Reddito di cittadinanza, tutte le novità dal 2022

La manovra approdata in Senato contiene sia i fondi per rifinanziare il Reddito di cittadinanza, sia le nuove norme sulle politiche attive del lavoro. Più controlli e norme più stringenti per chi riceve il reddito ed è considerato abile al lavoro. Il comitato tecnico per la riforma del Reddito di cittadinanza intanto critica il governo per alcune mancate riforme.

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Il Reddito di Cittadinanza ha rischiato di non essere rinnovato all’interno della manovra finanziaria  del 2022. Per un periodo Lega e Forza Italia, supportati dal partito di Matteo Renzi Italia Viva, sembravano pronti a dare battaglia in consiglio dei ministri perché il sussidio non venisse rifinanziato e i nove miliardi spesi fossero devoluti ad altre riforme. 

Infine però il sussidio è rimasto. Il Movimento 5 Stelle ha difeso il suo cavallo di battaglia, ma non ha potuto evitare una serie di riforme alla struttura del Reddito di cittadinanza, in particolare sulle cosiddette politiche attive del lavoro. Si tratta di quelle norme volte ad inserire nel mondo del lavoro i percettori del reddito, e che nell’impianto iniziale del sussidio non hanno funzionato. 

Per ovviare a questo problema il governo ha nominato un comitato tecnico a marzo, per analizzare quelli fossero le possibilità di riforma di queste politiche. Dopo un lavoro durato mesi, l’esecutivo sembra pronto ad implementare le nuove politiche attive: primo passo l’eliminazione dei Navigator, una delle figure più contestate introdotte dal Reddito di cittadinanza, i cui contratti non saranno rinnovati per l’anno prossimo.

Affianco a queste norme però compaiono anche bonus per l’imprenditoria personale, per le famiglie numerose e nuove punizioni per chi non accetta troppe volte un lavoro congruo. Il Reddito è pronto a cambiare a partire dal primo gennaio. 

Reddito di cittadinanza, i numeri in manovra

Dopo una lunga battaglia, il Consiglio dei ministri ha raggiunto un accordo per rifinanziare il Reddito di Cittadinanza. Oltre milleduecento milioni di euro, per raggiungere il totale di 8,8 miliardi a regime, lo stesso del 2021. Una cifra superiore a quella dedicata al taglio delle tasse o alle pensioni, che testimonia l’impegno del governo a mantenere il sussidio e il ruolo ormai strutturale che il Reddito di Cittadinanza ha come ammortizzatore sociale nel nostro paese. 

Questo rifinanziamento significa che le cifre degli assegni rimarranno all’incirca le stesse per il prossimo anno. Quasi 1,4 milioni di nuclei familiari lo riceveranno, una parte consistente dei quali è composta da una singola persona. Il governo si aspetta anche che i richiedenti aumentino, ma non i percettori. 

Questo è sia un atto di fiducia verso le nuove politiche attive del lavoro, che dovranno includere nel mondo del lavoro i percettori, sia un annuncio di nuovi e più stringenti controlli. L’impegno di INPS e forze dell’ordine per sgominare truffe e percezioni non regolari aumenterà durante il 2022, e quindi i percettori irregolari diminuiranno. Un processo già cominciato, come testimoniano le numerose notizie di “Furbetti” del Reddito di cittadinanza arrestati nelle ultime settimane dalla Guardia di Finanza. 

Reddito di cittadinanza, le politiche attive del lavoro

Ma il pacchetto di misure più importante è quello sulle politiche attive del lavoro. Il governo ha rivoluzionato i modo in cui i percettori del Reddito di cittadinanza dovranno partecipare alla vita lavorativa, facendo assomigliare il sussidio più ad un assegno di disoccupazione. 

La prima misura è il potenziamento dei centri per l’impiego, mettendo in atto le oltre 11.000 assunzioni previste dal decreto del 2019 e rimandate causa covid. Bocciati senza appello invece i Navigator, le figure che dovevano accompagnare il percettore del reddito verso un lavoro collaborando con i centri per l’impiego. A nessuno di loro verrà rinnovato il contratto in scadenza il 31 dicembre 2021. 

Cambiano i parametri per ritenere un’offerta congrua. Quando si riceve un’offerta di lavoro di questo tipo e si è percettori del reddito di cittadinanza, bisogna accettarla a meno che non si voglia incorrere in sanzioni. Al primo rifiuto si vede decurtato il reddito di 5 euro al mese, al secondo invece il sussidio viene del tutto rimosso. 

Saranno considerate congrue tutte le offerte ad un massimo di 80 chilometri di distanza dalla residenza del percettore. A ricevere offerte di lavoro saranno comunque soltanto un terzo dei percettori del reddito, quelli ritenuti idonei al lavoro. 

Per tutti invece cambiano i piani di inclusione. Sia che si aderisce ai Patti per il lavoro che si partecipi ai Patti per l’inclusione sociale, non si potranno più frequentare gli incontri da remoto, ma bisognerà partecipare di persona. I colloqui avranno una cadenza almeno mensile, e alla prima assenza ingiustificata il percettore si vedrà revocato il sussidio. 

