Smart working e tasse: cosa sapere se sei nomade digitale!

I nomadi digitali sono lavoratori in smart working che si spostano per viaggiare, attraversando anche diversi paesi. Ecco come funzionano le tasse.

Negli ultimi anni lo smart working è diventato una realtà comune a molti cittadini italiani e all’estero: si tratta della possibilità di lavorare da remoto, ovvero senza la necessità di recarsi in un luogo di lavoro prestabilito, e nei casi più flessibili lo smart working viene svolto anche senza limiti sui tempi del lavoro.

La modalità agile è stata impiegata negli ultimi anni soprattutto come soluzione all’arrivo dell’emergenza sanitaria, perché permette di lavorare da casa senza doversi recare in un luogo fisico. Grazie alla tecnologia e all’utilizzo di computer, tablet e smartphone è possibile svolgere un lavoro in smart working praticamente ovunque, utilizzando strumenti e software specifici.

Come riporta un articolo di Borsainside.com, è anche possibile accedere a determinate agevolazioni fiscali, ovvero a sconti sulle tariffe, se si decide di lavorare in questa modalità:

“L’AgE ha infatti precisato che esiste la possibilità di pagare meno tasse se si lavora da casa in smart working, ma solo in alcuni casi specifici. Si tratta infatti di un regime fiscale agevolato destinato in alcuni casi se sussistono determinate condizioni ben precise.”

In molti casi lo smart working è una realtà quotidiana dei lavoratori italiani, ma non solo. Ci sono infatti persone che scelgono di lavorare in questa modalità tutto l’anno, spostandosi anche al di fuori dei confini italiani.

Si può parlare in questo caso di nomadi digitali, ovvero di lavoratori che non hanno una sede fissa in un unico luogo, e che vivono sempre in movimento utilizzando gli strumenti della tecnologia a loro disposizione e una rete internet per collegarsi a clienti e committenti da tutto il mondo.

Ma come funzionano le imposte per i nomadi digitali? Ovvero come e dove pagano le tasse questi particolari lavoratori? Approfondiamo l’argomento in questo articolo.

Nomadi digitali e smart working

I nomadi digitali sono persone che lavorano da remoto, utilizzando una connessione internet e un computer portatile, o altre tecnologie similari, e gestiscono in questo modo diversi progetti lavorando da remoto. Ciò che li differenzia dai lavoratori puramente in smart working è l’assenza di una sede fissa per il proprio lavoro, poiché si muovono continuamente e vanno alla ricerca di nuovi progetti per cui lavorare.

Scegliere di vivere come nomadi digitali è diventato anche piuttosto di moda nell’ultimo periodo, per l’opportunità di muoversi visitando continuamente posti nuovi, o trascorrendo determinati periodi in paesi differenti da quello di origine.

I nomadi digitali possono inoltre risparmiare molto sui costi di eventuali affitti legati ad uffici stabili, oppure risparmiano attraverso l’utilizzo di locali e attrezzature già presenti nei luoghi in cui si trovano per lavorare. Lavorando in smart working, si può decidere di recarsi in un paese dove il costo della vita è ridotto, oppure dove il regime di tassazione è vantaggioso rispetto a quello del paese da cui si proviene.

I nomadi digitali possono decidere di lavorare da remoto per un’unica azienda, come dipendenti, oppure di iniziare a prendere parte a più progetti lavorando come professionisti autonomi. Molti giovani scelgono, in Europa, di spostarsi lavorando come nomadi digitali, grazie alle potenzialità dello smart working.

I principali settori in cui è possibile avviare un lavoro di questo tipo sono gli ambiti legati all’informatica, alla programmazione web o al design, ai social media, oppure legati al mondo della scrittura e la grafica per il web. Tuttavia esistono anche numerose altre possibilità che includono professioni legate alla formazione da remoto, all’assistenza virtuale dei clienti, lavori di segreteria virtuale.

Smart working e tasse: dove si pagano

Per quanto riguarda il fisco, i nomadi digitali, svolgendo un vero e proprio lavoro, devono necessariamente versare le imposte come tutti i lavoratori. Tuttavia spostandosi da un paese all’altro ci si imbatte necessariamente in regimi fiscali differenti, ovvero le tasse imposte in ciascun paese cambiano notevolmente.

Quando si decide di lavorare in smart working spostandosi in altri paesi, la tassazione in ogni caso viene applicata nel paese di origine nel caso di residenza fiscale stabile.

Non tutti i paesi hanno le stesse regole in materia di residenza fiscale, per cui esistono alcune convenzioni specifiche tra stati che vanno a limitare la possibilità di una doppia applicazione delle tasse, ovvero per evitare al singolo lavoratore di dover pagare le tasse sia nel paese di origine che nel paese di arrivo.

Principalmente quindi, per stabilire in quale paese il lavoratore deve pagare le tasse, si fa affidamento alla residenza fiscale, requisito essenziale per determinare il pagamento delle imposte, ma anche al luogo in cui il soggetto stabilisce i propri interessi e affetti.

