Il diritto di contare: trama e cast di una storia vera

Il diritto di contare arriva ad arricchire il palinsesto televisivo raccontando una storia vera, dalla trama e dal cast insuperabili.

Il diritto di contare non è il classico film sul razzismo, né tantomeno una parentesi narrativa a carattere esclusivamente storico. La trama è un fitto intreccio tra i due elementi, il cast di talento ne spiega le mille sfaccettature e se non l’avete ancora visto, ecco cosa vi state perdendo.

Il diritto di contare: la trama

Il titolo potrebbe far pensare all’ennesimo prodotto cinematografico la cui storia è incentrata sulla vita di un personaggio del mondo scientifico, o ancora, sulle fasi evolutive che hanno portato ad un successo storico.

Contrariamente, il diritto di contare verte su ben altri aspetti narrativi che, sebbene siano stati già proposti da altri film del passato, questa volta si raccontano in maniera nuova e inaspettata.

Scritto e diretto da Theodore Mefli e Alison Schroeder nel 2016 e tratto dal libro “Hidden Figures” di Margot Lee Shetterly, il film si basa sulla storia vera di tre donne afro-americane che lavorano nella sede della NASA ad Hampton, in Virginia.

L’ambientazione storica è tipica degli anni ’60 e il racconto si apre allo spettatore mediante la descrizione del background di ognuna delle tre protagoniste, analizzandone le rispettive abilità e difficoltà presenti durante lo sviluppo narrativo.

La prima figura a comparire è quella di Katherine Globe, un vero e proprio prodigio della matematica che viene prelevata dalla West Area Computer del Langley Research Center per essere destinata ad una squadra che ha il compito di calcolare e tracciare le traiettorie per il programma Mercury e la missione Apollo 11.

Dopo aver ricevuto un benvenuto del tutto privo di calore e cortesia, viene trasferita allo Space Task Group dove non mancano le umiliazioni di genere da parte dei colleghi bianchi che, ancora una volta, le fanno ricordare il peso legato al colore della sua pelle.

Le discriminazioni che dovrebbero atterrirla ovviamente non bastano a farla desistere dal suo scopo ma non le rendono facile una convivalità lavorativa influenzata da un’atmosfera razzialmente stratificata.

La stessa difficoltà viene incontrata anche dalle altre due protagoniste: Dorothy Vaughan e Mary Jackson.

Alla prima, per esempio, viene negata di continuo la promozione a supervisore del settore calcolatrici  e si trova costretta a lavorare con paga ridotta.

Alla seconda invece, si propone il muro di divieti imposti dalle Leggi Jim Crow che non le rendono facile la frequentazione ai corsi di fisica universitari per poter collaborare con il reparto ingegneria.

Tutte e tre sono messe alla prova da un ostacolo che in quegli anni è presente ovunque camminino e che continua a minare a destra e a manca, la realizzazione dei loro sogni.

Ciò che sorprende è che alla fine, tutte e tre riescano a superare i loro colleghi di alto rango e a dimostrare quanto siano intelligenti e talentuose a dispetto della razza di appartenenza.

L’occasione di potersi affermare tali avviene durante il giorno del lancio, quando compaiono dei problemi e l’astronauta John Glenn chiede l’aiuto di Katherine.

Ovviamente, lei riesce a risolvere l’intoppo e la capsula compie ben 3 delle 7 orbite previste intorno alla Terra, rientrando alla base sana e salva.

Nella conclusione del film, Katherine può continuare a lavorare per la NASA, Dorothy riesce a farsi rispettare dal suo capo e Mary riesce a farsi promuovere ingegnere.

Imparando un linguaggio di programmazione tutto nuovo, risolvendo i problemi negli esperimenti, calcolando finestre di lancio per le missioni spaziali, ognuna di loro consolida il proprio ruolo senza mai abbandonare la consapevolezza di quanto questo gli costi a livello personale.

Sì perché se da un lato stanno lottando per affermarsi nel mondo del lavoro, dall’altro si deve dimenticare che sono tre donne normalissime, dedite alla propria famiglia e rispettose del rapporto con il proprio contesto sociale.

Donne che nel fine settimana vanno in chiesa e trascorrono il tempo rimanente con i propri figli mentre negli altri 5 giorni si fanno forza e si proteggono a vicenda.

Lottano contro le avversità e conquistano ciò che si meritano per poter aiutare e stimolare non solo le altre donne di colore, ma   spingere tutto il popolo afro-americano a non essere più vittima di soprusi ed ingiuste discriminazioni.

Il diritto di contare è un inno alla celebrazione di tre figure femminili che hanno saputo tener duro nonostante la presenza conflittuale di uno Stato separatista.

Questo basta e avanza per assicurargli un posto d’onore tra le realizzazioni cinematografiche di maggior peso sociale.

Candidato per tre volte agli Oscar (una come miglior film e due ai Golden Globe come migliore colonna sonora originale) rimane un’opera audiovisiva coraggiosa che riconosce gli spiacevoli eventi del passato e tenta, in qualche modo, di ripararne gli errori riconoscendo il talento e la forza di volontà di persone che hanno sopportato l’insopportabile.

Il diritto di contare: il cast

Il 1961 è un’epoca storica americana decisamente particolare e ricca di avvenimenti, ma chi l’ha vissuta sulla propria pelle senza poter appartenere alla razza bianca non è stata sicuramente una passeggiata.

