Turbo Open End per l’eventuale rialzo di Eni

Nella giornata di martedì 6 luglio il prezzo del petrolio WTI ha toccato un massimo a 76,95 dollari al barile prima di invertire rotta ed arretrare fin sotto quota 74. Il ribasso si è sviluppato successivamente al test dei massimi dell'autunno 2018 riferimento preso probabilmente come pretesto.

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Nella giornata di martedì 6 luglio il prezzo del petrolio WTI ha toccato un massimo a 76,95 dollari al barile prima di invertire rotta ed arretrare fin sotto quota 74. Il ribasso si è sviluppato successivamente al test dei massimi dell'autunno 2018, riferimento preso probabilmente come pretesto, da parte del mercato, per interrompere almeno momentaneamente una corsa che si protrae ormai da oltre un anno, ovvero da quando le quotazioni del prezzo del greggio si erano drammaticamente avvicinate a quota 0.

Il fallimento delle trattative Opec+

Il recente allungo dei corsi è stato agevolato anche dall'interruzione della riunione dei paesi Opec+ (13 paesi Opec + 10 paesi produttori esterni) che si sono incontrati ad inizio settimana a Vienna. Il meeting era stato organizzato per sancire un aumento della produzione di petrolio dettato dalla ripresa economica globale, così da frenare l'ascesa del prezzo del greggio.

L'interruzione delle trattative lascia invece tutto inalterato, mantenendo incerto lo scenario. Per il momento non è stata fissata una nuova data da parte dell'Opec+ per la ripresa delle trattative ed appare difficile una stima sui tempi, che in teoria potrebbero essere anche brevi.

Motivo dell'interruzione sembra essere stato il mancato accordo sulla data in cui tale aumento della produzione sarebbe cessato, con gli Emirati in disaccordo sulle quote di produzione attuali perchè ormai obsolete stando alle nuove capacità produttive del paese. Tutto ancora da decidere, dunque, con il rischio concreto che il prezzo dell'oro nero possa proseguire la propria corsa spingendosi fin sopra ai record del 2018.

Petrolio sui massimi, Eni ne può trarre vantaggio

Sulla piazza domestica tra i titoli che potrebbero trarre beneficio da tale contesto vi è sicuramente Eni, che negli ultimi mesi ha oscillato per vie laterali all'interno di una ristretta fascia compresa, tranne rare eccezioni, tra 9,90 e 10,65 euro circa. In realtà il titolo ha provato a metà giugno ad interrompere l'impasse, allungando fino a quota 10,83, ma il tentativo è fallito ed i corsi sono tornati all'interno del range dove si trovano attualmente.

Un nuovo allungo oltre 10,65 potrebbe essere determinante per la ripresa del trend rialzista in atto da novembre ed il raggiungimento di target ambiziosi ipotizzabili inizialmente in area 11,40/11,50 e più in alto, nel lungo periodo, fino a 12,70 circa. Sotto 9,80 invece spazio ad una correzione del suddetto rialzo che potrebbe spingersi fino a 8,90 almeno. Supporto successivo in area 8,35.

Petrolio sui massimi, quali strategie perseguire con i certificati

Una strategia da perseguire in caso di rottura al rialzo del suddetto range da parte di Eni, utilizzando i certificates proposti da Unicredit, potrebbe consistere nell'aprire una posizione sul certificato Turbo Open End con Isin DE000HV4D6E7 (https://www.investimenti.unicredit.it/it/productpage.html/DE000HV4D6E7).

Si tratta di un certificato con leva 2 ed uno stop loss posto attualmente a 5,215562 euro, ovvero più o meno al 50% dal prezzo di mercato attuale del sottostante. Il certificato scambia attorno a 5,12 euro ed è stato emesso ad aprile dello scorso anno a 4,03 euro.

Per quanto concerne il livello di rischio il certificato è classificato da Unicredit a rischio 7 su di una scala di valori da 1 a 7, dunque rischio molto alto. Si tratta di un indicatore che cerca di quantificare la rischiosità di perdere il capitale investito a causa sia dell'andamento del sottostante e dunque del mercato, che dell'Emittente stesso, nel caso in cui questi non fosse più in grado di corrispondere gli importi dovuti per il deterioramento della propria solvibilità. 

Da sapere prima di investire

Rischio di credito sull’Emittente.  I certificati espongono l’investitore al rischio di credito sull’Emittente, compreso il rischio connesso all’utilizzo del “Bail-In” e degli altri strumenti di risoluzione previsti dalla Direttiva Europea in tema di risanamento e risoluzione degli enti creditizi.

Capitale iniziale non garantito. In caso di variazione negativa del sottostante superiore al livello della Barriera o nel caso di insolvenza dell’emittente, non è prevista la restituzione del capitale inizialmente investito.

Importo a scadenza. L’investitore è esposto al rischio di perdita (anche totale) del capitale investito nel caso in cui alla scadenza il Prezzo di Riferimento dell’azione sottostante risultasse inferiore a quello corrispondente alla Barriera.

Dividendi. Ai possessori dei certificati non sono riconosciuti gli eventuali dividendi distribuiti dall'azione sottostante e non hanno alcun diritto ulteriore derivante dal possesso dell’azione stessa (per esempio i diritti di voto).

Fiscalità. I redditi derivanti da certificati di investimento sono soggetti ad una tassazione pari al 26%. Questo valore viene calcolato sia sui profitti derivanti da vendita (o rimborso) del certificato ad un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto sia sull’importo delle cedole eventualmente staccate dal prodotto finanziario durante la sua vita. E’ consentito compensare i redditi derivanti dai certificati con le minusvalenze rivenienti anche da altri titoli. 

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