Il dollaro ha continuato a perdere terreno nei confronti dell’Euro e di tutte le majors (interessante in tal senso l’accelerazione ribassista contro Jpy che ha portato alla rottura dell’importante supporto a 92,60) sospinto soprattutto dal ritardo della “frenata” economica autunnale tanto reclamizzata.Quindi vediamo borse in continuo rialzo (S&P che “flirta” con la resistenza cruciale a 1053) e di conseguenza dollaro sotto pressione, in quanto meno sentita in questo momento dal mercato la necessità di gettare l’ancora (e con essa i risparmi) in approdi meno esposti al rischio.Meno avversione al rischio, significa anche maggior attenzione per il rendimento, e da questo punto di vista ecco che il dollaro, con la sua politica espansiva ed i tassi allo 0,25%, di certo non ha molto da offrire.Nemmeno il beige book della Federal Reserve, che ha ben sottolineato come l’attuale ripresa dell’economia americana sia lenta ed esposta alla fragilità dei consumi privati e della dinamica degli immobili del terziario, è riuscito a contenere questo ottimismo di tarda estate.Ne è risultato che il cambio EurUsd, su cui concentriamo la nostra attenzione, si è mosso continuamente al rialzo, in un modo però che ci pare molto “costruttivo”, ossia ordinato e ben poco suscettibile, a nostro avviso, di correzioni significative nel breve periodo.Questa settimana si sono conclusi anche i meeting di tre banche centrali e come ci si aspettava, non ci sono state sorprese. Rimane chiaro che la maggior parte dei policymakers desiderano mantenere dei toni controllati al momento: nessun rialzo ancora per un po’ e nessuna strategia di uscita alle porte. I banchieri di Canada, Nuova Zelanda ed Australia, i Paesi la cui divisa si sta apprezzando contro dollaro, stanno cercando di limitare le aspettative del mercato circa possibili rialzi dei tassi, proprio al fine di limitare la forza della propria valuta, che, in un momento come questo li penalizzerebbe lato export.