Zero: l'originalissima serie Netflix: ecco il significato!

Zero é una serie Tv nuovissima sia nel senso che é uscita di recente, sia dal punto di vista di innovazione. I temi trattati, infatti, pur rimanendo in parte di natura classica, come ad esempio il bisogno di trovare la propria strada, vengono affiancati da aspetti invece molto più originali e inaspettati.

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Zero è una serie Tv italiana uscita sulla piattaforma Netflix mercoledì 21 aprile 2021.

Pubblicizzata con largo anticipo su tutte le pagine social della piattaforma, noi appassionati delle miniserie ci siamo trovati estremamente incuriositi.

Cosí, appena scattato l’orario X, mi sono cimentata nella visione di questa storia, finendo in un solo colpo tutte e otto le puntate (complice anche la durata breve delle stesse).

Prima di parlarvi della vicenda però, vi lascio come sempre il trailer di Youtube di Netflix (Zero | Official Trailer | Netflix), che vi introdurrà alla 8 sorprendenti puntate. 

La serie, che si ispira al romanzo Non ho mai avuto la mia età di Antonio Dikele Sistefano (il quale è anche ideatore della serie TV), racconta la storia di Omar, italiano di seconda generazione, che guadagna qualche soldo facendo il porta pizze, ma con l’ambizioso sogno di vivere disegnando i suoi fumetti.

 In questi fumetti, racconta la storia di un supereroe, Zero, appunto, che altro non è che l’alter ego dell’autore stesso. Nei fumetti racconta un Omar diverso, piu coraggioso, irriverente, o forse semplicemente un Omar protagonista.

Proprio cosí, perché il tema centrale, per non dire fondamentale, è proprio quello del visibile e dell’invisibile.

Zero, una nuova realtà

Quella che vuole essere mostrata è proprio una realtà che, prima d’ora, era sempre stata messa un po’ “da una parte”, e che in Zero prende invece tutta la luce che merita.

Se prima si pensava a Milano unicamente come metropoli di moda e di lusso, ecco che questa volta ci viene raccontata non solo quell’aspetto, ma anche il Barrio (quartiere in periferia dove vive il nostro protagonista e quelli che diventeranno i suoi nuovi amici). Ma anche la dura realtà degli italiani di seconda generazione, del razzismo che pare sempre un grande tabù eppure vive nelle strade di ogni città senza il minimo imbarazzo.

Il Barrio, che viene raccontato con dolore ed orgoglio in questa serie TV, tanto nemico quando fratello da difendere con le unghie e con i denti, ha avuto, prima di Dikele Sistefano, un altro grande portavoce della realtà di periferia, mi riferisco a Mahmood, ma anche a Marracash, che in passato raccontò attraverso i testi delle sue canzoni la vita in totale contrapposizione con l’agio di città, della sua quotidianità nella Barona.

Le musiche di questi due artisti, tra l’altro, faranno da contorno caratterizzante dell’intera serie TV.

Ecco, ad esempio, il video Youtube della canzone di Mahmood scritta appositamente per la serie TV, che immerge subito gli ascoltatori nell'atmosfera della serie:

Zero, il suo super potere

Se, in principio, ho iniziato a guardare la serie TV con il classico atteggiamento sospettoso che solo una spettatrice prevenuta può avere, ricredermi è stato inevitabile e velocissimo.

Metto le mani avanti con due punti fondamentali: no, non ci sono attori di cui avevamo bisogno; eccezion fatta forse solo per Giuseppe Dave Seke, che nella serie interpreta proprio Omar/ Zero, di cui è impossibile negare la bellezza e la simpatia. 

I protagonisti immagino fossero quasi tutti alla loro prima esperienza, per cui ha pagato il prezzo piú alto il sonoro (nel senso che alcuni di loro si mangiavano decisamente le battute, o comunque articolavano poco, e dunque seguire i dialoghi non è stato sempre semplicissimo).

La forza principale delle serie Tv è infatti la storia in sé per sé, veloce, dinamica, freschissima.

È vero, i protagonisti sono adolescenti

È vero, le soluzioni ai conflitti e ai problemi a volte non ci convincono un granché.

Ciononostante, ho finito la serie in una sola botta, nonostante fossi stanca e nonostante non fosse il mio genere preferito. Probabilmente è stato anche merito delle puntate, brevi ma comunque ricche di eventi capaci di coinvolgere lo spettatore anche più distante.

Qui si parla di supereroi. Omar, infatti, possiede un super potere: la capacità di diventare invisibile.

Essere invisibile, essere uno Zero

Il concetto del non essere visto, sia nel senso piu filosofico del termine, che nel senso invece pratico, come di essere perso nella folla, è essenziale per questa vicenda, che pretende di far coesistere al suo interno sia tematiche di ordine sociale, come appunto il già citato razzismo o, ancora, la corruzione; sia tematiche sovrannaturali.

Questo dualismo surreale non può che riportarci alla mente lo splendido Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) con cui la serie condivide anche lo sceneggiatore Menotti.

“Essere scambiato per ciò che non sei, o non essere visto affatto?”

Queste sembrano essere le uniche due possibili scelte di fronte al giovane Omar, che fino alla svolta imprevedibile della serie, pare (e non solo) doversi dividere tra stereotipi, come l’emblematica scena in cui arriva alla festa di Anna (Beatrice Grannò), o semplicemente non essere considerato.

Il significato del superpotere di Zero

Il valore che sento di riconoscere a questa serie TV è sicuramente da ricercare nella simbologia del racconto, che non è una semplice storia di supereroi, quanto più quella di un messaggio che, se ancora non ci è del tutto chiaro, avrà (come ci è dato da intendere nel finale) una spiegazione piu concreta nel futuro della storia.

