Cosa significa lo spread per l’Italia

Ftse Mib e Btp sotto pressione a causa del rialzo dello spread. È solo un inciampo temporaneo o stanno radicalmente cambiando le cose per l'Italia?

Il Ftse Mib ha archiviato la seduta del 7 febbraio con un -1,03%, a 26329 punti, a fronte di un Dax che ha invece guadagnato lo 0,71%, a 15207 punti. A spiegare questa anomala differenza è l’andamento dello spread tra il Btp e il Bund con scadenza a 10 anni, salito oltre i 160 punti base, su livelli che non si vedevano dal luglio del 2020. Il rendimento sul Btp infatti è all’1,819% in chiusura lunedì (massimo di seduta all’1,894%), quello sul Bund, anche se al rialzo rispetto al recente passato, si è fermato allo 0,225% circa. 

Cosa significa lo spread per l’Italia

Gli osservatori meno attenti avranno dimenticato l’importanza dello spread a livello politico, ma la sostanza è molto semplice: ogni 50 punti base di aumento costano al Tesoro italiano circa 1,5 miliardi di euro all’anno in più per pagare gli interessi sul debito. L’aumento del costo degli interessi implica meno risorse in bilancio.

Economia area euro con il fiato grosso

L’economia in Europa non se la passa male, e anche il sentiment è stabile, con l’indice Sentix sulla fiducia degli investitori nella zona euro che sale a febbraio a 16,6 punti dai 15,2 precedenti e con un consensus che si aspettava 15,2.

Certo, la produzione industriale, a causa dei ben noti colli di bottiglia che frenano gli approvvigionamenti è penalizzata in tutti i principali paesi, ad esempio in Germania a dicembre è calata dello 0,3% su base mensile dal +0,3% di novembre (attesa +0,4%), del 4,1% su base annua. Per l’intero 2021 è invece aumentata del 3% in confronto al 2020 ma è scesa del 5,5% rispetto al 2019, anno precedente la crisi. 

In Italia il Centro studi di Confindustria calcola per la produzione industriale di gennaio un calo del -1,3% che segue il -0,7% di dicembre, una contrazione dovuta al caro-energia, con l’elettricità che è aumentata del 450% rispetto al gennaio 2021, e all’aumento di altre materie prime che ha compresso i margini inducendo alcune imprese a tirare i remi in barca non essendo più conveniente produrre. La variazione acquisita per il 1° trimestre 2022, secondo i calcoli del Centro studi di Confindustria, è del -1,1%.

L’inflazione alla base del rialzo dello spread

E dalle motivazioni che ci stanno dietro al dato italiano si può arrivare a capire quale sia il vero tema che colpisce lo spread Btp – Bund, ovvero l’aumento del costo delle materie prime e dell’energia che ha innescato una rapida crescita dei prezzi.

La stima flash sull’intera area euro elaborato da Eurostat mostra che a gennaio l’inflazione è salita al 5,1% dal 5% di dicembre, superando le attese che indicavano una diminuzione al 4,4%. La componente energetica ha fatto segnare un rialzo del 28,6%, in ulteriore aumento dal + 25,9% di dicembre. La commissaria europea all’Energia Kadri Simson, parlando in audizione al Parlamento europeo, ha dichiarato che “Circa la metà dell’inflazione è causata dall’aumento dei valori dell’energia”.

La Bce inizia a temere per il futuro

La versione ufficiale della Bce è che nel corso del 2022 dovrebbe registrarsi un progressivo rallentamento dell’inflazione che potrebbe ridimensionarsi vicino alla quota considerata ideale del 2% entro fine anno, ma ormai a non crederci non sono solo i mercati, ma gli stessi esponenti della banca centrale.

In un’intervista all’emittente olandese Buitenhof, Klaas Knot, presidente della banca centrale olandese e membro del board della Bce, ha detto di aspettarsi un rialzo dei tassi nell’ultimo trimestre di quest’anno, e lo ha anche quantificato, in 25 punti base. Un ulteriore intervento potrebbe realizzarsi nella primavera del 2023. Knot ritiene che l’inflazione resterà al di sopra del 4% per la maggior parte del 2022. I mercati, indipendentemente dalle dichiarazioni di Knot, stanno già prezzando un incremento di 50 punti base entro la fine del 2022, almeno stando al tasso degli “overnight indexed swap”, che riflette il livello medio atteso del tasso Eonia nel periodo di durata dello swap. 

Gli analisti di Goldman Sachs prevedono che il rendimento del Bund tedesco salga allo 0,5% e ipotizzano un rialzo da parte della Bce dello 0,25% a settembre e uno successivo di pari entità a dicembre.

In ogni caso, anche se l’inflazione nell’area euro dovesse miracolosamente ridimensionarsi da sola, la Bce sarebbe costretta lo stesso ad intervenire sul costo del denaro, trascianta dall’inasprimento della politica monetaria della Federal Reserve. 

