ETF, i migliori e i peggiori di giugno

Gas naturale, petrolio e tecnologia le migliori scelte del mese. Molto male il settore aurifero.

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Secondo i dati Morningstar, a giugno, tra il miglior Exchange traded product (in termini di rendimento) e il peggiore ci sono oltre 35 punti percentuali (prendendo in considerazione quelli registrati alla vendita in Italia ed escludendo i replicanti strutturati, cioè a leva o inversi).

Questi strumenti, essendo prodotti puramente passivi, riflettono nei loro movimenti l’evoluzione dei mercati, senza che la performance venga distorta dalle scelte (buone o cattive) di un gestore attivo.

I Top

La Top 10 di maggio dei fondi passivi quotati in Borsa, cioè gli Exchange traded products (ETP), vede ben cinque fondi esposti a vario titolo al petrolio. In testa, però, c’è il WisdomTree Natural Gas - EUR Daily Hedged; i prezzi del gas naturale sono stati spinti al rialzo dalle temperature più alte della norma il larga parte degli Stati Uniti (il che aumenta il consumo elettrico dovuto al maggior uso dei condizionatori - il gas naturale è una delle principali fonti utilizzate per la produzione di energia elettrica in molti tipi di centrali) e da alcune operazioni impreviste che hanno momentaneamente bloccato una parte di produzione in West Virginia.

Al secondo posto troviamo poi il WisdomTree Cloud Computing UCITS ETF – replicante del BVP Nasdaq Emerging Cloud Index, un benchmark che include le società statunitensi principalmente coinvolte nella fornitura di software e servizi per il cloud.

Il resto della classifica è quasi tutto dedicato all’industria petrolifera. Il valore del WTI Crude Oil, infatti, è passato da 67 a 73,5 dollari al barile nel mese di giugno, arrivando a sfiorare i 77 dollari il 6 luglio scorso. Da un lato, le riaperture e la ripresa economica hanno spinto al rialzo la domanda di petrolio. “La variante delta del COVID-19 è sicuramente da tenere in cosiderazione, ma non ci aspettiamo che soffochi la ripresa a livello globale”, commenta Dave Meats, analista di Morningstar. “L'epidemia in India si sta attenuando dopo il picco di maggio e crediamo che il trend sia in miglioramento. Nel frattempo, le vaccinazioni di massa nei mercati sviluppati continuano a fornire la base necessaria per una piena ripresa della domanda di greggio entro il 2022”.

Dall’altro, il mancato accordo tra i Paesi Opec+ durante la riunione avvenuta lunedì scorso a Vienna ha provocato un ulteriore rimbalzo dei prezzi. I 13 Paesi partecipanti non sono riusciti a trovare un punto d’incontro riguardo al possibile aumento della produzione proprio per soddisfare la crescente domanda. Il fatto di non aver fissato una data per il prossimo meeting, poi, ha lasciato gli operatori nell’incertezza.

E i Flop

In cima alla lista dei replicanti che hanno sofferto di più, invece, troviamo l’L&G Gold Mining UCITS ETF, replicante del DAXglobal Gold Miners Index, un paniere di aziende globali (minimo 20, massimo 35) che generano almeno il 50% dei loro ricavi da perforazione esplorativa, valutazione geologica, finanziamento, sviluppo, estrazione, affinamento o consegna dell’oro.

A soffrire è stato tutto il comparto aurifero (otto fondi su dieci fanno parte della categoria Azionari settore metalli preziosi). Dopo aver ampiamente beneficiato del ritorno dell’inflazione, il valore del metallo giallo è sceso da 1.907 a 1.769 dollari all’oncia nel mese di giugno. Dietro al tonfo alcune prese di profitto e soprattutto la volontà della Federal Reserve di voler anticipare di un anno (al 2023) il rialzo dei tassi d’interesse.

Di Valerio Baselli