L’estate in cui imparammo a volare (titolo originale FireFly Lane) è una serie del 2021 prodotta da Netflix di cui non avevamo bisogno.
Essere brutale non mi fa piacere, ma questa serie non ci racconta nulla di né di nuovo, né di innovativo.
Se non fosse stato per l’interpretazione delle due attrici protagoniste, rispettivamente Katherine Heigl nel ruolo della famosissima Tully Hart, e Sarah Chalke, che presta il volto alla casalinga-in-cerca-di-riscatto Kate Mularkey, proseguire con la visione sarebbe stato quasi impossibile.
Analizziamo più nel dettaglio.
Un’amicizia non così speciale
Iniziamo con quello che più di tutto mi ha infastidito a livello narrativo: la storia del rapporto tra le due protagoniste.
Non basta dire che un’amicizia è speciale per farla diventare tale.
In linea generale, questa serie pretende di raccontare la storia di un’amicizia che supera ogni difficoltà e che ritrova sempre un proprio spazio per esistere. Praticamente in ogni singola puntata viene costruito un momento fatto apposta per inserire una battuta tipo:
“noi saremo amiche per sempre e sempre”
che, diciamolo, risulta credibile in bocca a due adolescenti, ma vedere questo teatrino anche quando le protagoniste sono ormai due adulte, risulta un po’ anacronistico e infantile.
Il punto della questione è che non viene mai raccontata in maniera chiara un’amicizia così speciale, né risulta di conseguenza possibile affezionarsi ad essa.
Una delle ragioni che tiene emotivamente distante lo spettatore dal rapporto tra Tully e Kate è la scelta del racconto per salti temporali, che sembra un tentativo fallimentare di imitare la scia della più efficace This is us, senza ottenere lo stesso effetto.
Seguire tutti questi movimenti e passaggi risulta faticoso e spesso dispersivo. In più, la domanda che spesso sorge durante la visione è “perché mi stanno raccontano questo? Dove vogliono arrivare?” Ma la risposta giunge, purtroppo, solo raramente. Se This is us utilizza i cambi temporali in maniera più coerente, come mezzo per analizzare e sviluppare degli argomenti precisi ed evidenti, in FireFly Lane invece è sempre tutto molto confusionario e porta a perdere di conseguenza anche fiducia della visione.
Anche gli elementi estetici utilizzati per raccontare lo scorrere del tempo e il cambi temporali risultano dozzinali e sbrigativi.
Nel periodo del college i due personaggi vengono interpretati sempre dalle protagoniste che risultano decisamente poco credibili (con tutto il rispetto per le due protagoniste, due donne di quarant’ anni risultano davvero strane nei panni di due studentesse ventenni).
Dando poi l’impressione di un budget limitatissimo, per mostrare l’invecchiamento di Cloud (la madre di Tully) viene scelto di far indossare all’attrice Beau Garrett un’orrenda parrucca presa probabilmente in qualche negozio di travestimenti.
Parlando invece di quello che vogliono raccontare, che a grandi linee sarebbe, come ho già anticipato, la storia di questa amicizia lunga trent’anni di due donne agli antipodi, con alle spalle una famiglia e un’educazione totalmente diversa, si poteva fare meglio.
Basta pensare a come ci viene raccontato l’incredibile legame delle protagoniste ne L’amica geniale, per avere un esempio di come si parla di amicizia, senza cadere nei luoghi comuni o in dichiarazioni di amore e fedeltà che poi non hanno niente a che fare con i fatti.
Tra Tully e Kate questa amicizia non sembra esserci davvero, non arriva questo affetto che si muove insieme a sentimenti a volte contrastanti, ma tutto sembra solo detto ad alta voce, senza essere però mostrato realmente.
Amicizia è tante cose, ma quasi nessuna di quelle raccontate
Una cosa chiedo quando sto per guardare una Serie Tv o un Film: non voglio capire come sono state scritte le scene, né l’effetto che il regista vorrebbe ottenere. Qui, purtroppo, ogni situazione è estremamente telefonata, vedi l’inizio di una situazione e sai già come si concluderà la vicenda.
In più, vogliono essere raccontate troppe cose, senza approfondirne veramente nemmeno una, senza approfondire mai veramente l’amicizia tra le due donne, che viene sempre data per scontata. Il rapporto tra le due appare a tratti morboso (mi verrebbe da dire anche surreale, ma non voglio offendere chi magari in un’amicizia cosi si è riuscito a riconoscere), ma perché il rapporto sia così intenso rimane poco convincente.
L’amicizia tra Tully e Kate non risulta credibile perché personaggi stessi sono deboli e privi di profondità. Tully, ad esempio, ci viene descritta come una famosissima presentatrice. Gli escamotage per raccontarcelo però non si allontanano molto dal modo in cui io l’ho scritto adesso.
Invece di scavare in profondità, disegnare un percorso più strutturato di questa donna, il mero meccanismo per darci l’impressione di avere davanti a noi una star della TV sono, come sempre dichiarazioni a gran voce. “Sei famosissima”, le viene detto, ad esempio. O ancora, durante una telefonata con l’amica, Tully dice annoiata di dover andare a un evento con George Clooney, nulla più.
