno automatico, la prescrizione avviene quando decorre un certo lasso temporale, senza dover richiedere alcun accertamento.

Può succedere che, successiva alla prescrizione, l’Agenzia delle Entrate notifichi di nuovo la cartella esattoriale. Così facendo, l’imposta supererebbe i tempi della prescrizione, visto che il lasso temporale verrebbe di nuovo resettato alla data della nuova notifica.

In tal caso, bisogna impugnare tale richiesta davanti a un giudice, affinché sia annullata.

Se non si procede all’impugnazione, essa diventa incontestabile, e il contribuente sarà costretto a pagare per non vedersi pignorare i propri beni, anche se per quella specifica imposta/cartella era stata emessa la prescrizione.

Lo stesso vale nel caso in cui non venga notificato l’atto e venga recapitata la richiesta di pagamento prima dell’avvenuta prescrizione del debito. Sarebbe un “atto interruttivo della prescrizione”, totalmente inoppugnabile, che porta all’annullamento del tempo della prescrizione.

Quando vanno in prescrizione le altre tasse e imposte

Nel caso delle altre tasse, come IVA, IRES, bollo auto, Canone RAI e via scorrendo, le tempistiche variano notevolmente.

Nel caso dell’IRES, l’imposta sui redditi delle Società, la prescrizione scatta dopo 10 anni a partire dell’anno successivo a quello in cui è dovuta l’imposta, anche nel caso di cartella relativa all’omissione del versamento IRES.

Sempre 10 anni sono richiesti per la prescrizione dei seguenti tributi:

  • Canone RAI,

  • imposta di bollo,

  • imposta di registro,

  • imposta ipotecaria,

  • IVA.

Casi a parte sono le imposte regionali, provinciali e comunali, come TOSAP, IMU, TARI e altro ancora.

A differenza delle tasse “nazionali“, la loro prescrizione scatta dopo 5 anni, cartelle esattoriali comprese. Mentre nel caso del bollo auto (non a caso una tassa regionale), la prescrizione scatta dopo 3 anni.

Da anni s’è sviluppato un dibattito sulla riduzione dei tempi di prescrizione di imposte come IVA e IRPEF, in modo da farle passare da 10 a 5 anni. Tale tesi è supportata da una regola contenuta nell’articolo 2948 del Codice Civile, in cui si afferma che i debiti pagabili una volta all’anno vanno in prescrizione dopo 5 anni.

In realtà tale tesi ha già subìto un’obiezione, perché il presupposto quinquennale varia di volta in volta e in base al reddito dichiarato dal contribuente.

Leggi anche: Irpef, come si calcola l’importo netto nel 2023, per dipendenti e autonomi

Cosa succede se non si paga l’IRPEF

Il mancato pagamento dell’IRPEF, così come di altre imposte trattate poco sopra, comporta dei rischi notevoli per il contribuente.

Se il pagamento non viene effettuato in tempo, scatta il regime sanzionatorio, nei primi giorni e mesi molto blando, per poi diventare molto rigido superato il primo anno dalla scadenza, senza contare i costi di aggio e di interessi di mora.

In assenza di ravvedimento, rateizzazione e rottamazione, l’Agenzia provvederà a ipotecare e/o pignorare tutti i beni dell’intestatario della cartella, a patto che i debiti siano superiori a delle quote precise (es. ipoteca sulla prima casa se il debito è superiore a 20.000 euro, pignoramento dei beni immobili successivi alla prima casa se il debito è superiore a 120.000 euro ecc.).

Ricordiamo che, se si supera la quota di 50.000 euro di IRPEF non pagato, si rischia l’accusa di evasione fiscale, per il quale sono previsti da 2 a 5 anni di reclusione in caso di condanna.

Anche nel caso di forza maggiore, ovvero l’impossibilità di pagare l’IRPEF per una mancanza di soldi dovuta a eventi avversi non controllabili dal contribuente, l’Agenzia potrà emettere una serie di sanzioni, anche pesanti.

Leggi anche: Riforma IRPEF 2023, chi ci guadagna e chi ci perde con le nuove aliquote

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