Petrolio: investitori siete pronti per le montagne russe?

Le questioni geopolitiche, la questione Russia-Ucraina, i dissidi in Medio Oriente, sono tutti elementi che fanno smuovere il prezzo del petrolio.

Oggi 10 febbraio il prezzo del petrolio è in calo sui mercati dove è sceso sotto la soglia dei 90 dollari. L’indice Wti del Texas passa a 89,4 dollari con un calo dello  (-0,28%). Cala anche il Brent, che è arrivato a quota 91,2, con un calo del -0,3%.

Ci sono alcuni elementi che stanno convincendo la maggior parte degli analisti finanziari che il petrolio possa salire talmente tanto entro fine marzo 2022, tornare a da arrivare addirittura a 100 dollari al barile. La causa principale di questo aumento sarebbe indubbiamente la crisi geopolitica tra Russia, Ucraina e Nato.

Al momento gli investitori sono molto pessimisti e stanno dando per scontato che la guerra stia per scoppiare. L’invasione russa dell’Ucraina farebbe salire velocemente il prezzo del petrolio a cento dollari al barile. Non dimentichiamo che la Russia è il terzo produttore di petrolio al mondo e il secondo produttore di gas naturale. 

Inoltre le sanzioni che gli altri stati applicherebbero alla Russia non farebbero altro che peggiorare la situazione e far alzare i prezzi ancora di più, perché la parte del petrolio russo non verrebbe più commercializzato: quindi meno petrolio e prezzi più alti.

Petrolio: cosa pensano gli analisti rialzisti

È ovvio che l’aumento del prezzo del petrolio aumenti anche i livelli dell’inflazione. Tutti i dati non fanno che aumentare le ipotesi rialziste e gli analisti prevedono impennate nel breve medio periodo. Il mercato petrolifero sembra un treno in corsa pronto a raggiungere i 100 dollari a barile.

Secondo lo stratega David Roche il petrolio toccherà certamente i 120 dollari al barile e l’economia globale sarà radicalmente alterata se la Russia dovesse invadere l’Ucraina

In questo momento la Russia continua a negare di volere una guerra e di voler invadere l’Ucraina, nonostante il suo esercito al Confine. Ma una cosa è certa: Putin non accetterà mai un paese Nato accanto a casa sua!

Secondo Roche le decisioni della Russia potrebbero sconvolgere enormemente i mercati globali.

“Penso che se ci fosse un’invasione dell’Ucraina e ci fossero sanzioni sulla Russia, questo provocherebbe effetti a catena sui meccanismi di cambio, sull’esportazione di materie prime, (gas, petrolio, carbone) penso che a quel punto vedreste sicuramente i prezzi al barile arrivare a 120 dollari”, dice Roche.

Roche è certo che se ci fosse una guerra in Ucraina, questo avrebbe conseguenze economiche mondiali e di vasta portata. E non solo, secondo lo stesso Roche, Putin sarebbe disposto ad affrontare sia sanzioni economiche che una guerra totale, se servisse ad evitare che l’Ucraina venga annessa alla Nato

Petrolio: perché gli investitori sono convinti che scoppierà una guerra?

Il mercato è diventato sempre più pessimista soprattutto da quando il Presidente Biden e l’Unione Europea hanno deciso di collaborare per garantire la sicurezza energetica dell’Europa e per minacciare sanzioni contro la Russia nel caso in cui dovesse invadere l’Ucraina. Biden inoltre ha minacciato pesantemente Putin su eventuali e gravi sanzioni economiche. 

Un altro elemento che rende gli investitori pessimisti è la politica praticata dall’Opec che ha aumentato l’offerta di 400.000 barili al giorno dalla scorsa estate. Questo, secondo gli investitori, è un livello troppo basso ed è causato dal fatto che molti paesi facenti parte dell’Opec+ non stanno incrementando la loro produzione di petrolio per i problemi interni al paese. 

L’Opec+ sta aprendo i rubinetti con il contagocce e questo mette tutti i paesi in grave difficoltà.

