Bper rivede l’offerta su Carige e FITD le dà l’esclusiva

L’aumento preventivo chiesto al Fondo Depositi cala a 530 milioni, ma la proroga sulle DTA e minori oneri di ristrutturazione attesi incoraggiano il deal. Prezzo dell’OPA successivo stabile a 80 centesimi, il titolo della banca ligure crolla

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Crolla in Borsa il titolo di Carige dopo l’annuncio dell’esclusiva a BPER per un’offerta ritoccata a “favore” del FITD (Fondo Interbancario di tutela dei depositi), ma invariata nella proposta di OPA successiva rivolta al mercato per 0,80 euro. Inevitabile che il titolo della banca ligure, cresciuto nei giorni scorsi fino al massimo intraday di ieri a 93,30 centesimi, si ridimensionasse sotto il livello della proposta. Adesso Carige tratta a 79,5 centesimi e la virata dalla chiusura di ieri è di ben 11 punti percentuali.

Il FITD ha esplicitamente ammesso l’esistenza di più “offerte non vincolanti ricevute”, il mercato da giorni parlava di un’altra proposta dal francese Credit Agricole e forse anche di una dall’americano Cerberus.

Carige: i dettagli dell’offerta di BPER

La nuova offerta lascia appunto sul tavolo 0,80 euro per azione per il mercato: è il prezzo che BPER pagherà ai soci sul mercato qualora FITD accettasse di vendere il proprio 79,99% di Carige per 1 euro simbolico dopo una ricapitalizzazione della banca ligure di 530 milioni di euro. È su quest’ultimo punto che emerge la differenza sostanziale rispetto alla proposta di dicembre di BPER, quando il gruppo guidato da Piero Luigi Montani (CEO e direttore generale già in passato alla guida di Carige), chiese a FITD una ricapitalizzazione di un miliardo. La differenza di 470 milioni di euro potrebbe dunque ora fare la differenza e il tono generale del comunicato del FITD che assegna a BPER l’esclusiva fino al 15 febbraio 2022 è sostanzialmente più incoraggiante. Cosa è cambiato?

Nuova offerta BPER per Carige: le novità

Sono due le novità principali e sostanziali.

La legge di Bilancio ha prorogato al 30 giugno 2022 il termine ultimo per potere ottenere la conversione delle DTA (Deferred Tax Assets) in crediti di imposta in caso di acquisizione del controllo. Il tetto massimo è a 500 milioni di euro e nel caso specifico Carige potrebbe portare in dote a BPER 350-380 milioni di euro.

La seconda novità deriva da un nuovo “set informativo” giunto da Carige a Bper: ha permesso di ridurre gli oneri di ristrutturazione previsti di circa 80-100 milioni di euro. Il comunicato di BPER sull’offerta cita “minori oneri sia di ristrutturazione che derivanti dalla risoluzione anticipata di taluni contratti che disciplinano i rapporti tra CARIGE ed i suoi partner commerciali ed operativi”.

A conti fatti insomma, anche se l’impatto della cessione è molto minore e quindi più palatabile per FITD (e le banche soprattutto le piccole che lo finanziano), le differenze non sono poi tantissime. Il Fondo Depositi è finanziato dalle varie banche italiane, dunque anche da Bper che avrebbe dovuto mettere mano al portafoglio (fra la prima e la seconda offerta il risparmio di BPER in termini di apporti ad AMCO sarebbe di circa 18 milioni di euro).

Si stimano inoltre sinergie di costo importanti che potrebbero scattare all’indomani dell’aggregazione. Viene naturale pensare che tutta una serie di partnership commerciali e operative potrebbero essere riviste o cambiate, a partire da quella assicurativa con Amissima per approdare ai vari accordi con le fabbriche prodotto. Al riguardo peraltro giova sicuramente all’eventuale deal l’accordo con Arca, asset strategico già sotto il controllo di Bper, mentre va ricordato che l’universo Bper ha legami stretti con il socio Unipol e probabilmente questo influirà sul nuovo gruppo, se vedrà la luce nelle prossime settimane. Nel perimetro di revisione rientreranno comunque eventualmente anche tutta una serie di accordi minori anche nel campo dell’IT e del credito al consumo.

BPER ha comunque mantenuto alcuni assunti fondamentali dell’operazione, dalla neutralità patrimoniale (intesa come sostanziale stabilità del CET 1 ratio tra BPER stand alone e nuovo aggregato BPER/Carige), al miglioramento dell’asset quality al significativo accrescimento dell’eps del gruppo aggregato già dal 2023.

Il derisking di Carige resta insomma una delle direttive principali. D’altronde la banca ha già rafforzato la propria posizione a più riprese negli ultimi anni e appena lo scorso 20 dicembre ha completato il trasferimento ad AMCO di deteriorati derivanti da contratti in leasing per un valore lordo complessivo di 17,7 milioni di euro. Sempre ad AMCO erano stati ceduti altri 70 milioni di euro fra sofferenze e UTP lo scorso marzo.

Carige resta un gruppo che ha perso 76,6 milioni di euro nei primi nove mesi, ma ha anche cancellato il rischio legale della causa con i Malacalza e mostra un recupero di ricavi, margine d'interesse e commissioni a due cifre. Ha inoltre un NPE ratio lordo al 5% e netto al 2,6% con un TEXAS ratio del 24,3% e un CET 1 ratio phased-in all'11% (quello di BPER è al 14,69% con un rapporto crediti deteriorati netti/crediti netti verso la clientela al 2,56%).

I numeri per portare avanti l'operazione alle condizioni e con i risultati sperati insomma potrebbero esserci.

(Giovanni Digiacomo)