Azioni Eni: prezzo in salita con la benzina. Come investire?

Le azioni Eni S.p.a. sono in salita e puntano ai massimi di 15 euro di toccati a marzo. Cosa fare? Meglio venderlo o comprare? Il parere degli esperti.

Le azioni Eni salgono ancora. Non solo aziende come Leonardo che vendono armi stanno guadagnando con la guerra. In salita anche le società petrolifere che seguono il prezzo sempre più alto dei combustibili fossili. Ed Eni è tra queste. La domanda giunge subito al fiuto degli investitori usciti a caccia: «Ora conviene vendere o comprare le azioni Eni?». La risposta è sempre una sola: «Dipende». Vediamo da cosa.

«Un cane a sei zampe è il migliore amico di un uomo a quattro ruote.» Ettore Scola, dirigente Eni parla di come è nato il logo dell’azienda.

Prima di buttarsi a capofitto a comprare azioni Eni per il prezzo in salita del petrolio, ASPETTA! Se ti sei convinto che comprando adesso tra dieci anni avrai i milioni per acquistare una badante robotica ai tuoi genitori, è bene sapere che Eni si è posta l’obiettivo di una totale decarbonizzazione entro il 2050 rispettando così l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite pubblicata nel 2015.

Ciò vuol dire che presto o tardi l’azienda petrolifera italiana abbandonerà i combustibili fossili diretta verso altri lidi più verdi. E in questo, la dirigenza Eni ha da poco spiegato come e quando prevede di atterrare a destinazione 0 emissioni. Poi ci sono quelle accuse di green washing, ma questo è un altro discorso.

Scuola Eni

L’azienda Eni nasce negli anni 50 da quel che restava dell’Agip di proprietà fascista. Inizialmente Eni era stata cresciuta come impresa statale, poi il 10 febbraio 1953 diventa azienda privata, anche se il 30% di proprietà dello Stato. In quegli anni il capo della dirigenza c’era Enrico Mattei, l’uomo che ha cambiato la storia dell’azienda e dell’Italia intera. Fu allora che venne inventato il marchio del cane a sei zampe che divenne simbolo del boom economico italiano degli anni 50-60. 

Nel 1950 il mercato petrolifero era dominato dalle 7 sorelle di Eni, termine coniato da Enrico Mattei. Il gruppo comprendeva Exxon, Texaco, Mobil, Standard Oil, Gulf Oil, Shell e la Anglo Persian Oil Company diventata poi British Petrolium. Era questa la famiglia di aziende che ha controllato il mercato petrolifero fino alla crisi petrolifera del 1973.

Video by La7.

Ad oggi il mercato è comandato invece dalle cinesi Sinopec e Petrochina; sul podio anche l’araba Saudi Aramco, nata da Standard Oil e ora di proprietà del governo dell’Arabia Saudita. Mentre Eni, con dati aggiornati al 2021 opera in 69 paesi tra cui Italia, Africa, Americhe, Oceania, Asia, Europa, e Medio Oriente, contando più di 30 mila dipendenti e con 64,99 miliardi di m³ venduti nel 2020. Anche se ora niente più Russia.

Dejavu Eni

Di recente il Governo Draghi ha trovato un accordo per i giacimenti di metano in Algeria, il che ricorda per certi aspetti il patto siglato da Enrico Mattei sempre con Algeria ed Egitto, e che per primo aveva aperto la cerniera dello stivale ai combustibili russi. Portale con l’ex Unione Sovietica che purtroppo oggi si sta per chiudere.

Nel 1960, dall’alleanza tra i paesei arabi con giacimenti di combustibili fossili, nacque l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio riconosciuta sotto la sigla di Opec che in questi giorni ha fatto dichiarazioni che hanno smosso le azioni Eni.

A causa del conflitto in Ucraina e alle coinseguenti sanzioni alla Russia, l’Europa ha chiesto alla Opec di aumentare l’esportazione di barili di oro nero ricevendo una risposta che non tutti si aspettavano.

“Data l’attuale domanda globale di petrolio è impossibile sostituire la Russia nei volumi di barili richiesti dal mercato”.

