Vuoi aprire partita iva ma non sai i costi? Te li diamo qui!

Tutti i costi di gestione di una partita iva, dal momento della sua apertura. I costi annuali e le eventuali spese di apertura e chiusura. I contributi.

Di partita iva ne parliamo sempre diffusamente qui a Trend Online. Quello che però trattiene molti professionisti dall’aprirla subito è l’incognita della gestione.

Se in passato abbiamo già parlato di come fare per aprirla e della semplicità di esecuzione della procedura senza doversi muovere di casa, in realtà sempre poco spazio abbiamo dato ai costi di gestione.

In effetti, quando si considera di avviare una nuova attività, che sia in qualità di figura professionale oppure di azienda strutturata, è sempre mettere in conto tutte le variabili di spesa che si andranno ad affrontare, e non soltanto all’inizio dell’impresa.

Ecco perché in quest’articolo cercheremo di sintetizzare i costi che chi decide di aprire partita iva si ritrova ad affrontare, non soltanto al momento dell’apertura, ma, più in generale, a livello annuale.

Si scoprirà come i fattori che concorrono al costo annuale della propria partita iva sono plurimi, supportati però dai vantaggi che essa garantisce rispetto ad altri regimi fiscali (uno su tutti, la ritenuta d’acconto).

Le spese di apertura della partita iva

Iniziamo dal principio.

Una volta che il dado è tratto, la partita iva può essere aperta senza particolari intoppi online. Tutto ciò che servirà sarà la compilazione di un modulo, reperibile all’interno del sito dell’Agenzia delle Entrate: si tratta del modello AA9/7, per le aziende individuali e i lavoratori autonomi, oppure modello AA7/7, destinato alle società.

Si tratta dello stesso modello da utilizzare in caso di variazione oppure chiusura della propria attività professionale, come spieghiamo in questa guida.

Oltre al tempo impiegato per la compilazione del modulo in ogni sua parte e dell’invio di suddetto modulo, che può essere presentato di persona all’Agenzia delle Entrate oppure, di nuovo, per via telematica, in realtà non ci sono costi in questa fase.

I tempi di attivazione sono pure piuttosto brevi (all’incirca 24 ore) e in men che non si dica si può iniziare la propria attività. Il tutto infatti è da organizzare in tempi brevi.

Secondo l’articolo 35 del DPR 633/72 è obbligatorio provvedere all’apertura della partita iva entro 30 giorni dall’avvio dell’attività professionale o commerciale.

In ogni caso, come detto, i costi in questa fase non sono previsti.

Il momento che però intimorisce i nuovi professionisti non è tanto l’apertura, quanto il dopo, che ora analizziamo insieme.

La gestione annuale della partita iva: la tassazione

Eccoci giunti al cuore dell’articolo. Una volta aperta la propria partita iva quali sono i costi che sarà obbligatorio sostenere?

In realtà, per rispondere a questa domanda, bisogna dire che dipende. Della tipologia di tasse che si va a spendere annualmente, infatti, è in parte responsabile la scelta del regime fiscale di pertinenza.

Per chi infatti è soggetto al regime fiscale ordinario ci saranno diverse questioni da prendere in considerazione che non sono invece previste per i forfettari.

  • l’imposta che va a colpire il valore aggiunto che si viene a produrre a seguito dello scambio di beni/servizi (Iva);
  • l’imposta progressiva, personale e diretta che va a colpire il reddito delle persone fisiche (Irpef);
  • l’imposta regionale sulle attività produttive (Irap).

Per quanto riguarda l’IVA, generalmente al 22%. L’IRPEF, a seconda del proprio reddito dichiarato tramite modello 730 o Modello redditi Persone Fisiche, va dal 23 al 43% (riforma Irpef 2022). Infine l’IRAP è un’imposta che subisce differenziazioni a livello regionale e generalmente ha un valore del 3,9%.

Il discorso è ben diverso per chi rientri all’interno del regime forfettario.

Chi soggiace a questo regime sa che ha dei vincoli ben precisi, tra i quali un fatturato non superiore ai 65 mila euro annui. Per i forfettari, comunque, la base imponibile per il calcolo delle tasse è determinata dal codice ATECO di pertinenza. Proprio perché il calcolo non si effettua su tutto il valore del guadagno ma solo su una sua parte, questo regime fiscale è denominato forfettario.

Ad ogni buon conto, anche qui l’imposizione fiscale è importante.

Come detto, è il codice ATECO a determinare il coefficiente di redditività, ovvero la percentuale di guadagno che verrà tassata. Su questa porzione di guadagno verrà applicata l’imposta sostitutiva. Essa ha un valore del 5 o del 15%, a seconda del caso. Insomma, trattasi di un regime dall’imposizione fiscale ridotta.

L’altra voce fondamentale nella gestione della propria partita iva sono i contributi, che vediamo nel prossimo paragrafo.

Il costo dei contributi per la partita iva

Nel caso dei contributi, non si segue il codice ATECO oppure il fatturato annuo e, anzi, la spiegazione non è affatto semplice e in questo articolo verrà fatta, per ovvie logiche di spazio, per sommi capi.

Partiamo dalle imprese individuali che dovranno corrispondere due tipologie distinte di versamenti destinati alla Gestione Artigiani e Commercianti. Per suddette categorie, artigiani e commercianti appunto, l’iscrizione è obbligatoria.