Per chiarire meglio il mio ragionamento però, è necessario introdurre un altro personaggio della storia. 

Mi riferisco ad Awa, la sorella di Omar (interpretata da Virginia Diop).

Se scopriamo quasi subito la capacità di scomparire di Omar, di Awa ci viene solamente mostrato il suo evidente peggioramento della vista. Lo spettatore, non sospetta nulla, né si pone particolari quesiti al riguardo.

Solo proseguendo con la storia ci sarà possibile notare la strana coincidenza tra i momenti in cui Omar si trasforma e quelli in cui Awa inizia ad avere problemi agli occhi.

E dunque Omar scompare e fa scomparire, mentre Awa smette di vedere e riesce ad accecare.

Non sono solo romantiche e soggettive realtà dei fatti però, ma anche interpretazioni che ho letto io, e forse non solo io.

Dunque ci accorgiamo che Omar, durante i primi tentativi di controllare la sua capacità sovraumana, perde il controllo e ridiventa visibile nel momento in cui rincontra la sua innamorata Anna.

A questo, aggiungiamo l’informazione ricevuta fin dall’inizio, ovvero che, la prima volta che Omar è divenuto Zero, è stato quando la madre (che esiste nella storia solo attraverso il romantico ricordo del figlio) esce violentemente dalla vita del ragazzo e della famiglia. Il passaggio non è chiaro, e ci viene mostrato con immagini frammentarie del ricordo che il giovane Omar ha dell’evento.

Quello che sappiamo è però chiaro: scompare per la prima volta nel momento in cui l’unica persona che riusciva a vederlo (e in un certo senso, comprenderlo) lo abbandona; e ricompare quando fa la conoscenza della prima persona che riesce a percepirlo senza tutte quelle sovrastrutture che la società, inevitabilmente, ci impone.

Zero, la forza di volontà 

Altra tematica centrale della vicenda è proprio quella del coraggio.

Zero si presenta a noi come un ragazzo che siamo stati tutti, almeno una volta nella vita. 

I sogni ci sono e ci vengono raccontati fin dalle prime scene: Omar sta risparmiando un po’ di soldi per partire e andare a vivere all’estero, nella speranza di riuscire, fuori dall’Italia, a vivere della sua grande passione per il fumetto.

“Sei uno col grande sogno che però non si realizza mai”

Commenta tagliente Anna durante la prima conversazione con Omar (di una simpatia irresistibile, n.d.r.).

Al di là della sfacciataggine di Anna, che io ho trovato il più delle volte antipatica e superficiale, il percorso che si presenta davanti ad Omar, che sicuramente riceverà la spinta finale dalla ragazza, non è solo quello di diventare un supereroe, ma quello di divenire proprio la persona che deve essere. 

Zero in questo senso rappresenta la persona che già si sta sviluppando dentro il ragazzo, la persona che può essere e diventare, nel momento in cui riuscirà a superare i limiti che solo lui (e il mondo) ha imposto a se stesso.

“Se la strada potesse parlare, ti direbbe fallo”

Oltre a lottare per i propri sogni, che nel caso di Omar possiamo racchiudere nel desiderio di partire e lasciare il Barrio, quel quartiere da cui non si sente rappresentato o in cui non si sente visto, c’è poi anche la lotta proprio per la propria casa che, ironia della sorte, è lo stesso Barrio da cui Omar vorrebbe andare via.

Come però sappiamo bene, la casa non sono quattro mura. Al massimo, volendo essere poetici, la casa è custodita da quelle quattro mura. La lotta che animerà le puntate, senza scendere nei dettagli, non è una lotta per rimanere nel Barrio perché ai protagonisti piace tantissimo vivere lì, è una lotta per smettere di essere invisibili, per essere accettati, per pretendere il rispetto che dovrebbe essere scontato e poi non lo è mai.

Le criticità nella serie TV Zero

Soprattutto nelle prime puntate, forse per colpa del mio sguardo attento e sospetto, ho faticato a credere a ciò che mi veniva raccontato, e ho notato una serie di fatti che, per quando mi riguarda, erano decisamente poco credibili. Non sono una persona attaccata alla realtà, la storia di un ragazzo invisibile che si muove per le strade del Barrio la accetto e riesco a goderne.

Ciò che invece mi stona è, ad esempio, l’immagine di un porta pizze che entra nella casa di una cliente senza chiedere il permesso, e rimane seduto per ore a farsi i fatti sue come se nulla fosse. Ancora più surreale, l’immagine della cliente che torna dopo un presumibile lasso di tempo significativo, e non ha alcuna reazione, se non una minima sorpresa iniziale. Ma forse sono io, eh.

Purtroppo (o per fortuna), la storia d’amore tra Omar e Anna mi è parsa un po’ troppo “data per scontata”. Non ci affezioniamo mai al loro romantico corteggiamento, litigano e si riappacificano quasi come se a noi poi dovesse interessare qualcosa. Sicuramente è stata sacrificata per dare più spazio alla vicenda della lotta per il Barrio, ma questo non toglie il punto a sfavore.

Zero Conclusioni

Alla fine di queste riflessioni, mi sento di consigliare questa serie TV, nonostante tema non avrà il successo che meriterebbe rispetto ad altre produzioni che, siamo oneste, non meritavano tanto rumore.

Non è forse la cosa migliore che si può trovare su Netflix, ma è originale, e sicuramente molto diversa da ciò che solitamente ci viene proposto, soprattutto quando si parla di serie per adolescenti.

Parla di chi non parla mai nessuno, e per questo è importante stare ad ascoltare.

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