Se l’attesa dell’arrivo della terza stagione di Sex Education ci abbandona e ritrova, al tempo stesso, agitati e impazienti, quella che dovrebbe (doveva) essere la sorellina minore polacca Sexify ci amareggia e lascia a dir poco scontenti. Questa, quanto meno, è la mia opinione.
Già, perché parlare di sesso non è per forza complicato, non deve per forza avere sempre davanti enormi ostacoli da superare.
Il sesso è solo un argomento come un altro, riguardo cui ognuno di noi nutre un’opinione, dubbi, idee. Sex Education era eroicamente riuscito a parlare di sesso in modo completo, intelligente, divertente e fresco (che si usa dire ultimamente). I personaggi erano sfaccettati, e con loro si assisteva al lento e doloroso percorso di esplorazione del proprio corpo e delle conseguenti palpitazioni.
Sexify, invece, ci lascia soli in un mare di cui gli stessi sceneggiatori sembrano non sapere un granché.
Vi lascio, come sempre, il trailer di youtube della miniserie, che potete recuperare nel canale ufficiale di Netflix.
La trama, e il debole collegamento tra orgasmo femminile e Sex Education 3
Per poter capire l’insoddisfazione provocata, o meglio, per poter comprendere per quale ragione io senta di affiancare a una vicenda complessa, ricca di nozioni interessantissime e al tempo stesso essenziali, come Sex Education è a tutti gli effetti, una storia piú scadente anche se volenterosa Sexify, devo innanzitutto raccontare quello che avviene (o dovrebbe avvenire) nel corso degli otto episodi della serie Netflix.
Incontriamo innanzitutto Natalia (interpretata da Aleksander Skrab), studentessa di informatica talentuosa e geniale che, da ormai tre anni buoni, sta lavorando ad un’app per monitorare e migliorare il sonno, nella speranza di vincere un concorso dell’Università di Varsavia a sostegno delle start up.
Questo programma viene velocemente spazzato via quando si confronta con il professore, il quale le anticipa che non potrà essere scelto il suo progetto, ma che anzi deve trovare un tema piú, per cosí dire, sexy.
Ecco che la nostra Natalia, demoralizzata e in crisi, giunge alla conclusione che c’è solo una cosa che interessa a tutti (fuorché a lei): il sesso. In questa ricerca, la protagonista è affiancata dalla sua migliore amica Paulina (Maria Sobocińska), ultracattolica e promessa sposa di un militare, prima e unica relazione della sua vita, ma con ancora tanta confusione in testa.
Non solo, Nadia viene anche aiutata da Monika (Sandra Drzymalska), ricchissima ma totalmente disinteressata alle lezioni, a cui preferisce il sesso occasionale e la vita mondana.
Se il sesso è la miccia iniziale, velocemente il fulcro della ricerca diverrà il raggiungimento dell’orgasmo femminile, oscura presenza che incombe in ogni rapporto sessuale.
Quel che è stato detto fino ad ora è oggettivo e converranno con me sia coloro che hanno amato Sexify, sia coloro che hanno urlato all’insulto ricordando e attendendo con ancora piu desiderio Sex Education, da questo momento in poi invece andremo a parlare di ben piu personal giudizi.
Orgasmo femminile e Sex Education: solo stereotipi
Come ogni serie Tv che non ha molta voglia di guardare oltre il proprio selciato, anche Sexify, diretta da Kalina Alabrudzinska e Piotr Domalewski, ricade nelle classiche figure preconfezionate, tutte macchiette ormai difficili da sopportare.
Prima fra tutte Natalia, la protagonista della serie a cui si sarebbe dovuto quindi tentare di costruire un profilo psicologico un filino più complesso di quello che invece mi è toccato vedere. Nadia studia informatica, e ciò a cui si dedica la appassiona molto. Sappiamo poi che deve mantenersi lavorando in un negozio che ripara computer e… nient’altro.
Nulla la interessa né la disgusta, passa davanti alla vita totalmente indifferente. Non parliamo poi del tema del sesso che, nonostante venga scelto per le ricerche, non solo non ne sa nulla, ma non prova per esso il ben che minimo interesse. Tanto meno per l'orgasmo femminile.
Ha dei chiari tratti autistici, anche solo per l’evidente incapacità di dialogare e comprendere le emozioni di chi le sta intorno, e potrebbe con tutta probabilità essere asessuale (aspetto della sessualità sicuramente poco conosciuto e di cui sarebbe curioso vederne parlare in una miniserie diretta ai giovani, come era già stato fatto da Sex Education).
Invece no, Nadia sembra essere solo una tipa un po’ goffa e strana, senza un momento di autoanalisi e riflessione.
Non che gli altri personaggi possano invece vantare un’incredibile molteplicità di colori nella loro anima.
L'amica Paulina appare passiva, infelice come tante, ma priva di una propria voce come poche.
A conti fatti quella un po’ piú irriverente, Monika, è l’unica con almeno un paio di problemi chiari e definiti, nonostante anche in lei le assurdità si faticano a contare (pensiamo al fatto che lei non vada mai a lezione, se ne freghi di tutto per poi, in una sola scena, priva di spiegazione, dimostra di essere in grado di risolvere anche problemi matematici di estrema difficoltà, per poi non parlarne piú.
Non si racconta così un personaggio, questo è proprio un problema di scrittura!).