Consta di due parti.

La prima parte ha un valore fisso, a prescindere dagli incassi percepiti nel corso dell’anno ed è basata sul minimale di reddito stabilito dall’INPS: 15.953 euro.

Se non si supera il minimale, si dovrà corrispondere:

  • 3.836,16 € per gli artigiani;
  • 3.850,52 € per i commercianti.

Se lo si supera, ci sarà anche un contributo variabile la cui aliquota sarà del:

  • 24% per gli artigiani;
  • 24,09% per i commercianti.

Ci sono delle riduzioni per gli under 21.

Vi sono poi i professionisti detti “con cassa”, ovvero coloro i quali sono tenuti all’iscrizione all’albo professionale per poter esercitare. Si tratta ad esempio di psicologi, avvocati, medici, ecc.

Essi sono quindi iscritti obbligatoriamente alla cassa del proprio ordine professionale, ciascuna con il proprio regolamento interno e i propri costi. Solitamente hanno aliquote ridotte per nuovi iscritti o per lavoratori molti giovani, ma bisogna vedere la singola casistica.

Per esclusione, arriviamo ai professionisti “senza cassa”, ovvero coloro i quali esercitano professionisti che per diversi ragioni non hanno una cassa specifica. Si tratta, ad esempio, di webmaster, amministratori condominiali, consulenti di marketing ecc.

Non avendo una cassa professionale essi dovranno iscriversi alla Gestione Separata INPS, presso la quale verseranno contributi proporzionali al proprio reddito. L’aliquota su cui è calcolato l’importo è del 25,72%.

Si può gestire da soli la partita iva?

Per cercare di abbattere i costi di gestione della propria partita iva naturalmente si può pensare di tagliare su alcune spese non obbligatorie, e dunque non strettamente necessarie nell’economia di una nascente attività professionale.

Stiamo parlando dei costi di un professionista che gestisca la propria contabilità, ovvero il commercialista.

Naturalmente, per chi mastichi bene la materia e sappia risolvere la quotidiana burocrazia, stando sempre al passo su ogni notizia, la risposta può essere semplice, a tratti scontata.

In realtà, però, sebbene possa sembrare tutto piuttosto semplice, non vi è la certezza di aver adempiuto a tutti i propri obblighi fiscali. Certamente si può stare al passo con tutte le informazioni, ma sarà poi questa la vera ragione dell’apertura della propria partita iva?

Di sicuro è un ragionamento che è opportuno fare, soprattutto nel caso dei forfettari, il cui regime fiscale è quello che richiede in assoluto meno lavoro in quanto a obblighi fiscali.

Anche in questo caso, comunque, il calcolo dell’imponibile su cui pagare le tasse non è certo cosa semplice.

Inoltre, se per quanto riguarda l’apertura della partita iva è possibile operare in autonomia, sia per quanto riguarda liberi professionisti sia per quanto riguarda le ditte individuali, il discorso è ben diverso quando si tratta della gestione dei contributi di cui abbiamo parlato poco fa.

In questo caso, infatti, senza l’aiuto di un professionista, sarà necessario aprire la propria posizione presso la Cassa previdenziale di pertinenza e gestire autonomamente i pagamenti.

Sicuramente è un ragionamento che bisogna fare oculatamente, anche in considerazione delle diverse opportunità disponibili attualmente a costi piuttosto contenuti e reperibili anche online.

Infine, ci sono costi per la chiusura della partita iva?

In quest’articolo, abbiamo seguito tutta la fase di vita di una partita iva, iniziando dalla sua nascita e proseguendo con la gestione durante la fase di crescita.

Cosa accade però se si decide di chiudere la propria partita iva?

Innanzitutto è bene ricordare che qualora si desideri variare l’orientamento della propria attività professionale e dunque variarne il codice ATECO, non sarà necessario chiudere la partita iva per poi aprirne una nuova.

Il modulo di cui parlavamo prima, infatti, non soltanto consente l’apertura, ma anche la variazione e, infine, la chiusura. Basterà compilarlo nei campi corretti, inviarlo all’Agenzia delle Entrate ed il gioco sarà fatto.

L’unica cosa che non è variabile in nessun caso è il numero di partita iva, che resta sembra univoco, come il codice fiscale. E, proprio come il codice fiscale, non si possono avere più partite iva associate alla stessa persona, ma soltanto più codici ATECO.

In ogni caso, ragionando invece su un discorso di chiusura, si sappia che, sebbene molte attività professionali, e relativa partita iva, sono state chiuse tramite “procedura d’ufficio” da parte dell’ente preposto, in realtà la procedura corretta è quella di recapitare il medesimo modulo di cui sopra all’Agenzia delle Entrate.

Se in passato il mancato invio del modulo comportava una consistente multa, tutto ciò ora non è più previsto.

Si sappia però che le regole sono chiare e la chiusura della propria partita iva non comporta costi di alcun genere.

Insomma, in quest’articolo abbiamo ricapitolato gran parte dei costi che si vanno a presentare per chi sia all’inizio della propria carriera professionale e non sappia come orientarsi.

Quello che è sempre bene considerare, in ogni caso, è che, almeno all’inizio sia opportuno fare una sessione di consulenza che permetta di destreggiarsi al meglio nei meandri della burocrazia.

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