Azionario bene, ma non benissimo

L’inizio di settimana è stato di quelli che dimostrano la voglia di fare, anche se non arrivano grandi risultati.

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L’inizio di settimana è stato di quelli che dimostrano la voglia di fare, anche se non arrivano grandi risultati. L’azionario globale è stato frenato ieri dall’ennesimo flop degli indici cinesi, che sono stati ancora una volta respinti dalla resistenza situata sull’indice di Shanghai in area 3.500 punti, che da metà marzo ha già ricacciato indietro per ben 5 volte i tentativi di recupero dell’azionario dai minimi  della scivolata correttiva di oltre il -10% avvenuta dal 18 febbraio al 9 marzo.

Gli indici europei hanno così dovuto affrontare la prima seduta della settimana combattuti tra la voglia di agganciare l’entusiasmo americano, che venerdì sera aveva portato l’indice SP500 a migliorare il suo record storico e concludere ufficialmente la mini-correzione, e la cautela che consigliano le incertezze asiatiche, su cui pesa la disastrosa situazione sanitaria indiana, che da qualche giorno ha raggiunto il collasso, con un ritmo di 350.000 nuovi contagi al giorno da parte di una nuova variante di Coronavirus che pare ancora più contagiosa di quelle finora osservate, mentre le riserve di ossigeno stanno scarseggiando e si vedono malati abbandonati per le strade e corpi di defunti bruciati in crematoi di fortuna a cielo aperto.

Ne è uscita una seduta attendista, con l’indice Eurostoxx50 in frazionale risultato positivo (+0,19% a 4.021 punti), ma incapace di colmare il divario di 20 punti che ancora lo separa dal suo massimo annuale del 19 aprile scorso. In Europa hanno faticato maggiormente il Dax tedesco, nonostante le indicazioni macroeconomiche segnalino un irrobustimento delle aspettative di crescita in Germania, e il Cac francese. Hanno invece segnato rialzi più robusti l’indice italiano FtseMib (+0,52%) e quello spagnolo Ibex (+0,97%), entrambi favoriti dalla buona seduta del comparto bancario e dal fatto che forse gli investitori, una volta constatato che la Corte Costituzionale tedesca ha benedetto il Recovery Fund europeo, consentendo la reale partenza del piano Next Generation EU, cominciano a ruotare un po’ i loro investimenti verso i paesi maggiormente innaffiati dalla futura pioggia di miliardi, che sono appunto Italia e Spagna. Del resto ieri è avvenuta in pompa magna, con tanto di discorso ispirato di Draghi e standing ovation da parte della sua maggioranza, la presentazione al Parlamento della prima versione ufficiale del Recovery Plan italiano, che in italiano si chiama Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Un evento che anche la Borsa ha voluto applaudire, sebbene i tempi di atterraggio dei benefici per la crescita italiana, di cui Draghi si è detto certo, siano piuttosto lunghi e non privi di rischi. Il Piano è infatti di 6 anni, fino al 2026, e verrà finanziato solo in base allo stato di avanzamento accertato dei vari progetti. I rischi consistono nella cronica incapacità di pianificare e di realizzare i progetti da parte della nostra Pubblica amministrazione, che tradizionalmente restituisce alla UE ogni anno percentuali significative di finanziamenti europei non spesi nei tempi e nei modi previsti. Perciò, per non deludere le speranze, occorreranno parecchie pesanti riforme alla nostra burocrazia. Quelle riforme che si promettono da 30 anni e mai si sono viste.

Le perplessità asiatiche ed europee non hanno certo alimentato l’entusiasmo in America.

Gli indici USA hanno dovuto cercare al proprio interno le motivazioni per estendere ancora il rialzo, e ci sono riusciti solo in parte. Non l’indice Dow Jones, che ha chiuso col segno negativo (-0,18%). Benino l’indice SP500 (+0,22%) che, in una seduta tra le meno volatili della sua storia, ha provato a superare il massimo storico di venerdì scorso, ma è solo riuscito a ripeterlo, prima di arretrare di qualche punto. Bene invece il Nasdaq100 (+0,61%), dove si è scommesso sulla positività delle trimestrali dei big tecnologici in arrivo oggi (Microsoft e Alphabet) e domani (Apple e Facebook). In deciso rialzo (+1,18%) anche il Russell2000 delle small cap, che ha superato l’ultima resistenza di 2.280 punti che ostacolava il ritorno alla vetta storica dei 3.360 punti. 

Questa panoramica ci fornisce l’impressione che in USA la voglia di salire ancora sia intatta, ma manchi il carburante delle motivazioni.

Dovranno provvedere i numerosi eventi dei prossimi giorni, a partire dalle trimestrali, in questa settimana che ospiterà il grosso degli annunci societari (ben 180 delle 500 società dell’indice SP500).

Domani avremo poi il “momento FED” alle 20, con le decisioni di politica monetaria e, successivamente, la Conferenza Stampa di Powell, che servirà ai mercati a decifrare la durata futura dell’attuale accondiscendenza monetaria assoluta. Giovedì arriverà anche la prima stima del PIL USA del primo trimestre 2021, che gli analisti prevedono ottimisticamente issarsi fino al tasso annualizzato di crescita del +6,5%, oltre due punti in più del già ottimo +4,3% del trimestre precedente.

E’ vero. Il mercato sta già scontando che tutto vada per il meglio e le attese vengano rispettate. Anche questa assoluta confidenza, che rasenta la temerarietà, è tipica delle onde (3), che l’indice SP500 sta sviluppando. Non durerà per sempre. Se qualcosa di importante andasse di traverso, la delusione coglierebbe un mercato sguarnito di protezioni, ed allora potrebbe partire una correzione ben più significativa di quelle che abbiamo visto nell’ultimo anno. Ma se il castello emotivo riuscirà a stare in piedi ancora per qualche settimana, l’obiettivo da raggiungere è in area 4.400 punti dell’indice SP500.