Partita iva: quale regime fiscale scegliere?

Quando si decide di aprire la propria partita iva, tra le molte domande tra cui sarà necessario destreggiarsi, una su tutto capeggerà, e sarà quella riguardante quale regime fiscale scegliere. Ne parliamo in quest'articolo, dove valutiamo pro e contro di regime fiscale ordinario, semplificato ed il famoso forfettario.

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Nel momento dell'apertura della partita iva, svariate sono le domande che dobbiamo porci e una delle più importanti è certamente quella che riguarda la scelta del proprio regime fiscale. Dopo aver deciso il momento più conveniente per aprirci alla sfida (ne abbiamo parlato in quest'ultimo articolo di Trend Online), è infatti necessario essere aggiornati su tutte le novità, i requisiti, i limiti, ma anche i benefici che sono imposti, o che si ottengono, propendendo per una scelta piuttosto di un'altra. 

Naturalmente, però, a prescindere da tutto, il presupposto fondamentale è avere un'idea piuttosto solida di quello che andremo a fare e come andremo a farlo. Ecco perché in questo articolo, scriveremo una sorta di guida alla partita iva, che ci aiuti a navigare tra i meandri insidiosi dei regimi fiscali, partendo proprio da una definizione.

Si definisce Regime Fiscale (anche chiamato Regime Contabile) l’insieme di regole e procedure che ogni azienda o professionista deve seguire per essere in regola in termini fiscali e legali, scrive SumUp.

Quando è necessario aprire partita iva

Nel momento in cui si decide di aprire la propria partita iva, molte sono le domande cui si andrà a rispondere, compresa quella che fa da oggetto all'argomento di oggi, il regime fiscale.

Ad ogni buon conto, è necessario sapere che, a dispetto di ogni illusoria credenza, aprire partita iva non è necessario solo al raggiungimento dei fatidici 5 mila euro di fatturato annui. In realtà, l'obbligo all'apertura della partita iva scatta ben prima.

Infatti, l'apertura della partita iva dovrebbe corrispondere al momento in cui si avvia la propria attività commerciale ed individuale, svolgendola in modo continuativo ed organizzato. Non vi è alcuna soglia minima di fatturato da dover rispettare.

La soglia dei 5 mila euro di cui si parla spesso è semplicemente la soglia minima entro la quale scatta l'obbligo di dichiarazione dei redditi: non ha nulla a che vedere con l'obbligo di partita iva, sebbene questa sia la generale credenza.

Se il dubbio sull'apertura, o meno, della propria attività nasce da un fattore economico, ne siano tranquillizzati gli aspiranti: in verità, come vedremo nel prossimo paragrafo, l'apertura non ha costo.

Come aprire la propria partita iva

In sintesi, dal momento che quest'articolo di Trend Online ne parla in maniera assai approfondita, aprire partita iva nel 2021, ormai nel 2022, è cosa piuttosto semplice. Volendo, infatti, la procedura può essere svolta interamente online.

Quello che è imperativo sapere, prima di iniziare il procedimento, è che è necessario avere a disposizione alcuni dati che permetteranno di destreggiarsi nella burocrazia con maggiore efficacia.

Nel sito dell'Agenzia delle Entrate sono disponibili i moduli per poter aprire partita iva, sia che si tratti di una società, sia che si tratti di persona fisica. Essi sono da compilare in ogni parte e sono inviabili all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate di propria pertinenza tramite raccomandata, presentandosi di persona oppure, come dicevamo poche righe addietro, per via telematica.

Dunque, per vedersi assegnate le 11 cifre, quali scelte è necessario aver già compiuto?

Innanzitutto, la scelta del proprio codice ATECO. Divenuta una dicitura assai popolare in questi anni di aiuti di Stato in base al codice della propria attività, il codice ATECO non è altro che un codice che identifica la propria attività economica.

Naturalmente è possibile cambiare successivamente l'indirizzo della propria impresa (a tal proposito, potete far riferimento a quest'articolo), ma si sappia che la procedura da seguire sarà molto simile a quella dell'apertura della partita iva.

Per ottenere le proprie 11 cifre, che ci vengono assegnate in poco tempo, è necessario conoscere un'altra informazione, oggetto di quest'articolo, che iniziamo a conoscere nel prossimo paragrafo.

Come scegliere il regime fiscale per la propria partita iva?

Non possiamo negarlo: la scelta non è affatto semplice.

In Italia, esistono 3 tipi di regimi:

  • Regime ordinario;
  • Regime semplificato (in realtà, regime ordinario semplificato);
  • Regime forfettario.

Ognuna di queste categorie si addice ad una particolare categorie di contribuenti ed è caratterizzata da diversi vantaggi (e punti deboli). A seconda delle proprie esigenze e della realtà che si vuole aprire, si andrà a fare la scelta più sostenibile.

Naturalmente, non è detto che in corso di opera non si possa, o non si debba, cambiare la propria scelta.

In quest'articolo, ad esempio, abbiamo parlato a lungo di come sia possibile far passare la propria partita iva da regime fiscale semplificato a ordinario e viceversa. In certe circostanze, la scelta non può essere fatta, ed il passaggio avviene naturalmente.

Cerchiamo meglio di capire il grande dibattito tra partite iva forfettarie e semplificate nel prossimo paragrafo.

