Ftse Mib: spinta rialzista finita. E ora? Bancari da evitare

Il Ftse Mib ha raggiunto il target indicato nei mesi scorsi e si scorgono ora delle tensioni su più fronti. L'intervista a Gaetano Evangelista.

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Di seguito riportiamo l’intervista realizzata a Gaetano Evangelista, amministratore unico di AGE Italia.È ora possibile provare gratuitamente le strategie e le previsioni operative di Gaetano Evangelista! Iscriviti qui, e scopri perché l'80% degli investitori esprime il proprio gradimento per AGE Italia.

I mercati azionari continuano a viaggiare a ridosso dei massimi, di periodo e storici e a seconda dei casi. Questa positività si estenderà da qui agli inizi del nuovo anno o c'è il rischio di fare dietrofront?

La fine di ottobre ha rappresentato uno spartiacque per gli allocatori di portafoglio.

Fino a quel momento le Borse americana e cinese erano le uniche a vantare una performance positiva per il 2020, grazie in ambo i casi ad una spiccata presenza del settore tecnologico.

Dopo tutto è cambiato: le medie e piccole capitalizzazioni hanno assunto la leadership, e i settori Value hanno inaugurato una sovraperformance, rispetto al Growth, che si auspica finalmente definitiva.

Questa rotazione garantisce nuove risorse al mercato. Non è più una questione di FANG e dintorni.

Difatti se prendessimo in esame il MSCI ACWI equiponderato, in cui la Borsa americana conta né più nemmeno del più remoto listino emergente, noteremmo la fresca formazione di un nuovo massimo storico.

Proprio in questi giorni l’indice più ampio (49 indici mondiali) e “democratico” che si conosca, ha sfondato il picco di quasi tre anni fa.

A me hanno insegnato a comprare le rotture rialziste. Se tutti gli investitori nel 2013 avessero comprato lo sfondamento dei massimi assoluti del 2000-2007 sullo S&P500, adesso non esisterebbe più la fame nel mondo.

A Piazza Affari il Ftse Mib continua a gravitare intorno ad area 22.000, poco sotto i top di periodo. Si aspetta ulteriori sviluppi rialzisti da questi valori?

Mah, in effetti su Piazza Affari incomincio a nutrire qualche riserva. Sono diventato rialzista qui esattamente il 20 maggio scorso, quando è scattato un raro setup bullish, il cui track record storico contemplava un potenziale del 30%: puntualmente consegnato.

Ora però, da un lato abbiamo un mercato a target, dall’altro si scorgono delle tensioni sul fronte dell’ampiezza di mercato e a livello intermarket.

Il TRIN ha fornito un segnale di esaurimento rialzista di lungo periodo.

Allo stesso tempo, il CDS a 5 anni sull’Italia è sceso sotto i 100 punti base. Ora, magari con l’approvazione del Recovery Fund siamo entrati in una nuova armoniosa epoca, in cui la nostra scalcagnata Repubblica diventa un esempio virtuoso di crescita basata su investimenti e produttività; ed i misuratori di rischio convergono ulteriormente verso lo zero. Basta crederci.

Io invece non posso fare a meno di notare come, negli ultimi cinque anni, tutte le volte che il CDS a 5 anni è sceso sotto la tripla cifra, il FTSE MIB ha sempre conseguito importanti massimi di mercato.

Guardando a Piazza Affari, ci sono dei titoli che consiglierebbe di cavalcare più di altri tra la fine di quest'anno e gli inizi del prossimo? Ci può fare qualche nome?

Le azioni buone ci sono, a condizione che l’allarme succitato si riveli soltanto un brutto spavento.Moncler, Diasorin e Finecobank sono interessanti, fra le grandi capitalizzazioni.

Falck Renewables, Biesse ed Interpump hanno delle notevoli potenzialità, fra le midcap.

I bancari hanno disatteso le speranze di alcune settimane fa. In Europa c’è molto di meglio.

Lei da anni ha raccomandato una sovraesposizione in Borsa, sostenendo che non siamo in un nuovo 2000, ed i fatti le hanno dato ragione. Vuole spiegare perché non ci sarebbe da preoccuparsi?

La questione è molto ampia e complessa e richiederebbe pagine e pagine di spiegazioni: non meno di 100, quante ne contempla il nostro 2021 Yearly Outlook, in preparazione.

Io non escludo che, da qui ad un anno, inizi un bear market. No di certo.

È solo che oggi non vedo le condizioni per il deflagrare di una bolla come avvenne ormai 19 anni orsono. Le condizioni macroeconomiche e finanziarie sono del tutto differenti.

Prendiamo ad esempio l’indice delle condizioni finanziarie complessive negli Stati Uniti. Nel 2000, come nel 2007, come nel 2015; esse erano oggettivamente proibitive.

La ponderazione di fattori come i tassi ufficiali della politica monetaria, i rendimenti del mercato obbligazionario, gli spread creditizi, il dollaro e la politica fiscale; rendevano probabili recessioni e bear market, come in effetti si manifestò di lì a breve.

Oggi il Financial Condition Index si trova in condizione diametralmente opposta: sui minimi, su livelli analoghi a quelli raggiunti nel 1993, persino su livelli più stimolanti del 2003 e del 2009.

Non si può escludere nulla, ma che da qui a sei mesi intervengano una nuova recessione e un bear market, oggettivamente mi sentirei di escluderlo.

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