Andare oltre lo slogan "Net Zero"

E’ difficile orientarsi tra gli obiettivi comunicati dalle aziende per ridurre le emissioni. Ma gli indici possono aiutare.

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La regina Elisabetta, ripresa dalla telecamera mentre discuteva del vertice sul clima COP26, diceva che è "irritante" vedere che "parlano, ma non lo fanno". Le sue parole si riferivano ai leader politici, ma il suo commento vale anche per il settore privato.

In tutto il mondo, è diventata molto diffusa tra le aziende la pratica di porsi l’obiettivo “Net Zero”, ovvero azzerare le emissioni nette di carbonio al fine di combattere il cambiamento climatico. Le due più grandi società quotate al mondo, Microsoft e Apple, si sono entrambe impegnate a raggiungere questo obiettivo entro il 2030. AstraZeneca, il colosso farmaceutico britannico, ha affermato che entro la stessa data la sua intera catena del valore sarà “carbon negative” (rimuoverà dall’atmosfera più CO2 di quanto non ne produca). Japan Airlines, come molte aziende nel suo settore, punta al “Net Zero” entro il 2050, e lo stesso vale per le major energetiche come Total, BP e Shell.

Gli investitori sensibili alle questioni climatiche non dovrebbero prendere queste promesse alla lettera. La prassi di fissare obiettivi di lungo termine e l'enfasi sulla parola "nette", relativamente alle emissioni prodotte, infatti, aiutano le aziende a migliorare la loro immagine pubblica evitando il difficile lavoro di ridurre davvero l’impatto sull’ambiente. Infatti:

  • Uno studio di Accenture ha recentemente scoperto che solo il 9% delle aziende europee è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2050.
  • Nel maggio 2021, un tribunale olandese ha dichiarato che l’impegno di Royal Dutch Shell per raggiungere l’obiettivo “Net Zero”, assunto sotto la pressione degli azionisti, era inadeguato.
  • Santos, società australiana fornitrice di gas, è stata chiamata in giudizio per dimostrare di avere un "piano chiaro e credibile" per raggiungere l’obiettivo dichiarato di emissioni nette pari a zero entro il 2040.

Nel white paper “Beyond Net Zero: Supporting the Transition to a Climate-Resilient Planet” si afferma come gli investitori abbiano oggi un compito difficile. Devono separare le aziende che parlano soltanto da quelle che si danno degli obiettivi misurabili per ridurre le emissioni e adattarsi a un’economia a basse emissioni di carbonio. Questo è certamente il mandato dell’EU Sustainable Finance Action Plan, che mira a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030. I nuovi indici azionari Morningstar sfruttano la ricerca sul clima di Sustainalytics per soddisfare i requisiti dell'UE fornendo al contempo un'ampia esposizione al mercato. Gli indici possono guidare quegli investitori che cercano di allineare i loro portafogli a uno scenario di un riscaldamento del pianeta di 1,5 gradi Celsius a investire il proprio capitale in aziende che adottano politiche reali per fronteggiare i cambiamenti climatici e vanno oltre i vuoti proclami “Net Zero”.

Una crisi sempre più profonda offuscata da dati imperfetti

È difficile stare al passo con tutti i terribili rapporti sul clima:

  • L’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazione Unite, in un rapporto dell'agosto 2021, ha lanciato l’allarme avvertendo che l’obiettivo di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5-2 gradi Celsius "sarà irraggiungibile" senza riduzioni "forti e sostenute" delle emissioni.
  • Il World Meteorological Organization stima che i disastri meteorologici, come inondazioni, incendi e ondate di calore, siano diventati da 4 a 5 volte più comuni e stiano causando danni 7 volte maggiori rispetto a 50 anni fa.
  • Il Network for Greening the Financial System, un consorzio di 90 banche centrali, avverte che il Pil globale potrebbe essere del 5% più basso rispetto al livello previsto per il 2050 se non si riducono le emissioni di gas serra.