Che la Fed alzerà i tassi più volte nel corso del 2022 è ormai un’eventualità scontata, quello su cui scommettono i mercati infatti non è il se ma il quanto (per il quando sono quasi tutti d’accordo che il primo rialzo si verificherà con l’incontro del FOMC di metà marzo). Se in media gli osservatori parlano di 4 rialzi da 25 punti base nel corso del 2022, alcuni, come Bank of America, arrivano a pronosticarne anche 7 interventi, in aggiunta ad una drastica riduzione del bilancio della banca centrale, quindi degli acquisti di titoli. 

Per inciso, questa osservazione è interessante per chi investe in azioni, gli esperti di Bank of America suggeriscono di puntare nei prossimi mesi su aziende che possono contare su un solido free cash flow, in particolare quelle che evidenziano i migliori risultati in termini di rapporto tra free cash flow e valore di impresa e free cash flow e prezzo. 

Le decisioni della Fed influenzano quelle della Bce (molto meno vero il contrario), difficilmente quindi gli europei, anche in condizioni ottimali, riuscirebbero a rimanere neutrali rispetto ad una politica monetaria fortemente restrittiva da parte della Fed, e le condizioni attuali non sono di certo ottimali, dal momento che la Bce deve confrontarsi con le stesse problematiche della sua controparte Usa. 

La Bce annuncia il “tapering”

I mercati, dopo qualche settimana di incertezza, stanno ora maturando una visione più chiara del futuro: la Bce andrà ad alzare i tassi nel 2022 e procederà in modo spedito con il “tapering”, ovvero la riduzione degli acquisti di bond. Del resto la stessa Christine Lagarde non esclude più un aumento dei tassi già quest’anno, la presidente della Banca Centrale Europea lo ha infatti detto durante la recente conferenza stampa che segue come sempre la riunione del Consiglio Direttivo che ha lasciato i tassi invariati. Fino a dicembre un rialzo era ritenuto “molto improbabile”, nel giro di poche settimane non viene invece più escluso.

La Lagarde ha ribadito anche lunedì 7 febbraio parlando alla Commissione economica del Parlamento europeo che la Bce aumenterà i tassi di interesse solo al termine dei programmi straordinari di acquisto di bond, quindi, se i tassi devono salire già nella seconda metà dell’anno, i programmi di acquisto titoli si concluderanno già nei prossimi mesi.

Il Consiglio direttivo della Banca Centrale porterà avanti in questa prima parte del 2022 gli acquisti netti di attività nell’ambito del PEPP (pandemic emergency purchase programme) ma ad un ritmo inferiore rispetto al trimestre precedente e interromperà poi gli acquisti netti di attività del PEPP alla fine di marzo. La Bce intende comunque reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP almeno fino alla fine del 2024. Per quello che riguarda il programma PAA invece gli acquisti mensili saranno di 40 miliardi nel secondo trimestre, di 30 nel terzo e a partire da ottobre il ritmo sarà di 20 miliardi al mese. “Gli acquisti netti termineranno poco prima che inizierà a innalzare i tassi di interesse” conferma la banca centrale.

Il debito/Pil alto penalizza l’Italia

Questi cambiamenti ovviamente pesano molto più sull’Italia, che ha un debito che supera il 150% del Pil, che su altri paesi. E non si faccia troppio affidamento sulla crescita dell’economia per ridurre il rapporto debito/Pil

La Nota sulla congiuntura di febbraio 2022 pubblicata il 3 febbraio dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio prevede una crescita del Pil nel 2022 del 3,9%, nel 2023 dell’1,9%. In altre parole i fuochi di artificio l’Italia li ha già fatti nel 2021, adesso la crescita tornerà su livelli decisamente meno entusiasmanti. 

L’Italia del resto si muove in un contesto globale, e il Fmi ha tagliato di recente le stime di crescita dell’economia mondiale per il 2022. Dopo il +5,9% del 2021, il Pil è atteso crescere nel 2022 del 4,4%, ovvero lo 0,5% in meno rispetto alle previsioni di ottobre.

E l’UPB dice anche che “lo scenario illustrato è circondato da rischi di varia natura, orientati al ribasso sulla crescita e al rialzo sull’inflazione”, quindi quel 3,9% è rappresenta la migliore delle ipotesi, ma potrebbe andare pure peggio. Ad esempio l’inflazione potrebbe cominciare ad autoalimentarsi: per adesso la crescita dei prezzi è legata principalmente all’aumento di quelli dell’energia, ma presto le imprese e i sindacati potrebbero inserirsi nel meccanismo provocando rialzi indipendenti dall’andamento dei prezzi energetici.

Rendimento Btp sopra il 2%?

Cosa dice il grafico dei rendimenti sui Btp decennali? Il rimbalzo intrapreso dal minimo di inizio 2021 allo 0,43% circa ha superato la settimana scorsa in area 1,7% il 38,2% di ritracciamento del ribasso dal top di ottobre 2018 (3,78%). Di norma al superamento di uno di questi gradini ricavati dalla successione di Fibonacci i prezzi proseguono fino ad intercettare il successivo, in questo caso si tratta del 50% al 2,10%. Per ribaltare la situazione le quotazioni dovrebbero ridiscendere rapidamente al di sotto dell’1,5%, una eventualità al momento non certo impossibile ma poco probabile.

(Alessandro Magagnoli)

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