Oltre ai centri per l’impiego saranno coinvolte in questo sforzo anche le agenzie per il lavoro private. In questo modo il governo spera di aumentare la portata del coinvolgimento dei percettori del reddito nel mondo del lavoro. Le agenzie che troveranno al lavoratore un posto di lavoro in un’azienda riceveranno un incentivo apri al 20% del contributo che l’impresa riceve quando assume un percettore del reddito.  

Reddito di cittadinanza, il bonus impresa

Un altro bonus importante per chi percepisce il reddito di cittadinanza è il bonus impresa. Un incentivo molto sostanzioso, pari a sei mensilità del reddito, per chi apre un’azienda individuale con determinate caratteristiche mentre percepisce il reddito di cittadinanza. 

Questa misura è stata pensata per evitare che il Reddito di cittadinanza disincentivi l’imprenditoria individuale. Infatti si è molto meno disposti a rischiare di aprire un’attività se si percepisce un reddito sicuro, che si perderebbe una volta cominciata la nuova professione, la quale spesso non garantisce entrate costanti. 

Per impedire che questo accada, il governo fornisce appunto un bonus a chi percepisce il reddito di cittadinanza da meno di un anno e decide di aprire un’attività in proprio. Il bonus può arrivare a 4680 euro, pari al massimo importo possibile di sei mensilità del reddito di cittadinanza. 

Ovviamente questo bonus decade in caso il percettore venga scoperto come irregolare o non abbia adempiuto ai propri obblighi di percettore del Reddito di cittadinanza, come presentarsi ai colloqui mensili, oppure ancora abbia rifiutato offerte di lavoro congrue in precedenza. Inoltre soltanto un percettore del Reddito di cittadinanza per famiglia può accedere a questo bonus. 

Reddito di cittadinanza, le critiche dei tecnici

La nuova riforma del Reddito di cittadinanza si è prestata a molte critiche, in particolare da chi era stato incaricato di individuare i punti deboli delle norme e proporre soluzioni. Vengono infatti dal comitato tecnico le principali critiche alla manovra, in particolare per non aver agito su alcune criticità legate agli importi, più che alle politiche attive del lavoro. 

In particolare, il comitato tecnico per la riforma del reddito di cittadinanza aveva individuato dei punti problematici del sussidio che riguardavano gli importi. Il primo era quello delle famiglie numerose. I figli a carico contano poco nel calcolo del reddito, e quindi chi ha più di due figli è svantaggiato rispetto ai nuclei familiari composti da una o due persone. Questo problema è stato solo parzialmente affrontato con il nuovo assegno unico. 

Altro problema riguarda gli stranieri residenti in Italia. Anche loro hanno diritto al Reddito di cittadinanza, ma soltanto se risiedono nel nostro paese in maniera continuativa da dieci anni. Si era parlato di ridurre questa cifra, come indicato dal comitato tecnico, dimezzandola e arrivando al soli cinque anni, ma alla fine la norma non è stata cambiata. 

Infine c’è la questione costo della vita. Un assegno da 700 euro al nord è sotto il limite di povertà, mentre al sud è ben al di sopra. La differenza tra il costo della vita delle aree più ricche e più povere del paese rende il Reddito uno strumento squilibrato. Si può notare come la maggior parte dei sussidi sia emessa al sud. E se questa situazione è riconducibile alla maggiore povertà diffusa in queste regioni, dall’altra si può notare come spesso al nord non valga la pena partecipare a tutte le attività richieste dal sussidio per poche centinaia di euro al mese. 

Le questione però non è stata affrontata, ed è semplice capire il perché. Una problematica simile si verifica anche con gli stipendi dei dipendenti pubblici, che sono uguali in tutto il paese ma che permettono stili di vita radicalmente diversi a seconda di dove si trovi il posto di lavoro e del relativo costo della vita. Il problema è che una norma che assegni più soldi al nord verrebbe vista dal meridione come un favoreggiamento nei confronti di un’area del paese che parte già avvantaggiata. È un problema politico quasi irrisolvibile. 

Reddito di cittadinanza, chi sono i percettori?

Il 23 novembre Anpal, l’agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, ha diffuso alcuni dati sul reddito di cittadinanza che dipingono un quadro leggermente diverso dell’identità dei percettori del reddito, rispetto a quanto descritto nello stereotipo che ormai si è sedimentato all’interno dell’immaginario collettivo. 

Oltre 540.000 percettori occupabili hanno trovato lavoro, e tra coloro che hanno sottoscritto il patto del lavoro il 32% ha trovato un impiego. Non sono dati straordinari, ma comunque denotano che le politiche attive del lavoro del Reddito di cittadinanza, benché deficitarie, non sono del tutto inutili. 

Buona parte di chi riceve il reddito ha avuto in passato lavori a bassa qualifica, e soltanto il 15% dei percettori non ha mai lavorato. Un terzo di coloro che sono occupabili tra i percettori ha perso il lavoro da meno di tre anni, quindi il Reddito di cittadinanza ha agito in questi casi non come sistema assistenziale, ma come ammortizzatore sociale. 

Per una percentuale di coloro che hanno ricevuto il reddito inoltre, il sussidio ha caratterizzato un’integrazione ad un lavoro che li categorizzava come Working Poor, lavoratori poveri. Il reddito è quindi già parzialmente integrato nel mondo del lavoro, anche se c’è ancora bisogno di alcuni aggiustamenti.