Il Sustainable Finance Action Plan dell’Unione Europea, che ha disegnato una road map dettagliata per gli investitori, contiene delle disposizioni anche per i fornitori di indici. In particolare, le strategie che hanno l'obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio devono basarsi su indici climatici definiti in uno di questi due modi:

  • EU Climate transition benchmark (EU CTB)
  • EU Paris-aligned benchmark (EU PAB)

La famiglia di indici Morningstar EU Climate si basa su una serie di statistiche fornite da Sustainalytics:

  • Dati sulle emissioni scope 1, 2 e 3 (prodotte direttamente o indirette dalle aziende). Riportati dalle società, quando disponibili, o stimati (più di un terzo delle imprese attive nei settori fortemente coinvolti nel cambiamento climatico non pubblica dati relativi alle emissioni).
  • Carbon Risk Rating, una misura prospettica che valuta il modo in cui le aziende si stanno preparando alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
  • Dati sulle controversie aziendali di natura ESG o quelle legate al prodotto.

Morningstar si basa anche sul Science-Based Targets initiative (SBTi), che aiuta le aziende a valutare la portata e la tempistica dei programmi di riduzione delle emissioni di gas serra.

Mentre un'azienda ha maggiori probabilità di decarbonizzare le attività operative, la supply chain e i suoi prodotti e servizi se assume impegni pubblici soggetti a verifica, alcuni proclami “Net Zero” invocano la promessa di tecnologie che consentiranno la riduzione del carbonio. Gli obiettivi di neutralità dal carbonio, però, possono portare allo spostamento delle emissioni attraverso disinvestimenti e compensazioni che possono ridurre le responsabilità della singola azienda ma non fanno nulla per combattere il cambiamento climatico.

Il buono il brutto e il cattivo

Gli indici Morningstar EU Climate applicano alcune esclusioni, ma si basano principalmente su una metodologia che assegna a ogni titolo un peso più alto o più basso rispetto alla capitalizzazione di mercato in base all’intensità di carbonio, al Carbon Risk e all'eventuale offerta di soluzioni ecologiche da parte delle aziende.

Detto questo, quali sono le holding di questi panieri che vengono sovrappesate, e quali invece sottopesate?

Kone, il produttore finlandese di ascensori, è allineato allo scenario di 1,5 gradi Celsius e riceve il peso più alto tra i costituenti dell'indice:

  • L'intensità delle emissioni di Kone è molto inferiore alla media del settore e dimostra un trend di riduzione costante di anno in anno.
  • Un Carbon Risk Rating di Sustainalytics pari a Basso. Kone utilizza energia rinnovabile per parte delle sue operazioni, in linea con le buone pratiche (5%-10%), rendiconta le emissioni scope 3 e considera l'impatto ambientale in ogni fase dello sviluppo.
  • È coinvolta nel “Green Buildings”, grazie ai suoi sforzi in materia di efficienza energetica e sicurezza.
  • Ha fissato obiettivi scientifici per una riduzione del 50% delle emissioni delle proprie operazioni e per raggiungere la neutralità dal carbonio entro il 2030.

Whirlpool, azienda produttrice di elettrodomestici, ha nell’indice un peso superiore alla sua capitalizzazione di mercato:

  • Whirlpool partecipa a più di 45 programmi in diversi stati, province e paesi per riciclare o riutilizzare gli elettrodomestici.
  • Le operazioni di Whirlpool sono ad alta intensità di carbonio. Tuttavia, Sustainalytics assegna all'azienda con un Carbon Risk “trascurabile” (Negligible) per via delle sue strategie di gestione di questo rischio. La società ha ridotto l'intensità energetica di circa il 12% dal 2015 e ha ottenuto una riduzione del 20% delle sue emissioni assolute.
  • Whirlpool è impegnata nel Science Based Targets initiative e ha formulato un obiettivo per ridurre le emissioni di GHG dai suoi impianti (scope 1 e 2) del 50% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2016.

