Lavoro digitale: arrivano nuovi obblighi fiscali!

Arrivano alcune importanti novità sugli obblighi fiscali e di comunicazione per il lavoro digitale, nel dettaglio per chi opera su piattaforme web: ecco quali

Con l’arrivo dello smart working e la diffusione della digitalizzazione in Italia, arrivano anche nuovi obblighi fiscali, in particolare relativi alla comunicazione di inizio del lavoro quando questo viene svolto attraverso piattaforme informatiche specifiche o con il tramite di una piattaforma web.

Le nuove indicazioni sono state fornite direttamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il decreto n.31 del 23 febbraio 2022. Le disposizioni fornite in materia di lavoro digitale avranno validità a partire dal giorno 14 aprile 2022, una data piuttosto ravvicinata. Come riporta un articolo recente di Fiscoetasse.com, al centro dell’attenzione ci sono proprio le piattaforme digitali:

“Il decreto definisce gli standard e le regole per la trasmissione telematica delle  comunicazioni dovute dai committenti in caso di lavoro intermediato da piattaforme digitali.”

Secondo queste nuove regole di comunicazione, sembra che si voglia introdurre una maggiore trasparenza anche sul lavoro mediato da piattaforme digitali di diverso tipo. Il decreto nello specifico chiarisce prima di tutto quali sono queste piattaforme digitali, e come funziona il lavoro digitale tramite piattaforme web.

Successivamente spiega come i committenti devono comunicare l’inizio del lavoro tramite queste piattaforme, che di fatto permettono il lavoro da remoto, ovvero a distanza, e per cui non è necessaria la presenza in un luogo fisico specifico. Tutti i dettagli sui nuovi obblighi, nell’articolo.

Lavoro digitale: di cosa si tratta

Il lavoro digitale è una realtà sempre più diffusa: è sufficiente una connessione internet e un computer per poter svolgere un lavoro sul web, tramite postazione da remoto. Il lavoro digitale ha garantito negli ultimi anni la possibilità di lavorare in smart working a tantissimi cittadini, tant’é che molti hanno deciso di continuare a lavorare in modalità agile, dove è possibile, anche successivamente ai periodi più critici di pandemia.

Il lavoro digitale, secondo l’ultimo decreto, viene intermediato da piattaforme web apposite che sono definite come programmi e procedure informatiche che, indipendentemente dal luogo in cui sono stabilite, condizionano le modalità di prestazione del lavoro.

Per quanto riguarda invece il lavoro intermediato da una piattaforma digitale, il decreto lo definisce come una prestazione di lavoro, anche intellettuale, intermediata da una piattaforma digitale che ne condiziona lo svolgimento, indipendentemente dal contratto di lavoro in essere e dal luogo in cui il lavoro viene svolto.

Fatte queste premesse, il decreto va a regolamentare le comunicazioni che riguardano la “gig economy”, ovvero l’economia dei lavori, anche di piccola entità, che possono essere svolti online da remoto. Viene utilizzato il modello “UNI-piattaforme” per assolvere a questa comunicazione, che diventa di fatto obbligatoria per molti committenti.

Questo decreto è uno dei tasselli che propone una maggiore trasparenza tra cittadini e istituzioni, in quanto obbliga i committenti a dichiarare tutti i lavori svolti con la modalità digitale, modalità che ancora ad oggi talvolta porta come conseguenza sfavorevole anche l’evasione fiscale, oltre alla diffusione di una serie di illeciti come il lavoro in nero.

Lavoro digitale: obbligo di comunicazione

Il nuovo obbligo di comunicazione del lavoro digitale viene rivolto a diverse categorie di soggetti, che svolgono un lavoro tramite piattaforme web, da remoto. Si tratta prima di tutto del lavoro svolto in modalità subordinate, ma anche di collaborazione autonoma continuativa, e anche di lavoro svolto completamente in autonomia.

la nuova comunicazione dovrà contenere tutte le informazioni rilevanti sul lavoro da remoto svolto attraverso piattaforme digitali: le informazioni che riguardano l’impresa, i lavoratori e la tipologia di lavoro svolto. Andranno indicati anche la data di inizio dello svolgimento del lavoro, la data di fine dello svolgimento di una prestazione lavorativa, il tipo di contratto in essere tra lavoratore e committente, le informazioni sul committente stesso.

La comunicazione è obbligatoria sia se viene impiegato un solo lavoratore tramite lavoro da remoto, sia se include più soggetti, che vanno tutti indicati nelle informazioni più rilevanti. Tutte le informazioni contenute in queste comunicazioni saranno raccolte e rese disponibili a diversi enti che si occupano di controllare la qualità del lavoro.

In particolare le informazioni potranno essere rese disponibili all’Ispettorato Nazionale del lavoro, all’Istituto Nazionale per le Assicurazioni e gli Infortuni sul Lavoro, ma anche al Ministero dell’Interno. Per poter procedere con la comunicazione obbligatoria, con il decreto arriva anche il modello “UNI-piattaforme” istituito con diversi campi da compilare in cui indicare le diverse informazioni.

