Come ridurre il cuneo fiscale: i premi di risultato e il welfare aziendale

Rilanciare un'economia che minaccia la recessione non è semplice: ecco come aumentare il potere d'acquisto dei dipendenti attraverso il welfare aziendale.

I premi di risultato ed il welfare aziendale sono due ottimi strumenti per abbattere il cuneo fiscale per i lavoratori e sono convenienti anche per il datore di lavoro. Ecco come funzionano e come sono regolati fiscalmente.

Prima ancora di capire come funzionano questi strumenti, va però compreso lo scenario attuale per quanto riguarda il mondo del lavoro e, soprattutto, la tassazione. Infatti, è noto che durante i periodi di difficoltà economica (come avvenuto causa covid ed ora causa guerra) ci sono due strade dal punto di vista delle azioni del Governo: l’austerity o i tentativi di rilancio dell’economia.

Il Governo Draghi, ormai operativo solo per le questioni ordinarie, ha scelto diversi mesi fa la seconda opzione. Il tentativo è quello di rilanciare l’economia spingendo i cittadini ad aumentare (o almeno a non diminuire) i consumi nonostante l’aumento del costo della vita e le tante problematiche nel mondo del lavoro.

Possiamo sicuramente citare il cambiamento delle aliquote Irpef, avvenuto a partire dalla Legge di Bilancio 2022, ma anche diverse altre scelte come il cambiamento delle “altre detrazioni” in dichiarazione dei redditi ed ancora il trattamento integrativo 2022, per altro ampliato con il Decreto Aiuti.

In questo scenario, ecco che ruolo potrebbero svolgere due strumenti utilissimi per lavoratori e datori di lavoro che permettono di abbassare il cuneo fiscale e, quindi, di andare nella direzione già anticipata di spinta ai consumi per sorreggere e far crescere l’economia.

Welfare aziendale e premi di risultato: ecco cosa sono

I premi di risultato e i benefit che rientrano nella famiglia del “welfare aziendale” sono sostanzialmente degli escamotage, legali, per aumentare il reddito lordo del lavoratore senza che questo gravi eccessivamente sul datore di lavoro e sul lavoratore stesso in termini di tassazione.

Cioè, in sostanza, a condizioni fiscali agevolate e più convenienti rispetto al normale stipendio percepito dal lavoratore. I premi di risultato, come è facile intuire dal nome, sono legati ad alcuni traguardi raggiunti durante l’anno e sono dei veri e propri extra dal punto di vista economico, cioè vengono erogati in forma liquida.

Il welfare aziendale consiste invece in diversi benefit che non sono erogati in forma liquida ma piuttosto come servizi che possono fare molto comodo al lavoratore. Contemporaneamente, l’azienda accede a tali servizi a costi agevolati: in sostanza, se fatto con criterio, conviene a tutti. Vediamo allora come sono trattati questi due aspetti dal punto di vista della tassazione.

Premi di risultato: poche tasse, tanti vincoli

I vincoli per poter erogare dei premi di risultato non sono trascurabili: si tratta di garantire una crescita costante da parte dell’azienda e contemporaneamente sostenibile. Non può erogare premi di risultato un’azienda in difficoltà economica, è piuttosto evidente anche da un punto di vista logico.

Tali risultati sono oggettivi e verificati, non sono solo dei paletti scelti spontaneamente dall’azienda, ma sono regolati in maniera specifica e: non possono superare i 3.000 euro a lavoratore per ogni periodo d’imposta, sono attribuibili a chi percepisce una cifra lorda inferiore a 80.000 euro l’anno.

Il secondo vincolo può anche non essere considerato, ma se si supera tale cifra si perde il beneficio fiscale: si tratta dell’imposta sostitutiva che, se si rispettano tutti i criteri, ammonta solo al 10%. Risulta evidente quanto l’erogazione di questi premi sia ottima per aumentare il reddito del lavoratore senza affrontare costi dal punto di vista fiscale eccessivamente alti.

Welfare aziendale: cosa rientra e come è tassato

Il welfare aziendale comprende l’accesso ad una serie di servizi potenzialmente molto utili per il lavoratore e, contemporaneamente, molto convenienti per l’azienda: sono infatti esentasse, una vera e propria eccezione rispetto al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente previsto dall’art. 51 del TUIR.

Rientrano nel welfare aziendale: i contributi di assistenza sanitaria ai fini assistenziali (non oltre i 3.615,20 euro); acquisto di abbonamenti o biglietti per il trasporto pubblico locale; somme o servizi erogati in relazione a educazione, istruzione, centri estivi, borse di studio; somme o prestazioni per l’assistenza di familiari non autosufficienti; erogazioni dal datore di lavoro per far fronte a spese sanitario (art. 10, comma 1.b del Testo Unico).

Come si può intuire dalle voci comprese nel welfare, si tratta comunque di servizi pertinenti alla vita privata del lavoratore ma legati ad esigenze concrete ed essenziali come la salute, l’istruzione ed il trasporto.

Welfare o premi? Al lavoratore la scelta

In molti casi, seppur non sempre, è il lavoratore a poter scegliere se usufruire di alcuni servizi attraverso il welfare aziendale o convertirli semplicemente in premi, applicando a quel punto la tassazione sostitutiva del 10%.

Entrambe le forme possono essere molto convenienti ed ogni azienda, in base anche al settore di pertinenza, ha delle specifiche di applicazione, ma in generale suggeriamo di verificare sempre la presenza di benefit all’interno del contratto da lavoratore dipendente.

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