Affermazione che ha fatto salire del 6% il petrolio Brent proveniente dal Mar del Nord e del WTI, prodotto in Texas negli Stati Uniti. La notizia del No dell’Opec è uscita giovedì 7 aprile, e venerdì 8 le azioni Eni erano già in salita.

Capital Markets Day di Eni

Nonostante le sanzioni alla Russia, Eni e altre dirette concorrenti nel mercato dei combustibili fossili attraversano un periodo di grande forma. Ma ciò non basta alle grandi aziende del petrolio. Concorrenti petrolifere come Shell e British Petroil pare infatti abbiano trovato un modo per aggirare le sanzioni e ricevere combustibili fossili da paesi dell’est Europa vicini alla Russia, ad esempio l’Estonia e Lettonia.

Alle domande del Fatto Quotidiano (giornale con cui Eni si è già più volte scontrata in passato per accuse di green washing) riguardo la posizione della dirigenza nelle sanzioni alla Russia e su come aggirarle, Eni ha comunicato che si muoverà nel mercato rispettando le nuove leggi europee sulle importazioni di combustibili. Come sempre, o quasi.

Nel frattempo Eni sale ancora. Dopo essere andata a picco l’8 marzo durante la festa delle donne, il 21 marzo, due settimane dopo, nel giorno della memoria e della poesia, Eni aveva toccato in giornata un +3,58. Rialzo sorprendente dovuto alla presentazione del piano strategico 2022-2025 del 18 marzo intitolato Capital Markets Day consultabile in versione video sul sito dell’Eni.

Si legge nel comunicato stampa dell’azienda: “Tra gli obiettivi dell’azienda ci sono quelli di garantire ai propri clienti sicurezza energetica e riduzione delle emissioni; accelerare il percorso verso le zero emissioni con riduzione del -35% entro il 2030 e del -80% entro il 2040, impegnandosi a investire il 30% allo studio e alla pratica di nuove energie entro il 2025 e il 60% entro il 2030”.  

Ma non solo. Eni conta di mettere in tasca 14 miliardi di euro, con un dividendo complessivo annuale che aumenterà a 0,88 euro per azione. Per riuscire nelle promesse fatte agli azionisti Eni ha da poco lanciato il contestato progetto Planitude, di parleremo tra poco. 

Eni e Sapiem

Il prezzo delle azioni Eni in data 21 marzo 2022 si aggirava intorno ai 13 euro, quasi un mese dopo è salito ancora, insieme a Leonardo, azienda italiana di armi; numeri di aziende legate ben strette alla caviglia dell’Ucraina e della guerra. Ma Eni è abbracciata forte anche a Saipem, di cui detiene anche il 30%. Saipem, è un azienda che si occupata di perforazioni e trasporto di petrolio, e che nel 2021 ha subito ingenti perdite in Borsa.

Quello che si sa per certo è che nel 2021, Saipem senza l’aiuto di Eni avrebbe avuto un croillo finanziario, e forse anche emotivo. Ricordate il referndum del 2016 sulle perforazioni lungo la costa? Le strutture petrolifere sulla riviera romagnola sono firmate Eni-Saipem.

In occasione del referendum del 2016, forse perché era domenica 17 aprile e la gente preferiva stare al parco, o c’era stato da parte di alcuni media un lavoro per togliere importanza al referendum, o forse “perché eravamo ragazzini” come si dice, e di votare non ce ne fregava niente. Ognuno ha la sua scusante, ma quella domenica andarono a votare solo il 31% degli italiani. E ancora oggi se ne vedono i danni.

Quel voto, infatti, permise a Cingolani di approvare 7 progetti di estrazione mineraria sul territorio nostrano. E oggi… Eni ha annunciato di voler puntare su centrali a fusione magnetica, concentrandosi sul nucleare pulito. Intanto Saipem zoppica per Wall Street: l’ultimo picco al ribasso il 31 gennaio 2022 quando la dirigenza ha ritirato gli outlook lanciato a ottobre 2021.

