Regime forfettario, conviene davvero? Ragioniamoci sopra!

Il regime forfettario è così conveniente come il nostro commercialista lo ha descritto? O è meglio aderire al regime ordinario?

Il regime forfettario è così conveniente come il nostro commercialista lo ha descritto? O è meglio aderire al regime ordinario? Sì, certamente gli adempimenti a cui è necessario assolvere ogni anno aumentano notevolmente, ma quando è realmente conveniente optare per il regime forfettario?

Ricordiamo che i professionisti hanno la possibilità di scegliere il regime forfettario nel momento in cui prevedono dei ricavi/compensi fino a 65.000 euro l’anno. È una soluzione ritenuta particolarmente conveniente sia per i professionisti che per le imprese, che possono avere una tassazione sostitutiva dell’Irpef del 15%. Ma proviamo a vedere quali sono i vantaggi di fare questa scelta.

Regime forfettario: quali sono i risparmi

Scegliere il regime forfettario permette di risparmiare, mediamente 5.300 euro l’anno. I titolari di una partita Iva possono godere di questo vantaggio economico grazie alla flat tax del 15% per quanto riguarda l’Irpef e grazie all’esenzione Iva. A tutto questo si aggiungono le agevolazioni sui contributi Inps. Senza dubbio, comunque, chi può beneficiare di un risparmio maggiore sono i lavoratori autonomi dotati di partita Iva, che rispetto agli imprenditori individuali riescono a risparmiare 2.000 euro in più grazie al regime forfettario 2019.

Chi può aderire al regime forfettario? Possono beneficiare di questa misura i titolari di partita Iva, che non superino i 65.000 euro l’anno di ricavi o compensi. Potranno usufruire della tassazione sostitutiva Irpef al 15%, che scende al 5% nel caso in cui l’attività sia nuova. Ecco quali sono i requisiti ed i limiti per poter aderire al regime forfettario:

  • nel caso in cui siano dei dipendenti o dei pensionati, con un reddito superiore a 30.000 euro, non potranno beneficiare dell’imposta sostitutiva del 15%;
  • per i lavoratori dipendenti che si siano dimessi o siano stati licenziati: non verrà applicato il limite del reddito di 30.000 euro indicato al punto precedente;
  • quando una partita Iva ha dei dipendenti: viene posto un limite di 20.000 per i compensi a dipendenti e collaboratori;
  • titolare di partita Iva con quote di controllo di una s.r.l. (società a responsabilità limitata): dovrà uscire dal regime forfettario, se la società svolge attività collegata alla propria;
  • partita Iva che collabora con un ex datore di lavoro o un soggetto ad esso riconducibile: nel caso in cui riceva più del 50% dei compensi dall’ex datore di lavoro dovrà uscire dal regime forfettario.

Quando conviene il regime forfettario

Facendo due conti, sembrerebbe proprio che il regime forfettario convenga a tutti. O almeno a quanti abbiano il diritto ad aderirvi. Ma a questo punto è bene iniziare a valutare per chi sia realmente conveniente aderire a questa particolare misura.

Imprese e professionisti, che siano titolari di una partita Iva e che rientrano nei limiti dei ricavi di 65.000 euro annui, se scelgono di aderire al regime forfettario sono esonerati dalle addizionali Irpef, dall’Irap (anche se da quest’anno ci sono delle novità anche per i lavoratori autonomi). Sono escluse, inoltre, dal regime Iva e possono beneficiare dello sconto del 35% sui contributi Inps. Optare per il regime forfettario influisce direttamente sul reddito che deve essere sottoposto a tassazione: il reddito di impresa verrà determinato in modo forfettario. Per ottenerlo saranno applicati ai ricavi particolari coefficienti di redditività, che sono differenziati per settore. 

Ricordiamo che oltre a vedersi applicata l’imposta sostitutiva Irpef pari al 15%, uno dei principali vantaggi del regime forfettario è l’esenzione Iva, come ricorda anche la relazione dell’UPB:

Se il lavoratore autonomo (o l’imprenditore) è in grado di applicare un prezzo di vendita pari al prezzo al lordo dell’IVA praticato in precedenza, incrementerà i ricavi (la componente IVA non dovrà più essere versata) e quindi il reddito. L’IVA pagata sui propri acquisti costituirà invece in ogni caso un aggravio.

Un discorso a parte deve essere fatto per la fatturazione elettronica, la cui esenzione rimarrà in vigore fino al 30 giugno 2022.

Iniziamo a mettere in luce uno degli svantaggi del regime forfettario: la flat tax al 15% esclude i titolari di partita Iva di beneficiare delle detrazioni e delle deduzioni Irpef. Questo, senza dubbio, è il punto principale sul quale è necessario soffermarci per stabilire se sia conveniente o meno aderire al regime forfettario. Ovviamente tutto dipende dalla situazione personale del singolo contribuente.

Regime forfettario: facciamo due conti

Come abbiamo visto in apertura dell’articolo e come ha anche sottolineato la relazione dell’Upb, grazie ai provvedimenti che sono stati inseriti con la Legge di Bilancio 2019, i contribuenti che abbiano optato per il regime forfettario possono beneficiare di un risparmio pari a 5.300 euro l’anno, pari al 16,9% del loro reddito. Metà di questo vantaggio arriva dal passaggio dell’Irpef alla tassazione sostitutiva. Cinque punti, invece, sono dovuti all’esclusione del regime Iva e i restanti 4,2 all’agevolazione contributiva.

Benché i professionisti beneficino di un maggiore vantaggio sul fronte dell’imposta sul reddito, non beneficiano della riduzione dei contributi Inps, che, invece, è prevista per quanti stiano operando nel regime di impresa. È anche vero, comunque, che l’eventuale agevolazione contributiva, corrisponde a minori accantonamenti per la pensione. L’analisi UPB mette in evidenza che:

a sostanziale parità di ricavi, gli imprenditori presentano mediamente costi degli input produttivi significativamente più elevati e quindi un reddito inferiore dei lavoratori autonomi. Questi ultimi dunque godono di un maggiore risparmio derivante dall’eliminazione dell’imposta progressiva (30 punti di reddito contro i 25 degli imprenditori). Per la stessa ragione l’incidenza del risparmio dovuto all’esclusione dal regime IVA, connesso con il volume delle vendite, è in rapporto al reddito più elevato per le imprese individuali (8,5 punti rispetto ai 4,5 punti degli autonomi).

Ma proviamo a fare un confronto tra un professionista che abbia optato per il regime ordinario ed uno che ha optato per quello forfettario.

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In entrambi i casi il coefficiente di redditività è pari al 78%. I contributi previdenziali indicati sono applicati con la percentuale del 14%. È chiaro che nonostante il professionista con regime ordinario fatturi compensi superiori per 5.000 euro, dopo la determinazione delle imposte dispone di 3.266 euro in meno rispetto al collega con regime forfettario. È di chiara evidenza che il professionista con regime ordinario, ove ne avesse avuto l’opportunità, avrebbe potuto differire al 2019 l’incasso di almeno 5.000 euro per restare entro il limite che gli avrebbe consentito sia un risparmio fiscale e contributivo sia la disponibilità di un maggior reddito.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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