La residenza fiscale italiana, in linea di massima, corrisponde al pagamento delle tasse in Italia. Tuttavia se viene spostata all’estero è possibile iscriversi all’AIRE, ovvero all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Procedendo in questo modo si perde la residenza fiscale italiana. Ma per stabilire qual è la tassazione da applicare vanno analizzate anche il domicilio e residenza effettiva in un altro paese.

Nomadi digitali: a chi pagano le tasse

Quando si parla di nomadi digitali sorge il dubbio di dove venga effettivamente versata la tassa sui redditi percepiti. In linea generale la residenza fiscale è individuata dell’effettivo domicilio all’estero, dalla eventuale iscrizione all’AIRE e dalla residenza civilistica, sotto forma di dimora abituale all’estero.

Questo significa che si perde la residenza fiscale italiana sono nel momento in cui il lavoratore sia stabilmente in un altro paese per almeno 183 giorni all’anno. Altrimenti in linea generale anche i nomadi digitali, che lavorano in modo autonomo, oppure lavoratori dipendenti, devono provvedere al pagamento delle imposte in Italia.

Specialmente nel caso in cui il lavoratore decide di aprire una partita IVA, è necessario informarsi su come procedere dal punto di vista delle tasse, recandosi in un altro paese. Se la residenza fiscale non è confermata all’estero, la partita IVA italiana determina un certo tipo di versamento di imposte annuali allo stato italiano.

Se si decide di lavorare in smart working come nomadi digitali è necessario quindi informarsi anche per evitare il rischio di esterovestizione, ovvero evitare di pagare le imposte italiane tramite localizzazione fittizia all’estero di una residenza fiscale.

Va ricordato che nel caso in cui un soggetto si iscrive all’AIRE, l’Agenzia delle Entrate può optare per effettuare determinati i controlli, per verificare che effettivamente il lavoratore in smart working abbia deciso di recarsi all’estero in modo stabile. In caso di mancato pagamento delle tasse, gli enti preposti possono applicare diverse sanzioni proprio esterovestizione, e per le somme non pagate in Italia.

Smart working e tasse: le normative

Si può dire che la residenza fiscale, oltre all’effettiva dimora stabile, è centrale nell’individuazione nel paese in cui il lavoratore deve versare le imposte. Il lavoro come nomade digitale permette di spostarsi anche diverse volte nel corso dell’anno, tuttavia nel caso in cui si voglia tenere un conto bancario, oppure una partita IVA, è necessario avere una residenza nel territorio italiano.

Se questa infatti non viene fissata al di fuori del confine nazionale, è impossibile determinare una residenza fiscale all’estero, per cui automaticamente le tasse si pagano in Italia. Come visto prima, per determinare qual è la residenza fiscale effettiva si vanno a osservare diversi aspetti, come la sede dei principali interessi e degli affari del lavoratore, oppure la presenza di una dimora in cui il lavoratore vive stabilmente.

La figura del nomade digitale non è stata sottoposta a normative specifiche per diversi anni, tuttavia nell’ultimo periodo, anche grazie alla diffusione di tecnologia che consente il lavoro da remoto, lo smart working, è diventata una realtà per moltissimi cittadini, alcuni dei quali decidono di viaggiare lavorando.

In Italia al momento esiste l’Associazione Italiana Nomadi Digitali, un movimento no profit per promuovere la cultura del lavoro in smart working, con l’obiettivo di migliorare la vita dei lavoratori e avere un impatto positivo in Italia. Come riporta una recente ricerca dell’associazione, quasi la metà dei lavoratori da remoto intervistati ha già lavorato come nomade digitale:

“Il 46% dei remote worker intervistati ha già fatto esperienze di nomadismo digitale, mentre il restante 54% dichiara di volerlo fare nel prossimo futuro.”

L’Italia in particolare è una meta molto ambita dai lavoratori in smart working e nomadi digitali, per cui nell’ultimo periodo sono state introdotte alcune leggi specifiche per questa categoria di lavoratori, in particolare per gli stranieri che desiderano lavorare per un certo periodo di tempo in Italia.

Nuove regole per i nomadi digitali in smart working

Nel 2022 sono state introdotte alcune regole specifiche per i nomadi digitali stranieri che vengono a lavorare in Italia in smart working. In particolare viene introdotto un permesso di soggiorno semplificato per questi lavoratori, per cui non sarà necessario chiedere il nullaosta lavorativo che viene previsto nella maggior parte dei casi, quando i lavoratori entrano in Italia dall’estero.

Secondo le nuove normative quindi il nomade digitale che lavora in smart working in Italia, proveniente da un paese estero, dovrà avere la disponibilità di un’assicurazione sanitaria, e potrà soggiornare in Italia per un anno lavorando da remoto. In alcuni casi questa durata può essere anche allungata a 2 anni.

Per quanto riguarda le tasse, sarà necessario per questi soggetti che le imposte vengano pagate comunque secondo le regole italiane, e queste normative sono rivolte prevalentemente a lavoratori con attività altamente specializzate.

Si tratta di lavoratori che prestano la propria professione per società o imprese con sede in Italia, o in un altro stato europeo. Tra le categorie di lavoratori che possono svolgere un lavoro come nomade digitale in smart working in Italia ci sono anche i docenti e i formatori.

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