Ci sono alcuni elementi che suggeriscono la possibilità di rimbalzo, già dalle nostre parti timidamente in atto. Si ricorderà a questo proposito come il modello basato sul mercato delle opzioni prevedesse un minimo attorno alla seduta di venerdì 13.

I mercati sono andati a cozzare contro un iceberg, subendo gravi danni: 26 miliardi di dollari di capitalizzazione persi in poche settimane; quanto il prodotto interno lordo di Stati Uniti e Giappone.

Ora che la Fed si impegna ad inondare il sistema di liquidità, ci si meraviglia che i prenditori potenziali non si presentino allo sportello.

L’anatomia dei bear market storici induce a ritenere che da questi livelli si possa sviluppare una reazione, un rimbalzo: inutile tanto per i trader – a meno che si ragioni nel brevissimo – quanto per i malcapitati investitori.

Gli investitori hanno venduto in preda al panico non per i timori da coronavirus, quanto per il venir meno di due "put" che hanno incoraggiato l'assunzione del rischio in tutti questi anni: la Fed put e la OPEC put.

Il Benchmark Basket Index giovedì ha subito una perdita del 6%: la peggiore dal 1988. La classica strategia "60/40" alla fine della scorsa settimana poggiava esattamente sulla trendline che dal 2009 ne ha accompagnato docilmente l’ascesa.

L'unico confronto storico sensato con l'esperienza delle ultime tre settimane; rimane l'andamento di ottobre 2008.

Una chiusura a fine mese sotto i 2806 punti, indurrebbe il secondo mese di fila negativo in misura superiore al 5% da parte dell’indice S&P500.

Per la terza volta in 13 anni, nessuna delle società del paniere del FTSE MIB40 si colloca oltre la media mobile a 21 giorni; né vanta un MACD superiore allo zero.

Dai massimi di febbraio, la borsa americana ha perso 5 trilioni di dollari di capitalizzazione.

Non tutti gli investitori realizzano appieno gli effetti nefasti di una performance negativa nei mesi di gennaio e febbraio, da parte dell'indice S&P500.

Non solo Piazza Affari; anche l’Eurostoxx50 è incappato in una analoga trappola per Tori: l’indice delle 50 società più capitalizzate dell’Eurozona si è spinto in autunno oltre i 3600 punti.

Le condizioni per accettare un mercato azionario sopravvaluto erano due: tassi di interesse bassissimi e la prospettiva di una crescita degli EPS.

Lo S&P dunque sfonda la media mobile a 200 giorni, inaugurando una formale correzione.

Piazza Affari sperimenta una reazione a ridosso della media mobile a 200 giorni.

Wall Street ha più che corretto la traiettoria, dopo l'esuberanza di inizio anno.