Le Fonti CEO Summit, Brand e Marketing relazionale: strategie per il successo

Brand e marketing relazionale come chiave di successo per le imprese sono stati i protagonisti del secondo CEO Summit organizzato da Le Fonti.

La centralità del brand e la consapevolezza dell’importanza di avere una forte brand identity non nascono di certo oggi. Dalla fine degli anni ’80 le aziende cominciano a caricare il prodotto di valori aggiunti rispetto alla qualità (che resta comunque il requisito base) per aggiudicarsi la fedeltà del consumatore

Ma oggi le aziende si muovono in un orizzonte di mercato molto più complesso: il consumatore è più consapevole rispetto alle proprie scelte e può sfruttare il web come potente mezzo di informazione che gli permette di scoprire cosa davvero si nasconde dietro un brand, condividendo le proprie valutazioni con altri utenti in gruppi di discussione. 

Di conseguenza, per migliorare il tasso di fidelizzazione verso il brand, diventa fondamentale adottare strategie di marketing relazionale che permettono di garantire esperienze di valore e personalizzate.

Brand e marketing relazionale protagonisti del CEO Summit Le Fonti

Lo stretto legame tra brand e marketing relazionale è stato al centro del Ceo Summit organizzato dal Gruppo Le Fonti giovedì 6 ottobre a Milano, presso Palazzo Mezzanotte (sede di Borsa italiana) e che ha visto protagonisti del dibattito Oscar Dalvit, CEO e Presidente di Migastone e Gaetano Grizzanti, CEO di Univisual. 

Per affrontare questa tematica, è necessario innanzitutto fare chiarezza sulla terminologia ed evitare l’errore comune di confondere il brand con il logo. Quest’ultimo è solo il segno grafico, l’immagine, mentre il brand racchiude i valori che si vogliono esprimere, il modo in cui si viene percepiti dal pubblico. E, mentre tutto il mondo cambia, la coerenza dell’identità di impresa deve essere un punto fermo, quasi immutabile, come sottolinea Grizzanti

Quando il marchio diventa un’identità in grado di entrare in sintonia con il proprio pubblico si trasforma in marca. Non si deve commettere l’errore di farsi influenzare eccessivamente dall’esterno e acquisire valori che non sono propri dell’azienda solo per seguire un trend, una moda”. In sostanza, dobbiamo pensare al brand come al tratto caratteriale di una persona che la connota nel tempo: “Se all’inizio ho scelto di essere un brand “bastardo”, di avere una connotazione aggressiva, poi non posso tornare sui miei passi per adeguarmi alle leggi del politically correct, pena la totale perdita della mia identità e quindi della credibilità. 

Brand identity e marketing relazionale, i pilastri alla base di una duratura relazione col cliente

Avere una chiara idea di sé stessi per comunicarla agli altri in maniera efficace, riuscire a porsi nelle relazioni con il cliente in modo coerente: scatta qui il legame tra brand e marketing relazionale. La costruzione di relazioni durature con i clienti è oggi una delle chiavi più importanti per il successo imprenditoriale.

Soprattutto negli ultimi anni, sono state messe a punto diverse strategie per rendere personalizzata e di valore l’esperienza dei consumatori, senza farli sentire “vittime commerciali” durante il loro viaggio da quando entrano in contatto con l’azienda fino al momento dell’acquisto. 

Ma quanto è grande la rete delle relazioni? Per molti anni il calcolo è stato fatto a partire dalla legge delle 250 persone elaborata dall’americano Joe Girard, il più grande venditore al mondo, capace di entrare più volte nel libro dei Guinness World Record. Negli anni Cinquanta, chiede a più riprese ad alcuni impresari di pompe funebri e organizzatori di matrimoni come sapessero quanti libretti stampare per la messa, ricevendo, sulla base dell’esperienza, sempre la stessa risposta: 250. Ovvero la media degli individui che una persona conosce abbastanza bene. 

Oggi, però, i social media hanno moltiplicato il numero delle connessioni e, di conseguenza, ampliato a dismisura la vastità della rete su cui ciascuno esercita la propria influenza. La rete ha cambiato in maniera profonda le nostre relazioni, ma per Oscar Dalvit la centralità del fattore umano persiste:

Non dobbiamo dimenticare che alla base delle relazioni c’è sempre la fiducia. Un algoritmo non può creare quella connessione che appartiene solo al rapporto umano. Creare una buona relazione umana con il cliente può portare davvero a fare la differenza

Strategie di marketing relazionale, servizi personalizzati e premi fidelity

Le strategie del marketing relazionale sono in continuo aggiornamento. Una delle più efficaci è quella di fornire un servizio personalizzato al cliente, il che significa orientare ogni azione ai reali bisogni e interessi dell’interlocutore, capire quali sono i problemi che vuole risolvere. Se è vendere l’unico scopo di un’azienda, questa continuerà a vedere le persone solo come portafogli con gambe e braccia. Ma tra parlare a delle persone e parlare a dei consumatori c’è una bella differenza.  

Un’altra mossa è quella di offrire incentivi e ricompense per la fedeltà. Prosegue Dalvit:

Le aziende di successo sono quelle che hanno capito che la chiave per la crescita risiede nelle relazioni durature con i loro clienti. Non nego che è un lavoro duro, in termini di tempo, energia, ascolto attivo. Un lavoro che darà le sue più grandi soddisfazioni nel lungo periodo, ma sin da subito ci si può accorgere del cambiamento positivo che subiranno le vendite e il modo di fare affari.

Mettere in campo le strategie e i comportamenti giusti di certo aiuta. Ma è anche vero che, a parità di condizioni e di qualità per prodotto o servizio offerto, è il brand la chiave per emergere tra una concorrenza sempre più numerosa e agguerrita. O almeno questa è la visione di Grizzanti:

Non si può pretendere di avere successo senza avere un’identità chiara e trasparente, che emerge in maniera evidente. Ancora oggi vado sui siti delle aziende e non capisco come l’azienda è nata, chi la governa, da dove arriva. Non sono piccoli particolari, in realtà fanno una grande differenza tra un futuro di prosperità o la scomparsa dal mercato. 

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