A peggiorare i pessimismi degli analisti e le probabilità rialziste le previsioni secondo cui la Cina, maggior importatore di petrolio al mondo, potrebbe aumentare le sue importazioni del 7% in questo 2022.

Petrolio: la Russia scopre altri giacimenti in Russia

Nel frattempo la Russia, attraverso la sua compagnia Tatneft ha scoperto del petrolio in Libia, in uno dei suoi giacimenti. Pare che la società stia attualmente i terreni di sua competenza. La compagnia Tatneft ha iniziato ad operare in Libia nel 2005 grazie alla firma di un contratto di concessione. I lavori di esplorazione della compagnia russa sono ricominciati ad ottobre scorso.

Scendendo maggiormente nei dettagli, gli analisti ribassisti, invece, prevedono che il prezzo del petrolio resterà mediamente sugli 80 dollari durante questo anno e l’anno prossimo potrebbe passare ai 75 dollari al barile dal 2024. Per quanto concerne il Gas, secondo gli analisti ribassisti ci si può attendere che i prezzi in questo anno restino molto volatili e che ci voglia almeno un anno per una concreta stabilizzazione. 

Petrolio di nuovo sulle montagne russe!

Era da tempo che il petrolio non saliva sulle montagne russe come in questo periodo, dimostrando, come se ci fossero dubbi, di rappresentare un asset di investimenti molto, molto volatile.

Nell’ultimo periodo dil Brent è aumentato del 2,5%, raggiungendo gli 88,66 dollari al barile, mentre il Wti è aumentato del 3,2%, arrivando a 86,6 dollari. Il petrolio non raggiungeva questi prezzi da almeno sette anni. 

Perché i prezzi del petrolio sono schizzati in alto?

Sono tante le motivazioni che hanno causato questi rialzi: le tensioni in medio oriente, le tensioni Russia-Ucraina, la pandemia, l’atteggiamento di consumatori e fornitori, l’aumento della domanda e la diminuzione dell’offerta. Queste questioni hanno fatto aumentare la domanda, abbassare l’offerta e di conseguenza i prezzi sono aumentati

Il problema più grave sul fronte geopolitico è sicuramente la crisi fra Russia, Ucraina e Nato. i due paesi sono grandi esportatori di materie prime energetiche. Ma da ottobre La Russia ha posto un esercito di 130 mila soldati al confine con l’Ucraina, dopo le voci di una sua possibile annessione alla NATO. Nel frattempo gli alleati hanno inviato militari, navi e caccia. Questo, sicuramente, fa temere che scoppi una guerra. 

Effetto Omicron sul petrolio?

Quando la variante Omicron è apparsa per la prima volta, a dicembre gli analisti hanno deciso di non cambiare le previsioni, come spiegano gli analisti di Morningstar

Visto che la variante Omicron non ha portato ad un aumento dei ricoveri, ma anzi ha aumentato gli immunizzati. A lungo termine questo potrebbe far aumentare la domanda.  Infatti Morningstar prevede per il 2022 un consumo  di 100,6 milioni di barili al giorno, proprio a causa dell’aumento della domanda. Resta invariata, invece, la stima per il 2023 (107,1 milioni di barili al giorno). I livelli sono molto superiori al periodo pre-pandemico.

E la Cina? La Cina resta un’incognita, perché è l’unico paese al mondo a portare avanti ancora una rigida politica Covid zero. Dunque gli analisti non sanno come il gigante asiatico si muoverà per quanto riguarda la domanda di petrolio. “Il Partito comunista è stato finora riluttante a cambiare rotta”, confermano gli analisti.

Visto che l’Opec+ continua a produrre col contagocce rispetto a quanto promesso, le previsioni di fornitura globale a 100,5 milioni di barili al giorno nel 2022 e 102,6 milioni nel 2023.

È molto probabile, invece, che nel 2023 si ritorni a valori normali, come (60 dollari al barile). Questi valori sono già tenuti in conto da parte degli analisti. 

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