Manovra finanziaria, dove andranno i soldi dello stato

La legge di bilancio approda in senato e i partiti sono pronti a darsi battaglia per ottenere le ultime vittorie prima dell'approvazione definitiva. Dalle pensioni alla riforma del fisco, fino ai bonus e reddito di cittadinanza, ecco dove andranno i soldi dello stato per il prossimo anno.

Image

La manovra finanziaria, o legge di bilancio, è arrivata in Senato dopo lunghe trattative e discussioni sulla bozza. La battaglia politica tra partiti e governo sembra essere terminata in una tregua, e la cifra totale è salita da 23 a 30 miliardi di euro totali. Gli argomenti trattati sono numerosissimi, quante le voci di spesa dello stato, ma i punti salienti sono tre. 

Le pensioni sembrano un argomento ormai scritto nella pietra. Opzione donna, APE sociale e quota 102 hanno risolto il problema della flessibilità per il 2022 e evitato lo scalone dovuto alla fine di quota 100 e il ritorno alla Fornero. Tutte le altre discussioni attorno all’argomento riguardano il futuro della previdenza sociale e non saranno in manovra. 

Il reddito di cittadinanza è il contenzioso più acceso. Lega e Forza Italia sono nettamente opposti alla norma, ma la possibilità di eliminarla del tutto sembra ormai svanita. Il reddito subirà comunque modifiche, in particolare nella parte delle politiche attive del lavoro. 

La riforma del fisco, basata sul riordino delle imposte sulle aziende e sul taglio del cuneo fiscale, procede spedita verso l’approvazione. Questa norma è ritenuta fondamentale per la crescita dal governo, che vuole alleggerire il peso delle tasse sul ceto medio. 

Manovra Finanziaria, il testo che arriva in senato

Dopo discussioni e trattative, la bozza scritta dal governo settimane fa si è trasformata in un testo definitivo, che ora è all’esame delle commissioni in senato. È possibile che, dati i tempi ristretti (la manovra va approvata entro fine anno), questo sia l’unico vero passaggio parlamentare del testo. Alla camera infatti, per evitare ulteriori rinvii, il governo potrebbe blindare la legge chiedendo la questione di fiducia. 

In senato arriva un testo della manovra molto cambiato dalla bozza che il consiglio dei ministri e la cabina di regia avevano elaborato. Draghi era stato molto conservatore, cercando di partire avvantaggiato nella trattativa con i partiti. Così aveva proposto un aumento dell’età pensionabile di Opzione Donna, che si è poi rimangiato in cambio di altre concessioni da parte dei leader della sua maggioranza. 

Allo stesso modo aveva tentato di modificare il Superbonus 110%, tramite l’inserimento di una clausola che toglieva la possibilità dello sconto in fattura. Alla fine questa idea, che era volta a ridurre le truffe al fisco, è stata sostituita dal decreto antifrode, che sta comunque creando i suoi problemi. 

Le tasse sono state l’argomento che ha causato più discussioni, ma il governo è alla fine riuscito a domare i partiti. Draghi ha strappato a tutti i leader un accordo di non belligeranza su questo tema, che ha portato infine ad aumentare i fondi disponibili, senza che nessuno si arrogasse il merito dell’intera riforma. 

Manovra Finanziaria, le pensioni

Il tema più caldo a livello di dichiarazioni sono probabilmente state le pensioni. C’era in questo caso una precisa situazione da risolvere: Quota 100 era finita, aveva in buona parte fallito, era costata moltissimo e come se non bastasse stava per causare uno scalone di cinque anni tra chi andava in pensione al 31 dicembre 2021 e chi al 1 gennaio 2022. 

Per evitare una situazione così ingiusta il governo ha elaborato Quota 102. Stesso principio di Quota 100, ma un anno in più di età e uno in più di contributi per accedervi. Quindi 64 anni di anzianità e 38 di contributi. La norma durerà soltanto fino alla fine del prossimo anno, quando si ritornerebbe in teoria alla legge Fornero. Questo a meno che le trattative per una nuova flessibilità vadano a buon fine. 

Ad affiancare Quota 102 si è aggiunta Opzione Donna. Inizialmente Draghi sembrava intenzionato ad aumentare l’età pensionabile per le lavoratrici che scelgono il ricalcolo contributivo a 60 anni. Questa norma non avrebbe avuto molto senso, in quanto andava ad includere quasi soltanto le donne che già due anni fa avevano rinunciato ad andare in pensione con questa norma. 

È diventato presto evidente che questa mossa serviva a far spendere capitale politico ai partiti. Una battaglia che Draghi dava per persa, ma che serviva a far sparare ai leader qualche cartuccia in più in vista di quelle davvero decisive. Così dopo qualche discussione il governo è tornato sui suoi passi. Opzione donna sarà rinnovata per il 2022 con gli stessi esatti parametri del 2021.

58 anni di età per le dipendenti, 59 per le autonome, 35 anni di contributi e una finestra di 12 mesi per le lavoratrici stipendiate, di 18 per le altre. Anche Opzione Donna però non sembra poter avere un futuro dopo il 2022, ma il suo destino potrebbe essere legato anch’esso alla trattativa sulla riforma organica delle pensioni. 