Bene invece per Eni, che nel 2021 ha raggiunto 4,7 miliardi di attivo, l’utile più alto dal 2012. Ah… Eni, Eni, Eni: l’azienda del petrolio italiana ha da poco lanciato Planitude promettendo ai suoi clienti 100% di energia pulita entro il 2040, grazie anche ai già in corsa investimenti sul nucleare. Destando non pochi sospetti nelle chat di ambientalisti.

Eni e il Green Washing

Sono anni che Eni si impegna a mostrare una faccia ecologica. Recita con indosso una maschera? O i suoi sono piccoli passi, lenti e importanti, come quelli del diavolo che entra in edicola per rubare l’Avvenire? Almeno Eni può certo dire di averci provato, a migliorare. Nel 2022 si è anche presentata a San Remo in veste di sponsor, osando cambiare il red carpet in green carpet. Ma le accuse di green washing piovute dal web hanno allagato il borgo vecchio della città.

Proteste fondate: di 33 miliardi spesi da Eni nel 2019, il 77% è stato speso per estrazione da combustibili fossili e solo 1,5 miliardi per la ricerca di rinnovabili in quattro anni. Da non trascurare le denunce per disastri ambientali in Italia tra Basilicata e Puglia. E come dimenticare gli anni di Eni passati in Nigeria.

Proprio quest’ultima ha causato non pochi problemi all’azienda petrolifera che ha subìto pubblicamente le accuse dal comico Grillo, anch’egli azionista Eni.

“Eni ha tre gambe. La prima è la corruzione italiana, la seconda è lo Stato, la terza la corruzione internazionale” parole di Beppe Grillo in assemblea Eni.

L’zienda ha poi ammesso le sue colpe, cercando però di minimizzare i danni. Forse è grazie anche a questi avvenimenti se hanno messo Eni a insegnare nelle scuole educazione ambientale, e la Nigeria è il paese con più emigrati in Europa. Questo non lo sapremo mai. In ogni caso, anche se le cause legali e le multe non hanno lasciato una cicatrice sul mercato, hanno spinto Eni a illuminare di verde le proprie azioni.

Per tutti questi motivi e altri, Eni è considerata oggi tra le aziende più ipocrite e dannose della penisola. Accusata di giocare con il senso di colpa dei singoli cittadini, promuovendo un uso responsabile di luce e gas, quando Eni è tra le società italiane più inquinanti, e tra le 100 maggiori responsabili del cambiamento climatico.

Investire con Eni

Questa non è la prima crisi economica affrontata da Eni, ormai con le ossa grosse. Tra le ultime, nel 2018 l’azienda aveva già dato segni di calo ancora prima del lockdown, in seguito al calo della domanda di petrolio che aveva fatto scendere il prezzo al barile e di conseguenza anche il prezzo delle azioni Eni.

Ora naturalmente le cose sono cambiate, invertite, e con la guerra in Ucraina e la mancanza di combustibili fossili Eni sembra aver ripreso a volare. Viene da chiedersi se Ingenieri in Borsa, che un anno fa sconsigliavano l’acquisto di azioni che dipendono da materie prime (prendendo spunto proprio da Eni) come il petrolio, soprattutto in un mondo che punta sempre di più all’ecologia e tenendo conto dell’aumento di auto elettriche in circolazione. Chissà se gli esperti di Ingenieri in Borsa ancora oggi la pensano così. 

Anche perché venerdi 15 aprile, le azioni Eni quotate in Borsa a Milano hanno continuato a guadagnare punti dalle sanzioni dovute alla guerra in Ucraina, puntando ai massimi di marzo con un +0,03 guadagnato dal giorno precedente, che corrisponde a un +0,18%, inchiodando il prezzo durante le vacanze pascquali a 14,20 euro ad azione.

Il valore di Eni è di 50,265 miliardi di euro, con un EPS (il rapporto tra l’utile per azioni diviso il numero di azionisti) pari a 1,60. La fine del prossimo trimestre è fissata per il 28 aprile 2022, quando si vedranno i primi effetti concreti degli annunci di fine marzo fatti dalla dirigenza Eni.

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