Dopo un'estate di grandi soddisfazioni sportive e non solo calcistiche, è finalmente tempo per la nuova stagione sportiva di iniziare.
I tifosi non vedono l'ora di tornare allo stadio, di riempire, dove possibile, gli impianti e tornare a far sentire il loro supporto ai propri giocatori.
Come prevedibile, nessuna campagna abbonamenti è stata annunciata dalla serie A.
Non c'è ancora la sicurezza necessaria per poter assicurare alle società e alle tifoserie di poter concludere il campionato come lo si è cominciato, per questo sui siti delle società sono stati pubblicati i listini con i prezzi per le singole partite. Precedenza agli abbonati degli anni passati, come sempre, ma ognuno dovrà acquistare il proprio biglietto per ogni singola partita.
Dalle parti di Casa Milan, l'eccitazione è doppia. I rossoneri tornano in Champions League dopo quasi dieci anni dalla loro ultima partecipazione, e i tifosi aspettano con ansia l'apertura delle biglietterie.
I prezzi sono troppo alti
Il rincaro dei prezzi previsti per le gare interne di Champions League contro Liverpool, Atletico di Madrid e Porto era prevedibile, soprattutto dopo un anno dove le società hanno dovuto fare a meno degli incassi dagli stadi e dove ora, a differenza dei campionati esteri, la riapertura degli stadi è ferma al 50% della capienza. Comprensibile, quindi, un rialzo del costo degli ingressi.
Ma quando i tifosi si sono accalcati sui siti e sulle biglietterie, già pregustando l’idea di tornare a sentire quell’aria che da tanto mancava alla Milano rossonera, l’amara sorpresa: il prezzo dei biglietti era ben più alto di quanto inizialmente preventivato, quasi insostenibile.
Le perplessità prima, e i commenti dopo, hanno fatto ben presto rumore sui social, ormai cassa di risonanza preferita dai tifosi di ogni squadra. Da chi mette a confronto le cifre con quelle proposte dall’Inter per la partita contro il Real Madrid, la più costosa tra le tre, a chi chiama in causa la società e chiede spiegazioni per questa sorpresa poco gradita.
La reazione del tifo organizzato
Non si fa certo attendere il comunicato della Curva Sud ad ufficializzare la posizione del tifo rossonero :
“Comprendiamo le esigenze di fare cassa visto l'anno e mezzo di stadi chiusi e l'attuale capienza ridotta al 50%, ma non possiamo accettare di vedere certi prezzi, specie da parte della nostra società che su questi temi si è sempre dimostrata sensibile”- Curva Sud Milano
La linea societaria è nota. Il fondo Elliot, proprietario del club, vuole raggiungere la sostenibilità e l’indipendenza finanziaria del club, in modo che possa reggersi sulle proprie gambe senza aver bisogno del costante aiuto della proprietà.
L’aver dovuto giocare un anno e mezzo senza pubblico ha danneggiato l’economia calcistica e i ricavi si sono abbassati, ma a venir meno è stata la fiducia in una società che fino a quel momento aveva ricevuto segnali di costante supporto dal suo pubblico, persino nella gestione del problematico rinnovo di Donnarumma, poi passato a zero al PSG pur di non cedere a richieste fuori dal mondo da parte di giocatore e procuratore.
Sono bastate meno di quarantotto ore. La protesta trova spazio su giornali e trasmissioni sportive, i commenti si rincorrono, tra dichiarazioni di addetti ai lavori che fanno notare come il listino sia in linea con il contesto europeo di un calcio che fatica a ripartire e chi critica la poca attenzione verso una schiera di abbonati che ha sempre risposto in modo più che positivo alla chiamata allo stadio.
Il nuovo comunicato della società
È l’amministratore delegato Ivan Gazidis, temporaneamente negli Stati Uniti per sottoporsi a cure intensive a seguito di una malattia, ad intervenire sulla questione e a comunicare la nuova decisione della società:
“Purtroppo stiamo ancora affrontando la difficile situazione dovuta alla pandemia e il Milan ha sofferto molto per l'assenza di pubblico allo stadio negli ultimi 18 mesi, in particolare per la mancanza dell'emozione e della straordinaria energia che i tifosi generano, ma anche per l'impatto sui ricavi e sulla posizione finanziaria del Club.”
Commenta in una lettera aperta alla tifoseria.
“Ho compreso chiaramente le vostre preoccupazioni e mi rendo conto che non siamo allineati nel modo equilibrato che auspichiamo. Pertanto, abbiamo rivalutato la nostra decisione e adegueremo i prezzi delle partite di Champions League a un livello che riteniamo comunque corretto. La vendita dei biglietti sarà quindi temporaneamente sospesa e riaperta a tempo debito con un approccio tariffario rivisto.” - Ivan Gazidis
Le parole dell’amministratore delegato rossonero riportano una chiara presa di posizione da parte della società, che dimostra di ascoltare la sua tifoseria e di venirle incontro per mantenere quel rapporto di fiducia reciproca instaurato dall’insediamento della nuova proprietà e che ha nel direttore tecnico Paolo Maldini il suo esponente di spicco.
Ma questa retromarcia non è che la punta dell’iceberg di una situazione economica condivisa da tutte le società di serie A.
