TARI, nuove disposizioni per il 2023: ecco quando non si paga

Ci sono delle nuove disposizioni in merito alla TARI per il 2023, soprattutto per quanto riguarda le esenzioni. Ecco quando non si paga

Per il 2023 si dovrà fare attenzione a diverse nuove disposizioni in materia tributaria, a cominciare dalla TARI, la Tassa dei Rifiuti.

Obbligatoria per tutti gli abitanti di immobili residenziali o locatari di immobili commerciali, anche quest’anno il Regolamento IUC prevede una serie di esenzioni, purtroppo ancora più inaccessibili rispetto all’anno precedente.

Vediamo quali sono i casi in cui non si paga la TARI, e come ottenere eventualmente lo sconto o la prescrizione del tributo.

TARI, nuove disposizioni per il 2023: ecco quando non si paga

Nel 2023 si potrà procedere all’esenzione della TARI solo in due casi specifici, oltre i quali saranno disponibili solo delle riduzioni, anche se consistenti.

Il primo caso è quello relativo alla condizione dell’immobile. L’esenzione è applicata infatti per tutti i locali in oggettive condizioni di non utilizzo. Per “non utilizzo” si intende l’inabitabilità, o il fatto che siano in atto uno o più lavori di ristrutturazione/risanamento, ma solo se essi riguardino il rilascio di permessi/licenze, limitatamente al periodo di validità del provvedimento.

Il secondo caso è quello previsto per i per i locali privi di tutte le utenze attive di servizi di rete (gas, energia elettrica, acqua). Oltre alle utenze staccate, tali locali dovranno risultare non arredati.

Infatti c’è un’errata convinzione sul fatto che se i locali sono sfitti non si debba pagare la TARI. In realtà solo se non arredato e con le utenze staccate è prevista l’esenzione.

A sua volta, non deve essere considerata utenza attiva quella dell’acqua, qualora serva più unità abitative.

Ricordiamo che per usufruire di questa esenzione bisognerà presentare una dichiarazione di inabitabilità dell’immobile presso le autorità competenti.

TARI, quando si può pagare meno

Col 2023 la lista delle esenzioni s’è fatta molto più contenuta, mentre quella delle riduzioni rimane inalterata. Si può beneficiare della riduzione della TARI solo in quattro circostanze, ovvero:

  • smaltimento in proprio degli scarti compostabili mediante compostaggio domestico,

  • abitazioni utilizzate da persone di età superiore a 65 anni,

  • abitazioni utilizzate da tutti i soggetti passivi con ISEE inferiore a 2.000 euro,

  • abitazioni con persona invalida oltre il 75% o portatore di handicap non abile al lavoro, con ISEE inferiore a 14.000 euro.

In poche parole, se provvedi autonomamente a smaltire i rifiuti, tramite compostiera, hai già diritto ad una riduzione del 10% della tariffa della TARI. Tale riduzione sarà effettiva però dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda. Requisito fondamentale è quello di aver praticato il compostaggio in modo continuativo.

Negli altri tre casi, la condizione comune è quella di abitare in un immobile avente una superficie tassabile non superiore a 65 metri quadrati.

Se over65, si dovrà dichiarare di non possedere alcun reddito al di fuori di quello derivante dalla pensione minima dell’INPS.

Se con ISEE non superiore a 2000 euro, servirà la presentazione dell’attestazione, purché in corso di validità.

Se con persona avente handicap da invalidità al lavoro, servirà certificato apposito più l’attestazione ISEE con valore non superiore a 14.000 euro.

In tutti i casi, il tributo della TARI viene ridotto del 50%. Ma per usufruire di questa esenzione bisogna comunque presentare una domanda presso le autorità competenti.

Leggi anche: Tari o Imu non pagata: come chiedere la rottamazione delle cartelle

TARI, quando si può richiedere la prescrizione

La prescrizione della TARI è prevista come per l’IMU dopo 5 anni, a meno che si proceda a fare ricorso.

Tale ricorso dovrà essere proposto entro 60 giorni dalla notifica davanti alla Commissione Tributaria, altrimenti bisognerà procedere alla presentazione di un’istanza di autotutela direttamente al Comune.

Nel frattempo si potrà accumulare ulteriori arretrati, fino a 5 anni, ricordandosi che l’arretrato scatta a partire dall’anno successivo a quello di imposta.

Scegliere la prescrizione potrebbe non essere sempre la soluzione migliore, perché non pagare i tributi significa dover poi procedere o al ravvedimento operoso, o al pagamento in forma di cartella esattoriale. In entrambi i casi verranno aggiunte sanzioni e interessi di more, se non anche l’aggio, una sorta di commissione che l’esattore trattiene ogni volta che riscuote le multe o le imposte dovute.

Leggi anche: Tassa rifiuti: riduzione se il servizio pubblico non viene erogato

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