Modello UNI-piattaforme per il lavoro digitale

Il nuovo modello dovrà essere compilato in ogni sua parte, e contenere tutte le informazioni che riguardano il lavoro specifico che viene svolto da lavoratori con contratto di tipo subordinato, a collaborazione o autonomi, e che svolgono una attività tramite piattaforme web apposite.

Nel modello andranno indicati prima di tutto i dati del committente: si tratta della denominazione, del nome e del codice fiscale, i dati del rappresentante legale e della sede legale. Successivamente va compilata la parte che riguarda il lavoratore, o i lavoratori.

Anche in questo caso vanno indicati tutti i soggetti coinvolti, con i dati relativi al nome e al cognome, il codice fiscale, la data di nascita, la cittadinanza, il comune di nascita, i dati relativi al domicilio.

Vanno poi specificati nell’area sottostante i dettagli che riguardano il lavoro specifico che viene svolto: la data di inizio del rapporto lavorativo e la presunta data di fine, la tipologia contrattuale, e va specificato anche qual è il compenso per il lavoro svolto.

Vanno indicati anche i dati della sede in cui viene svolto il lavoro: l’indirizzo, il comune, il numero di telefono e l’indirizzo e-mail. Infine vanno inseriti i dati relativi all’invio della comunicazione, ovvero la data, il codice fiscale di chi compila la comunicazione, l’email e il codice della comunicazione. La procedura per l’invio sarà presto disponibile al portale online dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite il modello “UNI-piattaforme”.

Chi può inviare la comunicazione obbligatoria

La comunicazione obbligatoria riguarda il lavoro svolto da remoto, i committenti e i lavoratori. Tuttavia nel decreto ufficiale viene anche specificato chi sono le figure che dovranno provvedere all’invio di questo nuovo modulo in caso di lavoro digitale. Si tratta di:

  • Consulenti del lavoro;
  • Avvocati e procuratori legali;
  • Dottori Commercialisti;
  • Ragionieri;
  • Periti Commerciali;
  • Associazioni di categoria;
  • Associazioni di categoria dei datori di lavoro agricoli;
  • Consorzi e gruppi di imprese;
  • Periti agrari e agrotecnici.

Queste figure potranno quindi procedere raccogliendo tutte le informazioni necessarie all’inserimento nel nuovo modulo obbligatorio per la comunicazione. Ma chi sono i soggetti che più spesso lavorano con queste piattaforme digitali? Di quali figure professionali si tratta?

Ad oggi sono moltissimi i cittadini che lavorano tramite piattaforme web apposite, che determinano la modalità di svolgimento delle mansioni, da remoto. Tra queste figure spiccano anche i corrieri, ovvero i riders che lavorano nelle città consegnando prodotti e cibo nelle case degli italiani. Questi lavoratori siglano contratti di tipo subordinato o di collaborazione autonoma con note aziende che operano online mettendo in comunicazione la domanda e l’offerta di lavoro.

Ma i lavoratori del web possono anche svolgere lavori di tipo intellettuale, come ad esempio i formatori online o gli insegnanti che propongono corsi di lingue, oppure ancora soggetti che prestano la propria manodopera a chiamata in base all’iscrizione ad uno specifico portale web, come giardinieri, autisti con automobili a noleggio, e così via.

Lavoro digitale e precarietà

Una delle conseguenze del moltiplicarsi del lavoro digitale, anche quando si parla di gig economy, è quello della precarietà: spesso queste piattaforme online garantiscono l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, tuttavia le regole contrattuali non sempre seguono le normative vigenti.

A livello contrattuale per esempio, i rider, ovvero i lavoratori che consegnano prodotti tramite note applicazioni web per ristoranti e catene, hanno condotto lunghe battaglie con i sindacati per vedersi corrispondere uno stipendio di un certo livello e con un contratto vero e proprio con l’azienda erogatrice del servizio.

Il lavoro digitale può garantire nuove possibilità di lavoro, anche tramite la nascita di professioni di diverso tipo, tuttavia il rischio di aumentare la precarietà è reale. La comunicazione obbligatoria di questa tipologia di rapporto lavorativo potrebbe essere un importante tassello per regolamentare maggiormente quelli che sono lavori considerati ancora piuttosto precari, anche se vantaggiosi in quanto si possono svolgere in modalità da remoto.

Il lavoro digitale è stata una risposta efficace negli ultimi anni soprattutto di fronte all’emergenza sanitaria, per cui moltissimi lavoratori si sono trovati a lavorare improvvisamente da casa e a non poter recarsi in presenza sul proprio posto di lavoro. La modalità di lavoro agile tuttavia racchiude numerosi vantaggi, oltre a numerosi rischi.

Tant’è che le piattaforme digitali che offrono lavori da remoto si sono moltiplicate negli ultimi anni, portando avanti un processo di digitalizzazione che ha coinvolto anche le istituzioni pubbliche italiane. Tuttavia alcuni attendono ancora specifiche regolamentazioni per questo tipo di lavoro, che molti svolgono come autonomi, quindi con Partita IVA, altri invece svolgono in modalità subordinata o in collaborazione.

I risultati di questo nuovo obbligo di comunicazione del lavoro digitale indubbiamente non si vedranno subito, ma questa novità potrebbe essere un tassello importante per diminuire la precarietà presente tra i lavoratori digitali.

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