L'Italia ad oggi resta l'unico dei grandi campionati ad aprire i propri stadi a capienza ridotta, mentre nel resto d'europa i club possono riempire ogni singolo posto a sedere e vendere quindi i propri biglietti a prezzi più ridotti contando su un ritorno economico se non in linea con gli anni precedenti, comunque ottimale.
È in questa ottica che quindi va vista questa decisione e la sua quasi immediata ritrattazione, come l'ennesimo tentativo del calcio italiano di non sprofondare al confronto con le altre realtà europee.
Il sistema calcio è in crisi
Dopo un anno e mezzo di chiusure, rinvii, incontri a porte chiuse, ci si ritrova di fronte un calcio dove l'Inter, fresca vincitrice dello scudetto, invece di rinforzare la squadra in funzione della partecipazione in Champions League, deve salutare il suo allenatore Antonio Conte, e due giocatori fondamentali come Lukaku e Hakimi per risanare le casse di una società che durante lo scorso campionato non era nemmeno in grado di pagare gli stipendi ai propri tesserati.
Un calcio che vede, a poche ore dalla fine del mercato, Cristiano Ronaldo lasciare la Torino bianconera per tornare a Manchester, sponda United. Comprato a più di cento milioni, venduto a nemmeno un quarto di quanto la Juventus l’aveva profumatamente pagato pochi anni prima, senza una sostituto di eguale spessore.
Un calcio dove i colpi di mercato sono un ricordo, e i giocatori passano da una squadra all’altra con prestiti pluriennali, dove i rinnovi di contratto sono veri e propri bracci di ferro con procuratori che non si fanno scrupolo a richiedere commissioni altissime per lasciar apporre al proprio assistito una firma o imbarcarlo sul primo aereo diretto verso più ricchi lidi.
Sono loro, calciatori e procuratori a non risentire per nulla della situazione economica attuale. Mai come quest’estate si sono visti calciatori andare via a zero, senza rinnovare contratti e portare preziosa liquidità nelle casse dei loro club. A riempirsi sono solo le loro tasche, ricoperti d’oro sotto forma di lauti contratti che solo due o tre club in europa possono offrire, impoverendo campionati e dando la spinta ad un domino che rende le stesse leghe nazionali sempre meno interessanti a livello internazionale e quindi a ricavare meno dalle varie televisioni estere che ne acquistano i diritti di trasmissione.
Il caso Superlega
La Superlega, mitica suggestione che da anni rimbalza sulle scrivanie dei dirigenti, improvvisamente viene annnunnciata. Ne faranno parte i club più prestigiosi per infondere nuovi liquidi in un sistema al collasso.
E' uno scossone nel mondo del calcio senza precedenti, che viene visto però come un ammutinamento di chi non vuole più sottostare alle regole sempre più stringenti dell'UEFA, che vuole aumentare il distacco tra l'elite del calcio grazie ad incassi faraonici promessi dagli organizzatori e il resto dei club d'europa.
Davanti a questa rivendicazione, all’allarme che le società avevano lanciato, ci si è trovati di fronte il muro di chi, sventolando la bandiera del il calcio appartiene ai tifosi rivendicava l’immobilismo di uno status quo che nei fatti è insostenibile.
Insostenibile perché l’esistenza di un financial fair play ha di fatto cristallizzato una situazione dove club con un’illimitata disponibilità economica si possono contare sulle dita di una mano, mentre il resto dell’Europa resta a guardare mentre si lancia in acrobazie finanziarie per far quadrare i conti.
E all'estero?
Le utopie possono poco di fronte alla realtà dei fatti, quella realtà che in un calcio post lockdown vede il Psg permettersi di rifiutare un’offerta di ben centottanta milioni di euro per Mbappé, accettando probabilmente di lasciarlo andare l’anno successivo al Real Madrid senza intascare un euro.
La liga spagnola ha introdotto un "salary cap" per le proprie società, imponendo per le squadre di prima e seconda divisione un limite di costo della rosa sportiva, variabile ogni anno, che sta limitando il potere di acquisto delle big spagnole.
In particolare il Barcellona è una delle squadra che più ha subito il danno della pandemia e ha visto quasi dimezzarsi la cifra consentita per l'attuale campionato. Dimezzamento che ha portato al sofferto addio di Lionel Messi, che anche rinnovando e rimodulando il contratto non avrebbe più potuto, seguendo le regole del tetto imposto, giocare nel club in cui ha miliato per tutta la sua carriera.
Il dislivello economico è evidente, se pure una potenza come la squadra catalana è costretta a cedere il suo giocatore simbolo e il PSG può permettersi di acquistarlo promettendo più di trenta milioni di stipendio, rendendolo la nuova, splendente stella di una squadra che assomiglia sempre di più ad una ricca cattedrale nel deserto del campionato francese, campionato che, nonostante non abbia all’apparenza avversari degni di questo nome, non è riuscito a portare a casa.
Una sola eccezione, quella della Premier League. Il campionato inglese, pur avendo anch’esso subito perdite ingenti, stimate in più di un miliardo di sterline, è riuscito comunque a mantenersi a galla, incassandone più del doppio. L'organizzazione della Premier League è sempre stata la realtà a cui ambire, il modello da imitare per tutte le altre realtà calcistiche, ma la pandemia rischia di allargare una forbice dove le società inglesi possono davvero prendere il comando del calcio europeo.