Sebbene nella maggior parte del film il rimando agli eventi realmente accaduti è spesso presente (una recente notizia di un’aggressione al telegiornale e un breve discorsi di M.L.King.) questa pellicola sceglie di rimanere all’interno delle convenzioni stabilite dall’opera letteraria da cui prende spunto.

La storia sulla segregazione razziale e il sessismo sul luogo di lavoro, infatti, vengono raccontati nello stesso modo in cui sono stati proposti dalle precedenti realizzazioni cinematografiche, senza apportare novità alcuna.

Una mossa che in molti non hanno ritenuto strategica e che altrettanti hanno criticato come “pigrizia” ma che, nel risultato finale si è dimostrata vincente.

Il diritto di contare non si spinge oltre i confini artistici parlando di un tema delicato come se tutto ciò che lo legasse al contesto storico fosse stato risolto.

I passi falsi delle pellicole che trattano il razzismo come se fosse una cosa superata e vedono il personaggio bianco esistere solo all’interno dei un universo narrativo del passato, sono caratteristiche che non appartengono all’ideologica che sta alla base del film.

Inoltre, la regia ha saputo premere i tasti giusti senza risultare pesante sin da subito, affidandosi ciecamente del materiale in possesso ma, soprattutto, del cast scelto per l’interpretazione dei ruoli.

A ricoprire i panni della sagace Katherine Johnson è Taraji P.Henson ( madre di Brad Pitt ne “Il curioso caso di Benjamin Button”) mentre a dare vita alle figure di Dorothy e Mary sono rispettivamente Octavia Spencer ( “La forma dell’acqua”, “Sette anime”) e Janelle Monàe, quest’ulitma ancora nuova nel mondo del cinema.

Un altro attore sicuramente più navigato è Kevin Costner che ricopre il ruolo di Al Harrison, il capo gruppo di Katherine per il quale il successo della missione conta più della razza a cui appartiene chi consente di raggiungerlo.

Sebbene conferisca al personaggio più enfasi di quanto dovrebbe risultando a volte esagerato, riesce ad inglobarlo in un’aura di realismo senza tempo e riporta sullo schermo lo stereotipo dell’uomo bianco americano.

E se Costner ritorna sulla scena dopo tantissimi film alle spalle, ad interpretare un ruolo importante è anche Jim Parsons, l’amato Sheldon Cooper di Big bang Theory che ne Il diritto di contare ricopre il ruolo dell’ ingegnere capo Paul Stafford.

Altre figure di spicco della recitazione sono Kirsten Dunst ( Vivian Mitchell, supervisore donna di Katherine) e Glen Powell ( l’astronauta John Glenn).

Dove e perché vedere Il diritto di contare?

Il diritto di contare è possibile trovarlo in streaming o a noleggio sulle seguenti piattaforme:

  • Chili: versione HD € 3.99
  • Amazon Prime Video: versione SD € 3.99, versione HD € 3.99
  • Disney+
  • Mediaset Infinity
  • Late night streaming  

Mentre è possibile vederlo in streaming live attraverso la piattaforma RaiPlay accedendo dal desktop o dall’applicazione da scaricare su smartphone, tablet e smart TV. La registrazione dev’essere effettuata tartine Google o Facebook e il servizio è gratuito.

È un film che appassiona, colpisce e porta lo spettatore a riflettere sull’importanza della denuncia sociale del tempo volgendo uno sguardo al razzismo non come conseguenza della cattiveria o della virtù dei singoli bianchi ma come lotta personale per perseguire uno scopo più alto.

Sicuramente trasmette in maniera efficace la normalità velenosa e sbagliata della supremazia bianca ma consente altresì di percepire la speranza di riuscire ad arrivare dove sembra impossibile arrivare.

La determinazione dei personaggi principali è il fulcro della storia, dona loro la capacità di perseguire le proprie ambizioni per riuscire a vivere una vita felice e appagante.

Pur restando nell’ombra delle discriminazioni, le tre protagoniste fanno capire a tutti che volere ed insistere sono cosa che contano davvero nella vita per realizzare i propri sogni.

Il film insegna quanto lottare possa cambiare le cose, anche in un’epoca in cui nessun afro-americano poteva riuscirci. E se ci sono riuscite loro in un contesto così pressante e difficile, niente e nessuno può impedire a qualcuno di rendere i propri sogni realtà. Ciò che conta, alla fine, è lavorare duro e crederci sempre anche quando il timore ha sempre più argomenti.

Cosa lo rende un film originale?

Alcuni esperti hanno palesato come nel film il diritto di contare compaiano alcuni disallineamenti storici, delle incongruenze nella narrazione che renderebbero l’opera un po’ meno credibile.

Una fra queste è quella in cui Dorothy Vaughan e molti ex analisti si trasferiscono dall’ufficio West Computing alla nuova Divisione Analisi e Calcolo o ancora, la scena in cui il capo di Katherine distrugge il cartello che indicava il bagno per le donne di colore.

Entrambe le scene in realtà non sono mai avvenute nella vita reale ma il regista Theodore Melfi ha deciso di aggiungerle per un motivo preciso.

La motivazione è quella di dare forma anche a persone bianche che fanno la cosa giusta esattamente come esistono le persone di colore che fanno la cosa giusta.

Era necessario che nella narrazione vi fosse qualcuno che facesse la cosa giusta, poco importa la razza di appartenenza. Fare la cosa giusta è il concetto su cui gira tutto il film, solo così si avrebbe avuto un grande successo a livello cinematografico, ma ancor di più un prodotto originale di grande impatto visivo tra il pubblico. 

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