I mercati azionari internazionali hanno recuperato molte posizioni dai minimi di fine marzo, senza tuttavia riuscire a riguadagnare i massimi segnati prima del lockdown per il COVID (1). Eppure il rapporto prezzo/utili dell’indice MSCI World, che mira a evidenziare l’eventuale sopravvalutazione delle azioni rispetto agli utili aziendali, è ai massimi degli ultimi 20 anni (2). Questo e altri indicatori del livello sproporzionato dei prezzi hanno spinto molti commentatori finanziari da noi seguiti a mettere in guardia gli investitori dalla subitanea ed eccessiva crescita nelle valutazioni dei titoli dalla fine di marzo, che è l’anticamera di una nuova, pesante flessione. Come spiegheremo, la ricerca di Fisher Investments Italia evidenzia una serie di punti deboli di questa teoria.
Esistono due tipi principali di rapporto prezzo/utili, noto anche come PE. Entrambi dividono i prezzi delle azioni per l’ammontare degli utili. Perché? Detenendo un’azione, si possiede una quota della redditività futura della società. Alla luce di ciò, il prezzo da solo non può dirci se un titolo è costoso o a buon mercato. È necessario calcolare che prezzo si paga per ogni euro di utile. I PE mirano a ottenere proprio questo risultato.
Il primo tipo, denominato PE pregresso (trailing PE), divide il prezzo dell’azione per il valore degli utili nell’anno precedente. Il secondo, denominato PE stimato (forward PE), divide il prezzo per gli utili previsti dagli analisti per l’anno successivo. Alcuni commentatori considerano più utile il PE pregresso in quanto utilizza risultati reali, mentre le stime degli analisti potrebbero essere poco più che ipotesi plausibili, data la contrazione economica senza precedenti del 2020 e il successivo rimbalzo. Altri preferiscono il PE stimato poiché, supponendo che i mercati sono proiettati al futuro (come fa la stragrande maggioranza dell’universo degli investimenti, secondo la nostra interpretazione della letteratura finanziaria), il PE pregresso appartiene al passato e, probabilmente, è già scontato nei prezzi delle azioni. Ad ogni modo, entrambe queste scuole di pensiero rilevano nel quadro attuale molti elementi negativi. Mentre scriviamo, il PE pregresso dell’indice MSCI World segna un valore di 23,3, il più elevato dal dicembre 2001 (3). Ad agosto, il suo PE stimato ha segnato quota 21,2, il record dall’aprile 2001 (4). Entrambi i parametri, utilizzando la logica tradizionale, indicano che le azioni globali sono troppo costose.
Nell’esperienza di Fisher Investments Italia, tuttavia, i rapporti PE non si rivelano particolarmente utili nelle previsioni, soprattutto dopo una fase di ribassi. Durante un ciclo ribassista i mercati patiscono pesanti flessioni, anche superiori al 20%, che hanno cause fondamentali identificabili e che di solito, guardando al passato, hanno accompagnato le recessioni economiche (cioè forti riduzioni dell’attività economica). In genere, le recessioni causano un notevole diminuzione degli utili aziendali. Eppure i cicli ribassisti tendono a concludersi prima delle recessioni (5). Ciò significa che, di solito, un nuovo ciclo rialzista (vale a dire una fase prolungata di crescita dei mercati azionari) inizia quando gli utili sono ancora fiacchi (6). In diversi casi, nei primi trimestri di mercato rialzista le società hanno continuato a registrare risultati negativi (7).
Quando i prezzi delle azioni salgono a fronte di utili ancora negativi, i rapporti PE lievitano. È semplice matematica: un numeratore più alto diviso per un denominatore più basso produce un rapporto più alto. A nostro avviso, i PE pregressi sono maggiormente esposti a questa tendenza perché non incorporano la prevista rimonta degli utili. Ma anche i PE stimati vi sono soggetti, come dimostrano i dati odierni, secondo noi perché in pochi si aspettano un recupero istantaneo degli utili. Le stime sugli utili (comprese le nostre, elaborate dal fornitore di dati FactSet) prefigurano piuttosto un recupero più modesto dal dato iniziale molto debole.
La ricerca di Fisher Investments Italia ritiene quindi normale che gli indici di PE registrino un picco all’inizio del mercato rialzista, prima che il recupero degli utili li aiuti ad assestarsi a livelli più bassi. A nostro avviso, i commentatori che non incorporano questa tendenza nelle loro analisi sbagliano a concentrarsi sul numeratore (i prezzi delle azioni) senza considerare l’andamento degli utili e la loro natura passeggera. Chiediti dunque: attualmente le azioni sono davvero sopravvalutate se i prezzi si limitano ad anticipare una ripresa degli utili nei prossimi anni? I mercati non potrebbero invece comportarsi come pensiamo facciano abitualmente, cioè come un indicatore anticipatore?
I rapporti PE non sono del tutto inutili, a nostro avviso. A volte pensiamo che possano essere un prezioso indicatore del sentiment, soprattutto se segnano valori estremi nella fase finale di un ciclo rialzista. In tal caso, possono indicare l’euforia eccessiva degli investitori, che non prestano la dovuta considerazione al rischio di una recessione. Nella fase iniziale di un mercato toro, invece, quelli che sembrano valori estremi di solito per noi sono semplicemente il frutto di calcoli stravaganti, e raccomandiamo agli investitori che mirano a una crescita di lungo periodo a non prestarvi troppa attenzione.
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Note
- Fonte: FactSet, al 13/11/2020. Dichiarazione riferita ai rendimenti dell’indice MSCI World con dividendi netti espressi in euro.
- Ibid. Dichiarazione riferita ai rapporti prezzo/utili dell’indice MSCI World.
- Ibid. Pregresso rapporto prezzo/utili dell’indice MSCI World, dal 31/12/2001 all’11/11/2020.
- Ibid. Pregresso rapporto prezzo/utili dell’indice MSCI World, dal 30/4/2001 all’11/11/2020.
- Ibid. Dichiarazione basata sui rendimenti dell’indice MSCI World con dividendi netti, 31/12/1969 - 31/10/2020 e cicli economici determinati dal National Bureau of Economic Research degli Stati Uniti, dalla Bank of England e dal Centro per le ricerche di politica economica dell’eurozona.
- Ibid. Dichiarazione basata sui rendimenti di prezzo dell’indice S&P 500 in dollari USA e sugli utili trimestrali per azione. Utilizzo dei rendimenti dell’S&P 500 in sostituzione di un set di dati europei, per ragioni di disponibilità dei dati. Le fluttuazioni valutarie tra il dollaro e l’euro potrebbero aumentare o diminuire i rendimenti degli investimenti.
- Ibid. Dati espressi in dollari USA. Le fluttuazioni valutarie tra il dollaro e l’euro potrebbero aumentare o diminuire i rendimenti degli investimenti.