Ape sociale è finita nel tritacarne della trattativa politica in modo simile ad Opzione Donna. L’anticipo pensionistico nelle intenzioni del governo doveva essere semplicemente rinnovato, senza alcun tipo di espansione. I partiti, soprattutto il Partito Democratico, si sono quindi spesi per aumentare il numero di categorie incluse nella norma. Infine il governo ha capitolato, ma il PD si è trovato con meno proiettili da sparare in altre discussioni. 

Le pensioni sembrano cementate in questo stato. Difficilmente la discussione in parlamento porterà modifiche a queste norme, perché nessun partito vuole essere ricordato come quello che ha alzato l’età pensionabile, e non ci sono i fondi per abbassarla ulteriormente. 

Manovra Finanziaria, il reddito di cittadinanza

Chi invece si è dimostrato davvero testardo è il Movimento 5 Stelle. Pur essendo dilaniato dalla lotta interna tra Di Maio e Conte, il partito è stato sorprendentemente unito nel difendere i propri cavalli di battaglia contro l’esecutivo. La norma su cui più di altre il MoVimento ha tirato fuori gli artigli è stata il Reddito di cittadinanza, che però subirà comunque alcune modifiche. 

Le voci prima della stesura della bozza facevano tremare la dirigenza pentastellata. Lega e Forza Italia spingevano per cancellare il Reddito di cittadinanza e dirigere altrove i 9 miliardi di euro necessari a farlo funzionare. I cinque stelle si sono quindi chiusi a falange attorno al sussidio, ma Draghi è riuscito comunque ad ottenere qualche concessione. 

Con l’aiuto del PD sono state riprogrammate le politiche attive del lavoro, cioè tutta quella parte del Reddito di cittadinanza che deve aiutare i percettori a trovare un impiego. L’impianto elaborato dal primo governo Conte, quello coi Navigator e i centri per l’impiego, ha fallito ed è stato smontato. Al suo posto un sistema di collaborazione con agenzie e aziende private, e una serie di punizioni se si rifiuta il lavoro, dalla riduzione del Reddito fino alla sua cancellazione. 

Dall’altro lato il sussidio è stato ricalibrato in favore delle famiglie numerose, che risultavano molto penalizzate dalla norma precedente. In questo contesto è stato integrato anche con l’ampia riforma dei sussidi familiari, che ha portato alla creazione dell’assegno unico per i figli. 

A differenza delle pensioni però, il passaggio parlamentare potrebbe riservare sorprese per il Reddito di cittadinanza. Lega e Forza Italia potrebbero tentare qualche imboscata un emendamenti che potrebbero essere respinti soltanto se PD, cinque stelle e LeU rimanessero compatti. 

Manovra Finanziaria, la riforma fiscale

La battaglia sul tagli delle tasse è stata forse la più strana di tutta la trattativa sulla manovra. La norma prevede innanzitutto la riduzione di due imposte, l’IRPEF la tassa sul reddito delle persone fisiche e l’IRAP l’imposta regionale sulle attività produttive. Tutti volevano questa norma, il governo perché è una grande spinta alla crescita, e i partiti perché aver tagliato le tasse è un ottimo spot elettorale. 

Ognuno però ha le sue piccole battaglie. La Lega vuole abolire l’IRAP per le partite IVA. Il PD invece vorrebbe ridurre il cuneo fiscale tagliando il contributo alla cassa unica degli assegni familiari, che grava sugli stipendi dei dipendenti. 

L’incontro definitivo su questi temi avverrà lunedì, ma a quanto filtra Draghi è riuscito a richiamare tutti all’ordine. I partiti non dovrebbero fare ostruzionismo in nessun modo, e il cuore della norma avrà vita semplice in parlamento. L’IRAP sarà in parte ridotta in parte assorbita dall’IRES, semplificando la vita alle aziende. l’IRPEF sarà tagliato di un punto nello scaglione 28-55 mila euro, per dare più respiro e potere d’acquisto al ceto medio.

Manovra Finanziaria, il Superbonus e il resto dei bonus edilizi

Oltre a queste misure, quella più discussa è stata il riordino dei bonus edilizi. Il primo problema da affrontare per Draghi è stato quello delle truffe dovute allo sconto in fattura per il Superbonus. Secondo il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini, negli ultimi due anni lo stato ha sprecato quasi un miliardo regalandolo ad aziende disoneste, tra prezzi gonfiati ed interventi inesistenti. 

Inizialmente si voleva rimuovere del tutto lo sconto in fattura, ma il Movimento 5 Stelle si è opposto. Allora Draghi ha elaborato un decreto antifrode, che ha aggiunto passaggi di sicurezza per evitare che queste truffe venissero perpetrate. Inoltre ha concesso all’Agenzia delle Entrate di bloccare i cantieri sospetti. 

Gli altri bonus edilizi sono stati quasi tutti rinnovati, dall’ecobonus al sismabonus, fino a quelli minori come il bonus verde. Per tutte queste agevolazioni però è anche prevista una riduzione o la totale sparizione dopo il 2022. Il bonus facciate invece, benché rinnovato anche per l’anno prossimo, è stato ridotto di entità. Stesso destino toccherà anche al Superbonus, che nel 2024 passerà dal 110% attuale al 70%. 

Rimane comunque l’indiscutibile successo di questa iniziativa, che ha spinto il settore edilizio a riprendersi dopo anni di stagnazione, e ha permesso ai cittadini di rinnovare il patrimonio immobiliare del nostro paese, che rappresenta da sempre una delle principali forme di risparmio privato.