Una banalità senza fine. La sensazione è sempre quella di essere di fronte a qualcosa di finto.
Anche nel personaggio di Kate troviamo delle incongruenze. La vita di questo personaggio dovrebbe essere nettamente opposto a quello della splendida Tully, un po’ stile “casalinga disperata che cerca di arrabattarsi tra le faccende di casa, un divorzio e una figlia adolescente”. Peccato che questo avvenga in una villa da sogno davanti al mare.
Le attrici che raccontano l’amicizia
Non basta neppure il talento di Sarah Chalke (che, secondo il mio gusto personale, rimane ancora troppo simile alla Elliot di Scrubs), o di quello ancora più intenso di Katherine Heigl che resta la più incisiva e profonda nonostante i diversi ritocchi chirurgici abbiano, almeno in parte, compromesso l’espressività.
Mi ha rubato un pezzo di cuore anche Alissa Skovbye, che interpreta Tully Hart da adolescente, bravissima e dolcissima. Tuttavia, anche per quanto riguarda la coerenza tra il racconto passato e quello invece del presente, tante sono le perplessità: sembrano dei personaggi diversi, dei racconti diversi, dei caratteri diversi.
L’impressione è quasi che ci sia fretta di raccontare, di includere più generi possibili, tutti però affrontati con superficialità. Ogni due puntate sembra di aver colto quale evento permette il giro di boa che raddrizza e da un scopo alla storia che ci stanno raccontando, ma il tema viene costantemente cambiato.
Quindi sembra uno stupro, quindi sembra il rapporto con la madre, quindi sembra il divorzio. Invece no, ognuno di questi fatti vengono toccati e dimenticati, e ritoccati e ridimenticati. Pare che Maggie Friedman abbia fretta di arrivare da qualche parte, senza però sapere dove.
Anche i rapporti con gli altri personaggi sono spesso sconclusionati, e ne cito un paio per citarli tutti: Travis (interpretato da un quanto meno simpatico Brandon Jay McLaren), il padre della compagna di scuola di Marah. Perché iniziano una storia se ce lo avevano raccontato come un tizio qualunque che appena vede Tully perde interesse per Kate? Ma poi, a Kate non piaceva il collega Gideon Vega? Non ci è dato saperlo.
Per non parlare del personaggio di Kimber Watts (Jenna Rosenow). Sembra necessario inserire personaggi macchietta anche quando quelli che dovrebbero essere, invece, più profondi e complessi non hanno molto da farsi invidiare. Eppure, ogni volta che vedo il solito personaggio femminile biondo, con una voce acuta e stridula, che agisce in modo tanto stupido quando cattivo, una parte di me muore.
L’amicizia e i rapporti non si lasciano intendere
Chi ancora non ha visto questa serie forse non comprenderà fino in fondo perché mi ostino a puntare il dito sulla questione dei rapporti lasciati intravedere tra le righe o esageratamente dichiarati, che tuttavia non raggiungono mai lo spettatore a livello emotivo.
Chi però l’ha terminata, potrà seguirmi nel mio lamento. Parliamo del rapporto tra Tully e la madre Cloud, che nella scala di importanza, si trova subito dopo la storia delle due amiche.
Veniamo letteralmente tormentati fin dal primo episodio con la storia di questa madre hippy e tossica che non cura né si interessa della figlia. Nonostante il racconto di questo rapporto non sia più elaborato e sofferto degli altri, e il personaggio di Cloud potrebbe essere stato scritto da una ragazza di 14 anni visto lo spessore psicologico totalmente assente, è innegabile la curiosità di scoprire cosa sia successo tra le due e come sia naufragato il loro rapporto.
Invece, anche questa volta, la risposta alla domanda risulta frettolosa e semplicistica, buttata via come niente fosse, e messa in bocca per giunta a Kate invece che a Tully.
Non tutto è da buttare
Nonostante questa serie non sembra aver portato nulla di nuovo o interessante, ho comunque colto un paio di momenti ben riusciti e degni di nota.
Il matrimonio di Sean, per esempio, trovo sia stato raccontato bene, senza troppe sbavature o tentativi di creare un esagerato pathos e mistero. In particolare, il dialogo tra Kate e Johnny (interpretato da Ben Lawson) è scritto in modo pulito e forse è l’unico che mi ha convinto davvero.
Senza rovinare la visione a nessuno, mi limiterò a dire che anche la puntata della trasmissione di Tully durante il suo compleanno, a modo suo, mi ha emozionato (nonostante anche in quell’occasione mi è sembrato che temi estremamente delicati venissero utilizzati come mero stratagemma per creare continui effetti sorpresa, più che per far crescere la storia e riflettere su temi complessi).
In conclusione, questa serie non mi è piaciuta particolarmente, e l’ho trovata decisamente pretenziosa. L’ambientazione e i costumi intrattengono molto di più dei fatti in se.
Tuttavia, nonostante vengano presi sotto gamba diversi argomenti complessi, essi rimangono validi spunti di riflessione per chi guarda. Il mio invito è dunque di dare una possibilità lo stesso a questa storia, abbassando pero notevolmente la curiosità sul funerale a cui sta andando Kate con Marah, ché sennò rimarrete tremendamente delusi.