POS obbligatorio, non le App: in questi casi si possono rifiutare i pagamenti elettronici

I pagamenti attraverso le applicazioni sono garantiti da parte dei commercianti? No! Scopriamo come funziona la normativa e perché c'è la distinzione.

Da quando il POS è diventato obbligatorio per tutti i commercianti e i possessori di Partita Iva sono sorte numerose polemiche. Diversi sono i metodi di pagamento possibili, il POS è semplicemente una delle opzioni e permette di avere un terminale che accetta le carte di credito, i bancomat e le carte prepagate. Non sono però questi gli unici metodi diffusi ed il malcontento in questo senso si è diffuso molto velocemente.

Infatti, è apparso evidente fin da subito che l’obbligo relativo al POS è limitante, in quanto sono ormai numerosi i cittadini che richiedono la possibilità di pagare attraverso altri metodi, tra cui le ormai note applicazioni per cellulare che risultano molto comode e convenienti. Vediamo dunque come funziona la nuova regola in vigore dal 30 giugno e come sono strutturate le possibili sanzioni, ma anche quando tali sanzioni non si applicano.

POS obbligatorio dal 30 giugno: come funziona la norma

Nell’ambito delle (tante) promesse fatte dall’Italia all’Europa per usufruire dei fondi stanziati post covid, c’è anche quella relativa alla lotta all’evasione ed all’incentivo dei pagamenti attraverso metodi tracciabili. Due “battaglie” palesemente correlate tra loro che vedono l’Italia in una posizione particolare: tra i primi paesi per numero di POS, ma non tra le prime posizioni per quanto riguarda il loro utilizzo.

La tendenza è a dotarsi del POS per non incorrere in sanzioni, come prevederebbe una norma ormai vecchia di 8 anni, ma poi concretamente si rifiutano le sanzioni sotto un certo importo a causa delle commissioni che, invece, non si applicano in caso di pagamento in contanti.

La nuova normativa interviene proprio su questa casistica: la sanzione scatta non appena il commerciante rifiuta l’utilizzo del POS, a prescindere che ne sia dotato o meno. A questo punto, il consumatore può immediatamente far riferimento alla Guardia di Finanza e far scattare il controllo e, eventualmente, la sanzione.

Sanzione di 30 euro, quando scatta 

La sanzione è pensata per un importo di 30 euro più il 4% della transazione rifiutata, il che significa una cifra di questa entità:

  • 30,40 euro in caso di transazione da 10 euro;
  • 32 euro in caso di transazione da 50 euro;
  • 34 euro in caso di transazione da 100 euro;
  • 50 euro in caso di transazione da 500 euro.

Questo calcolo serve solo per capire il funzionamento della sanzione, perché in pratica è probabile una sua applicazione solo per importi bassi, in quanto per importi consistenti è difficile che venga rifiutato il metodo di pagamento tracciabile.

Come detto in precedenza, a far scattare la sanzione è il rifiuto dell’utilizzo del POS, a prescindere dalla dotazione di questo strumento che, ormai, hanno la maggior parte dei commercianti. Ormai l’obbligo è effettivo da alcune settimane e riguarda tutti i commercianti, anche ambulanti e tassisti.

A questo punto, però, ci si chiede come funzioni per tutti gli altri metodi di pagamento: ecco la risposta.

Niente sanzioni in caso di rifiutato pagamento attraverso app

Gli italiani si sono ormai abituati ai metodi di pagamento alternativi alla classica carta di credito, debito o prepagata: parliamo di applicazioni che permettono di avere con sé un modo per pagare semplicemente avendo il telefono.

Alcune di queste app sono indipendenti, cioè legate al conto bancario e completamente slegate da metodi di pagamento “classici”, mentre altre sono sostanzialmente un modo alternativo per avere carta di credito, debito o prepagata direttamente sul proprio smartphone.

La domanda è lecita e riguarda proprio la novità effettiva dal 30 giugno scorso: i commercianti sono obbligati ad accettare anche questi metodi di pagamento? La risposta è no. Non sono obbligati e, dunque, le sanzioni spiegate in precedenza non si applicano in tale caso.

L’unico pagamento che non può essere rifiutato è quello relativo al POS e cioè attraverso carta di credito, debito o prepagata. 

Niente sanzioni per pagamenti con app: ecco perché 

A tanti cittadini è parso insensato agire in tal modo, ma una motivazione naturalmente c’è: non vincolare eccessivamente i commercianti. Ma facciamo un passo indietro.

La norma del 2014 obbligava al possesso del POS, senza prevedere però sanzioni in caso di transazione rifiutata, una pratica ormai molto diffusa in Italia. Otto anni fa, però, non vi erano così tante alternative per pagare direttamente con il proprio smartphone.

La norma è semplicemente rimasta indietro rispetto a questa evoluzione ed al momento non ha incluso i nuovi metodi di pagamento, scatenando parecchie polemiche anche da parte di chi offre questo genere di servizi, come ad esempio Satispay.

Se infatti l’idea è di non “strozzare” eccessivamente i commercianti in tempi ancora delicati e di difficile ripresa, è altrettanto vero che i servizi esclusi dal nuovo obbligo sono in buona parte più vantaggiosi economicamente rispetto all’utilizzo di un POS, che prevede una commissione tra l’1,5% ed il 2%.

Questa battaglia non è ancora terminata, naturalmente, ma rimane interessante vedere quale sarà la sua evoluzione: non è questione di se (verranno inclusi anche i nuovi metodi di pagamento nell’obbligo), ma di quando.

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