Orgasmo femminile: Molto rumore per nulla! Non c’è paragone tra Sexify e Sex Education
Se l’escamotage di raccontare il sesso dal punto di vista di una giovane ragazza inesperta potrebbe essere divertente (seppur non originalissimo), ciò che si ottiene è veramente un risultato inconsistente.
Iniziamo a guardare Sexify convinti di stare per godere di una miniserie realmente provocatoria, forse un po’ piú leggera di Sex Education (che comunque non ha mai avuto la pretesa di gareggiare con Espiazione, ça va sans dire). Invece di orgasmo femminile non si parla mai!
Guardando Sex Education chiunque ha scoperto, imparato qualcosa di nuovo, o quanto meno si è riuscito a riconoscere in un disagio particolare e sottile al tempo stesso. Sexify risulta invece inconsistente, tutto chiacchiere e distintivo, per intenderci.
Non viene mai trattato nel profondo l'argomento dell'orgasmo femminile, e tutto quello che riguarda il sesso inizia e finisce nel “divertente” copulatorio: la stanza dove vengono fatti i vari esperimenti, per cosí dire.
Quando ci rendiamo conto che non abbiamo idea di quale tema stia dominando la narrazione, beh, è lì che abbiamo un primo vero problema.
Per offrirvi qualche altro punto interessante, vi lascio il video youtube di Parole Sporche, pubblicato nel suo canale Youtube.
Qualche nota positiva sulla miniserie che vorrebbe parlare di orgasmo femminile?
Se desidero vedere la buona fede dietro la scelta della tematica, senza voler considerare l’ipotesi che l’orgasmo femminile sia solo uno specchietto per le allodole per riscuotere attenzioni, allora il primo pregio sarà sicuramente la buona intenzione di voler raccontare il sesso da un punto di vista poco incluso.
I personaggi poi, sono comunque poco pretenziosi, molto semplici e simpatici.
La totale assenza di spessore permette quindi un clima rilassato durante la visione, nonostante le puntate durassero decisamente troppo (circa 50 minuti l’uno) per una miniserie che era evidente non potesse mantenere lo spettatore vigile cosí a lungo.
Infine, nonostante abbia criticato i personaggi principali per essere stati scritti con i piedi, trovando tre ragazze totalmente prive di storia e spessore, sempre sulle tre ragazze ho un grande apprezzamento da fare: sono ragazze normalissime, con corpi normalissimi.
Almeno da questo punto di vista, se in Sex Education, pur rappresentando tantissime identità diverse, l’escamotage dell’unicità veniva raccontato attraverso personaggi non semplicemente unici, ma quasi irraggiungibili, in Sexify chiunque può rivedersi in quei copri comuni, veri, in quello stile annoiato e ripetuto, in capelli sistemati alla meno peggio.
Non sono fanatica del racconto di donne dolcemente complicate, che anzi mi sta stretto e mi svilisce.
Preferisco però una studentessa universitaria in cui riesco a riconoscermi, in stanze disordinate e mutante non abbinate al reggiseno.
Quella è casa.
Orgasmo femminile: tra familiari e uomini
Anche i genitori delle varie protagoniste risultano bidimensionali, immaturi e usciti da qualche film di basso livello dei primi anni Duemila, per non parlare degli inspiegabili rapporti che si creano – la mamma di Monika e Paulina, e qui mi fermo-.
Gli uomini poi, risultano un unico elemento per permettere alle figure femminili rispecchiarsi, reagire, raccontare qualcosa di loro stesse.
L’unico che vede un attimo di piú luce è forse solo Adam (sì, è interpretato da Jan Wieteska, e non mi tratterrò dal dire anche io a gran voce che è la fotocopia di Timothée Chalamet), il giovane ragazzo che, insieme alla sorella, gestisce un sexy shop.
Per il resto, dai vari padri, ai professori universitari delle ragazze, tutti sembrano avere l’astuzia e l’etica di un bambino di otto anni. Esattamente come la conoscenza dell'orgasmo femminile.
Conclusioni su Sexify: la serie che dovrebbe parlare di orgasmo femminile e invece parla al vento
Non è la peggior serie che io abbia visto, ma sicuramente rimane in basso nella classifica.
Ancora una volta, Netflix, nel tentativo di ampliare il suo panorama (come abbiamo già visto con Zero e con Blood and Water), finisce per scegliere schemi prefissati, senza preoccuparsi di quale sia la reale voce di un paese diverso.
Si poteva parlare davvero di orgasmo femminile, o si poteva dare un ultimo sguardo a Sex Education (che tanto si parte da lì, è inutile fingere che non sia cosí) e cercare di capire cosa funziona, perché è tanto amata come serie, e poi cercare, se non di fare meglio, almeno di fare qualcosa che racconti davvero di Varsavia, davvero delle giovani polacche, che parli davvero a qualcuno.
Invece hanno scelto un tema che non conoscevano, o che li imbarazzava, o che non avevano poi cosi voglia di affrontare.
Nota spiritosa che però mi ha stupito: la voce sensuale (che sembrava venire da un’altra epoca) che accompagnava le varie scene con frasi provocanti.
Se solo questa sfacciataggine fosse stata utilizzata anche per parlare seriamente della sessualità. Sexify rimane una serie a metà, né pessima né buona, né illuminante né totalmente idiota.
Sa solo quello che non é.