Cosa c’è dietro il crollo dei tecnologici

Valutazioni troppo elevate, la paura per un brusco innalzamento dei tassi di interesse e gli errori di finanza comportamentale hanno condannato il settore a forti perdite da inizio anno.

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Cosa succede ai tecnologici americani? I listini di New York hanno perso da inizio anno oltre il 17% (in dollari al 16 maggio 2022), registrando lo scorso aprile il dato peggiore dal marzo del 2020 (-9,04%), e il maggior responsabile del cattivo andamento di Wall Street è proprio il comparto tecnologia.

L'indice Morningstar US Technology Sector ha ceduto nel 2022 il 27% (in dollari al 16 maggio 2022) a causa delle forti vendite che hanno colpito i big del settore come Microsoft (-22%), Apple (-17%), Nvidia (-44%) e Salesforce (-37%).

Non c'è dubbio che si tratti di perdite rilevanti, considerato anche il sentiment del mercato a fine 2021, ma questa situazione è paragonabile ad altre fasi ribassiste del mercato a cui abbiamo assistito nel corso della storia.

I titoli tecnologici sono scesi del 27,2% rispetto al picco raggiunto lo scorso 27 dicembre. Negli stessi 138 giorni dopo che i titoli tecnologici avevano toccato il picco nel marzo 2000, le perdite accumulate erano state pari al 16,5%.

Figura 1: Discese dei tecnologici dai massimi di Borsa a confronto

"È tutta una questione di prospettiva. Se hai investito sull’onda del successo dei tecnologici alla fine del 2021, allora il tuo portafoglio sarà in grossa sofferenza. Se invece hai avuto un approccio di lungo periodo, allora avrai sicuramente accumulato grossi profitti”, dice Steve Sosnick, chief strategist di Interactive Brokers. Negli ultimi tre anni, il settore tecnologia ha guadagnato il 72% sovraperformando largamente il mercato azionario americano nel suo complesso, che nello stesso periodo si è fermato a +40%.

Figura 2: Performance a 3 anni

La prima lezione che ci insegna il crollo dei tecnologici è dunque di finanza comportamentale. “Un società potrebbe avere un business di qualità, un'impressionante traiettoria di crescita e un bilancio solido, ma se troppe persone la pensano allo stesso modo può crearsi una disconnessione tra il prezzo che gli investitori pagano per le sue azioni e il suo reale valore”, Tyler Dann, head of research for the Americas di Morningstar Investment Management.

Le valutazioni non contano, finché non lo fanno

Allora cosa è successo a questi titoli? “Gran parte delle performance attuali sono in realtà il frutto degli eccessi di qualche tempo fa”, aggiunge Sosnick. Per comprendere il crollo dei titoli tecnologici bisogna tornare alla fase ribassista del mercato innescata dallo scoppio della pandemia e dalla successiva recessione economica del 2020. Quando le economie globali sono entrate in lockdown e le azioni sono precipitate in caduta libera, tra gli investitori è iniziata la caccia alle società che avrebbero resistito al meglio alla tempesta. Molte di queste società erano considerate modelli di business durevoli e difensivi e sul mercato erano scambiate a prezzi tutto sommato convenienti.

L’attitudine degli investitori a voler seguire il gregge ha spinto le valutazioni di molti titoli tecnologici su livelli record. Alla fine del 2021, l'indice Morningstar del settore mostrava un rapporto Prezzo/EPS superiore a 29, ben al di sopra della media decennale di 20 e per la maggior parte del 2021 le azioni del comparto sono state largamente sopravvalutate rispetto al loro fair value.

“Gli investitori si sono innamorati dell'idea di rottura rappresentata da molte di queste società”, aggiunge Dann. “Essa può sicuramente rappresentare la scintilla che può permettere di generare elevati profitti in futuro, ma alla fine anche le aziende “distruptive” devono diventare profittevoli. Un esempio su tutti può essere il rivenditore di auto online Carvana (CVNA). Il titolo era salito a 360 dollari nell'agosto 2021, partendo dai circa 22 dollari del 2020. Ora viene scambiato al di sotto dei 40 dollari.

Le colpe della Fed

I cambiamenti nei trend di mercato richiedono generalmente un catalizzatore. In questo caso, è stata la brusca consapevolezza che l'inflazione elevata non fosse transitoria e che la Federal Reserve avrebbe dovuto agire in modo aggressivo per aumentare i tassi di interesse.

Come è dimostrato dalle performance da inizio anno, i titoli tecnologici e le società del segmento growth in generale sono stati visti come il segmento più vulnerabile all'aumento dei tassi. Questo perché le società orientate alla crescita degli utili sono generalmente valutate in base ai profitti che realizzeranno negli anni o addirittura nei decenni a venire e l’aumento dei tassi di interesse e delle aspettative sugli stessi ha ridotto il loro fair value, che è pari alla somma dei flussi di cassa futuri attualizzati in base appunto ai tassi di interesse.

Cosa fare adesso?

"Sebbene l'esposizione a questi nomi possa essere raggiunta anche attraverso l’acquisto di ETF che replicano indici azionari Large growth, va sottolineato come molti titoli del comparto siano scambiati ora a prezzi convenienti” aggiunge Dann. “Questa è una buona notizia per gli investitori, poiché in molti casi si tratta di società con bilanci solidi, flussi di cassa generosi ed elevati margini di profitto e rendimenti sul capitale investito. Tutti segnali di business di alta qualità. Sosnick sostiene che il sell-off generalizzato ha punito in maniera severa anche le aziende di valore, ma questo perché avevano valutazioni enormi che erano diventate insostenibili.

Di Tom Lauricella