Partita iva con regime semplificato o forfettario?

Il regime ordinario semplificato, che per ragioni di comodità chiamiamo solo "regime semplificato", è, come dice la parola stessa, una declinazione semplificata e meno gravosa del regime ordinario.

Per accedervi, è necessario avere una ditta di persone oppure una ditta individuale che non abbia raggiunto una determinata soglia di ricavi nell'anno procedente (stiamo parlando di 400 mila euro per i servizi e 700 mila negli altri casi).

Se stiamo parlando di liberi professionisti, decade anche questo limite.

Se, però, stiamo parlando di una realtà piccola, ancora non troppo avviata, esiste un altro regime fiscale che è possibile scegliere per la propria partita iva, ovvero quello forfettario. Meno gravoso dal punto di vista delle imposte da versare, è certamente una delle scelte che migliaia di piccole imprese, start-up e aspiranti freelancer fanno agli albori della propria carriera.

Cosa distingue forfettario e semplificato? Un po' certamente lo abbiamo detto. La pressione fiscale è il principale motivo. Per il semplificato e l'ordinario, l'aliquota IRPEF più bassa è infatti pari al 23 per cento.

Chi si avvale del regime forfettario paga soltanto un’imposta sostitutiva con aliquota al 15 per cento e, se in possesso dei requisiti per l’aliquota start-up, può usufruire di un’ulteriore riduzione – dal 15 al 5 per cento – per il primo quinquennio, riassume FiscoZen.

Tale imposta sostitutiva, tra le altre cose, non si calcola nemmeno sul totale del fatturato, ma solo su una sua parte, la cui percentuale varia in base al proprio codice ATECO.

Oltre a questo, i forfettari hanno una grande agevolazione che si misura in una minore burocrazia da seguire. Infatti, non hanno obbligo di applicare l'imposta sui compensi. Conseguentemente, non vi è necessità di diversi oneri come le liquidazioni IVA periodiche e, ancor più importante, i prezzi dei loro servizi non subiscono la maggiorazione dell'IVA.

Di contro, però, ci sono dei limiti di ricavo e di costo (dei quali avevamo parlato approfonditamente qui) che rendono la scelta del regime forfettario impossibile.

Oltre a questo, i forfettari, al contrario di aderenti al regime ordinario o semplificato, hanno un altro contro.

Nel regime forfettario non è possibile dedurre nessun costo ai fini della determinazione del reddito imponibile, scrive PartitaIva24.

L'unica voce che viene dedotta è infatti solo quella dei contributi. Per il resto si applica una deduzione a base fissa.

Ne risulta quindi che il regime forfettario, sebbene fortemente agevolato in merito alla tassazione, non costituisce in tutti i casi la scelta più conveniente per tutte le realtà.

In ultima analisi, perché il regime ordinario, anziché il semplificato?

La partita iva in regime fiscale ordinario

Probabilmente, a questo punto si sarà facilmente inteso quale siano i casi che ricadono all'interno del regime ordinario. Sarà inoltre facile comprendere come in realtà, la scelta di questo regime fiscale per la propria iva sia molto spesso l'unica alternativa possibile.

Si tratta infatti dell'unica possibilità per chi abbia una società di capitali, oppure una società di persone o capitali che l'anno precedente abbia conseguito ricavi superiori a 400 mila euro per le attività di prestazione di servizi e 700 mila euro negli altri casi.

In particolare, possono aderire:

  • S.p.A, S.r.l., S.r.l.s., S.a.p.a., società cooperative e mutue assicuratrici;
  • Enti pubblici e privati, associazioni non riconosciute e consorzi che abbiano per oggetto principale (o esclusivo) l’esercizio di attività commerciali;
  • Organizzazioni di società ed enti non residenti.

Per questo regime, l'aliquota IRPEF è progressiva, dunque sale in proporzione al reddito. Come ben sappiamo, in questi giorni si sta discutendo molto sul tema, in quanto per l'anno 2022 sembra siano previsti degli importanti cambiamenti.

In quest'ultimo caso, è bene sapersi destreggiare tra tutta la documentazione che è necessario avere e tenere.

La contabilità infatti diviene particolarmente articolata.

Laddove richiesto, dal libro giornale, al libro mastro, al libro degli inventari, senza contare i registri iva, i mastrini, le scritture di magazzino e rimanenze, il registro dei beni ammortizzabili, molte sono infatti le regole che chi aderisce al regime fiscale deve seguire.

Per le partite iva ordinarie, inoltre, le registrazioni contabili devono essere effettuate secondo il metodo della partita doppia che permette la redazione del bilancio.

Certamente i vantaggi di questo sistema sono plurimi. Non sono le numerose registrazioni e regole permettono un controllo costante della propria situazione, ma anche permettono di fare previsioni a breve e lungo termine, avendo a disposizione una base solida di dati.

La scelta del regime fiscale per la propria partita iva non è sicuramente facile, ma, dopo aver osservato tutti i dati e le caratteristiche di ognuno, forse lo spettro di informazioni sarà un po' più chiaro.

Sia reso noto, comunque, che non solo ci sarà un adeguamento della normativa in tema di IRPEF, ma anche anche per i forfettari la situazione sembra in procinto di un cambiamento, in vista dell'anno 2022 (in particolar modo parliamo della possibilità di introduzione della fatturazione elettronica).