I due candidati del partito Democratico potrebbero farcela in Georgia per il posto di senatore. Lo scrutinio vede avanti il reverendo Raphael Warnock rispetto alla repubblicana Kelly Loeffler e Jon Ossof sul repubblicano David Perdue. Con i due senatori nel sacco il Senato Usa diverrebbe a guida Dem, così come già è la Camera, e con il controllo dell'intero Congresso il nuovo presidente Joe Biden potrebbe fare, almeno per due anni (fino alle elezioni di medio termine del 2022) il bello e il cattivo tempo quasi a suo piacimento.
Attenzione tuttavia perchè lo scarto è di poche migliaia di voti e secondo la legge in caso la differenza sia inferiore allo 0,5% il perdente può chiedere il riconteggio dei voti, quindi il verdetto finale, sempre che venga poi confermato, potrebbe essere rimandato.
Ma cosa cambierebbe per i mercati finanziari in caso di vittoria dei Democratici in Georgia?
Le aspettative, con Joe Biden al comando, sono per una spinta in avanti verso un maggiore stimolo per contrastare gli effetti del Covid-19, in pratica più spesa pubblica e supporto ai consumi.
Maggiore crescita a livello globale
Gli effetti di questi interventi dovrebbero essere una maggiore crescita interna degli Usa ma anche a livello globale, quindi una buona notizia per le borse, ma anche una maggiore inflazione, elemento che danneggia il dollaro, che infatti si sta già indebolendo, e che potrebbe pesare sull'andamento delle obbligazioni (prezzi in calo e rendimenti in crescita). Il rendimento sui Treasury Note Usa a 10 anni è infatti già tornato attorno all'1%.
Prezzo del petrolio in crescita?
Un effetto collaterale di un eventuale cambiamento di rotta per quello che riguarda la politica di bilancio, maggiormente espansiva, potrebbe essere quello di fare salire le quotazioni del greggio: in un mondo dove la ripresa accelera più del previsto anche il prezzo del petrolio avrebbe motivo di salire, tanto più che l'Arabia Saudita si è mossa in modo volontario con tagli alla produzione da circa un milione di barili.
Dollaro Usa giù, dollaro Australia su
Se il dollaro Usa sembra destinato a perdere terreno altre monete, in particolare quelle a più alto rendimento o quelle maggiormente legate all'andamento delle materie prime, come il dollaro australiano, neozelandese o canadese e il franco svizzero potrebbero invece avvantaggiarsi.
Da tenere sotto controllo per capire se effettivamente questi cambiamenti, che potrebbero essere non solo radicali ma anche duraturi, effettivamente stanno prendendo piede sono il grafico del Dollar Index e quello del Treasury Note.
Dollar Index, il trend resta ribassista
Il fatto che il trend del Dollar Index sia al ribasso (quindi dollaro debole rispetto ad un paniere di valute dove il peso preponderante è quello dell'euro) non è una novità, il percorso di deprezzamento è iniziato a marzo dello scorso hanno da area 103, in concomitanza con il rialzo dei listini azionari, ed è poi proseguito fino agli attuali 89,25 punti circa. Recentemente l'indice del dollaro ha violato un forte supporto, i minimi di dicembre di quota 89,73, inviando un ulteriore segnale di debolezza che potrebbe anticipare adesso il ritorno sui minimi di inizio 2018 di area 88,25. La discesa del dollar index, come accennato, può essere considerata un fattore positivo per l'andamento delle borse, negli ultimi mesi infatti i due mercati hanno avuto un andamento opposto. Il dollaro del resto tende a rafforzarsi nei momenti di incertezza e di tensione, il suo indebolirsi significa quindi che non ci sono ostacoli al proseguimento del rialzo per le azioni.
Treasury Note a 10 anni ancora giù?
Il future sul Treasury Note a 10 anni segue un canale ribassista ormai dal massimo di agosto, i rendimenti sono saliti da quota 0,5040 all'attuale 1% circa. Una discesa al di sotto di quota 137,60 (quotazioni espresse in decimali) i prezzi potrebbero puntare al test della base del canale, in area 136,60 (rendimento a 1,11% circa). Se poi anche il supporto di area 136,60 dovesse cedere le quotazioni potrebbero scendere a mettere alla prova i minimi del 19 marzo a 133,65 circa. Data la correlazione abbastanza stretta tra mercato obbligazionario Usa e quello europeo c'è il rischio, soprattutto in caso di cedimento del supporto citato dei 136,60 dollari, che anche le quotazioni di Bund e di Btp possano seguire un andamento analogo, indipendentemente dall'andamento della situazione in Europa.
(Alessandro Magagnoli)