Bond oggi: l’affare si fa in valuta. Una debole e due forti

Usd, Aud e Zar, i loro livelli grafici e il riflesso rispetto ai rendimenti dei relativi decennali. È in questo confronto che si possono giocare o meno le performance dei prossimi mesi. 

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Dopo mesi in cui sono state le quotazioni (in discesa) le protagoniste del mercato obbligazionario si torna ora a corteggiare l’aspetto valutario, che negli ultimi due anni ha consentito di ottenere performance in alcuni casi positive e in altri ha causato effetti disastrosi. Oggi analizziamo questo fattore tutt’altro che marginale nella gestione di qualsiasi portafoglio di bond, esaminando tre monete, una in calo (il dollaro Usa) e due in netto recupero (il dollaro australiano e lo zar sudafricano). Analisi grafica alla mano ecco cosa sta succedendo nel sempre complesso rapporto fra andamento della divisa e rendimento del governativo benchmark sui relativi fronti.

Usa, l’incertezza è doppia

Puntare sui bond in Usd, dopo la spallata ribassista della valuta rispetto all’Eur ma il recentissimo contenuto rafforzamento delle quotazioni? La rottura al rialzo della media mobile a 200 sedute da parte del cross Eur/Usd sta avvenendo con il ritorno inoltre sulla resistenza per il primo (e quindi supporto per il secondo) di 1,206. Se nelle prossime sedute il trend fosse confermato si entrerebbe in un’area tormentata di successivi nuovi livelli tecnici da seguire con attenzione per chi opera con le obbligazioni (gestione del tutto diversa da chi fa Forex) a 1,217 e via via fino al fatidico 1,234 dove si appoggiò a inizio gennaio. Si tratta di quote che non si vedevano dal 2018 e che possono portare a un nuovo “buy” in chiave valutaria sul fronte delle emissioni in tale divisa. Da osservare però sempre l’inclinazione della media a 200, che sembrerebbe – il condizionale è d’obbligo – voler appiattirsi dopo il trend a favore dell’euro partito a fine maggio 2020. Intanto la nuova corsa delle quotazioni del decennale Usa ha forse trovato un punto di arrivo nell’area dei rendimenti 1,54-1,58%. Il calo di questi ultimi è il “puzzle” di Wall Street ma apparirebbe non dover durare più di tanto. Lo sostengono per esempio gli analisti di Bank of America, Goldman Sachs e Bca Research, convinti che gli yield siano ancora destinati a salire. Aspettare quindi in questa fase è inevitabile, cercando di andare a delineare il momento magico di un dollaro e di una quotazione del decennale entrambi in eccesso di debolezza, compito tutt’altro che facile.

Australia, troppo forte l’Aud 

Lo stesso momento magico si è forse già materializzato sul fronte dell’abbinata australiana, con le emissioni in tale divisa che hanno messo a segno performance fra il 10 e il 13% a livello annuale grazie però solo al rafforzamento appunto dell’Aud. Tutto però è relativo! Rafforzamento rispetto a cosa? Rispetto ai picchi di debolezza della scorsa primavera, assolutamente anomali e fantastica occasione per chi li ha colti. Dopo i massimi dell’Aud sull’euro a 1,526 del 24 e 25 febbraio si sta registrando un leggero arretramento fino al supporto (resistenza per la nostra divisa) nell’area 1,56. Molto dipenderà d’ora in poi dall’andamento dell’economia mondiale e dalla richiesta di materie prime esportate dall’Australia verso il resto del mondo. Intanto la fortissima risalita del rendimento del decennale manifestatasi a febbraio, con picchi oltre l’1,8% e stabilizzazione sull’1,7%, costituisce un primo interessante livello di entrata sull’obbligazionario del Paese australe, il più redditizio in assoluto nel contesto dei Paesi sviluppati. Attenzione però alla forza dell’Aud, che alcuni analisti giudicano eccessiva.

Sud Africa con andamenti opposti

Prendere la situazione Usa e ribaltarla: si ottiene così la fotografia del momentum obbligazionario sudafricano, con la divisa che ha fatto grandi passi avanti sull’euro e un rendimento del decennale governativo nettamente e stabilmente maggiore, poiché attestato oltre il 9% da inizio 2020, con la sola esclusione di un breve periodo fra fine dello scorso anno e inizio 2021. Valutando i livelli grafici lo yield di Pretoria trova una resistenza sul 9,8% (oltre quindi le quotazioni scenderebbero pesantemente) e un supporto sull’8,6%. Naturalmente questi valori sono più elevati rispetto a quelli dei sovranazionali in rand, dati i ben diversi gradi di rischio e di rating. Su questo fronte è quindi la divisa a svolgere il ruolo decisivo dopo aver toccato i massimi sull’euro a 16,95 a metà aprile. I margini da un punto di vista tecnico per un ulteriore rafforzamento ci sono e l’obiettivo è un ritorno verso l’area dei 16, quella pre pandemia, pur probabilmente con un’accentuazione rilevante della volatilità, quasi scomparsa da mesi nell’ambito del cross Eur/Zar.