Volkswagen, la casa automobilistica tedesca, viene sottopesata rispetto alla sua capitalizzazione di mercato:

  • La Volkswagen sta cercando di riprendersi dallo scandalo "Dieselgate" del 2015, ma la continua dipendenza dai modelli diesel e l’ingresso relativamente tardivo nella corsa ai veicoli elettrici minacciano la sua capacità di raggiungere gli obiettivi sulle emissioni fissati dall’Unione Europea.
  • Sustainalytics assegna un Carbon Risk Rating pari ad Alto. I ricavi da veicoli elettrici sono inferiori rispetto a quelli dei concorrenti e non ha registrato una diminuzione delle emissioni in linea con le tendenze e i requisiti previsti per il settore.
  • Volkswagen ha dichiarato che avrebbe dovuto pagare una multa di almeno 120 milioni di dollari per non aver raggiunto l'obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2020 previsto dall'UE, mentre Porsche (che fa capo al gruppo Volkswagen) è stata indagata dalle autorità tedesche per presunti dati falsificati sul consumo di carburante.

Royal Dutch Shell, una delle più grandi società energetiche al mondo, viene largamente sottopesata rispetto alla sua market cap.

  • Shell ha un Carbon Risk Rating pari ad Alto. Sebbene abbia iniziato a diversificare il suo business inserendo attività legate all’idrogeno, allo stoccaggio di energia e alle fonti rinnovabili, nessuna di queste produce introiti significativi.
  • La strategia aziendale di Shell rimane incentrata sulla produzione di idrocarburi, con oltre 10 miliardi di dollari di spesa prevista nel breve termine in progetti per il gas integrato e per quelli upstream, rispetto a un investimento tra i 2 e i 3 miliardi di dollari in energie rinnovabili.
  • Sebbene Shell si sia impegnata a ridurre l'intensità di carbonio della sua attività (incluse le emissioni derivanti dall'uso dei suoi prodotti) del 100% entro il 2050, rispetto ai livelli del 2016, e abbia un obiettivo di riduzione provvisorio del 45% entro il 2035, questa traiettoria non è in linea con un obiettivo “Net Zero”.
  • Shell si affida a “tecnologie future” per ridurre le emissioni. Un tribunale olandese ha ordinato all’azienda di operare ulteriori riduzioni esponendola a nuove controversie legate al clima.

Quale scopo hanno gli indici climatici?

La COP26 si svolge sullo sfondo di un mondo che è alle prese con catastrofi ambientali legate al cambiamento climatico, ma che lotta per adottare le misure necessarie per fermarlo.

I benchmark climatici sono strumenti importanti per gli investitori, possono guidarli verso un asset allocation strategica sensibile al clima e fornire strumenti di misurazione per strategie attive e investimenti passivi. Alcuni investitori vogliono essere in prima linea nella transizione verso uno scenario di 1,5 gradi Celsius e indirizzare il capitale verso soluzioni climatiche. Altri puntano a mitigare il rischio legato al clima o soddisfare i requisiti normativi.

Gli indici Morningstar EU Climate riducono significativamente l'intensità di carbonio a livello di portafoglio. Il Global Markets Paris-Aligned Benchmark mostra un’intensità di carbonio inferiore di oltre il 50% rispetto al suo indice di riferimento, mentre per il Climate Transition Benchmark è più bassa del 30%.

Nel periodo di back-test gli indici climatici hanno fornito un profilo di rischio-rendimento simile a quello di mercato. Essi producono un'esposizione azionaria ampiamente diversificata e il loro posizionamento a livello settoriale e di area geografica non si discosta in maniera significativa dai benchmark market-cap based. Dato che il rischio climatico è sempre più concepito anche come rischio finanziario, è probabile che gli obiettivi di ridurre l'intensità di carbonio e offrire un'esperienza di investimento di successo finiranno per convergere. Gli investitori devono quindi imparare a distinguere le aziende che si prefissano obiettivi “Net Zero” privi di significato, da quelle che combattono il cambiamento climatico e si impegnano per un mondo meno dipendente dai combustibili fossili.

Di Dan Lefkovitz