La Federal Reserve a marzo aumenterà i tassi d’interesse!

La Federal Reserve per far fronte all'inflazione e a una domanda incandescente, ha deciso che a marzo alzerà i tassi di interesse. Come reagiranno i mercati?

La Federal reserve ha deciso che a marzo rialzerà i tassi di interesse, con la seria motivazione di contrastare una terribile inflazione, come non si aveva da anni, probabilmente dagli anni 80. L’inflazione è in gran parte legata a una domanda troppo alta e incandescente  (praticamente il contrario dell’Europa). 

L’obbiettivo della Fed è frenare un po’ la domanda, ma senza far finire in recessione la nazione americana. 

Il FOMC (Federal Open Market Committee) ovvero l’organismo facente parte della FED che si occupa di sorvegliare le operazioni di mercato aperto negli USA e che decide, di conseguenza, la politica monetaria, è convinto che ci sarà certamente questo innalzamento dei tassi di interesse. 

La FED già tempo fa aveva preventivato già tre maggiorazioni dei tassi di interesse in questo 2022 e, ultimamente, il presidente Jerome Powell non ha escluso un’eventuale accelerazione nel caso in cui la politica monetaria, la domanda e la dinamica dei prezzi lo richiedessero.

L’innalzamento dei tassi di interesse porterà ad una politica monetaria restrittiva?

La FED rassicura i mercati e gli investitori che, nonostante le politiche di innalzamento dei tassi di interesse, la politica monetaria resterà piuttosto espansiva, ma bisogna necessariamente e urgentemente ridurre l’inflazione e riportarla almeno al 2%, ma questo non è un risultato che si raggiungerà nel breve termine. L’inflazione infatti non rientra così velocemente, anzi nei prossimi mesi potremo avere ancora un’inflazione al 2,5%.

Dopo le parole occorrono i fatti, e quindi la Fed agirà, ma senza esagerare. I mercati si stanno appena riprendendo (tutti tranne quello italiano, dove il pil scende e la situazione economica è in una condizione disastrosa), ma non è arrivata ancora ad un punto ottimale, con il mercato del lavoro ancora in difficoltà.

Il Pil in america e nel resto del mondo (tranne in Italia dove ha perso più di 12 mila miliardi e non accenna a risalire) è aumentato quasi inaspettatamente, ma nonostante questi segnali positivi, la FED dovrà usare accortezza nell’aumento dei tassi di interesse. 

Se si raggiungesse una la massima occupazione possibile nel mercato del lavoro, a quel punto la FED potrebbe davvero iniziare ad alzare i tassi. Si attende la conferenza stampa del Presidente Powell, il quale, tra le altre cose, descriverà sicuramente la situazione del mercato del lavoro. 

Domanda surriscaldata: la Fed non può restare a guardare, deve agire sui tassi di interesse

Con una domanda così incandescente come quella americana, la FED non può stare a guardare ancora a lungo. Probabilmente non attenderà la massima occupazione del mercato del lavoro, ma quando raggiungerà un livello medio, adeguato al periodo, probabilmente procederà con l’aumento. 

La certezza è che la domanda non frenerà, almeno nel breve periodo, perché non ci sono i presupposti affinché ciò avvenga, questo perché  i rendimenti del mercato sono saliti avvicinandosi quasi ai livelli pre-pandemia. 

Il cambio del dollaro, invece, è rimasto stabile, anche se con una sottilissima tendenza ad andare giù.

La Fed, dunque, ha calcolato l’indice delle condizioni finanziarie basandosi su 100 indicatori diversi e il risultato è che l’indice è decisamente al di sotto della media di lungo periodo.

La FED deve trovare un difficile equilibrio tra aumento dei tassi di interessi e l’evitamento della recessione

L’equilibrio da raggiungere è questo: la domanda surriscaldata dovrebbe frenare un po’, ma non tanto da rischiare una recessione causata dalla politica monetaria. Ecco perché le azioni da mettere in campo devono essere calcolate e graduali ed ecco perchè la FOMC, organo FED, sta pensando che marzo sia il periodo giusto per innalzare i tassi di interesse.

Federal Reserve più aggressiva? I mercati già si agitano!

La riunione della Federal Reserve di gennaio è iniziata con i riflettori puntati sul Presidente Powell e i membri della Banca Centrale Americana.

La sensazione che la FED sia più aggressiva del previsto sta agitando i mercati e gli asset mondiali. Inoltre gli analisti ancora non hanno compreso se la banca centrale americana voglia davvero proseguire con il tapering, ovvero con la riduzione degli acquisti di asset sul mercato.

I futures sui fondi Fed hanno dovuto fronteggiare già quattro aumenti dei tassi quest’anno, proprio perché la Banca Centrale Americana sta tentando di arginare il più possibile l’inflazione. 

Questa settimana il trading a Wall Street è stato particolarmente volatile, con oscillazioni intraday dell’indice S&P 500 (.SPX) fino al 4%. Oggi i mercati si sono dimostrati più stabili, con i principali indici azionari statunitensi in aumento e i rendimenti dei titoli di stato americani in calo.

Ma la turbolenza è ancora in corso mentre, come dicevamo prima, Fed e il suo presidente Powell stanno tentando di trovare la quadra per progettare un calo dell’inflazione con un aumento dei tassi di interesse, ma tentanto di mantenere quasi intatta la ripresa economica americana, che corre veloce.

Powell ha lasciato aperta la possibilità di aumentare i tassi di interesse più velocemente di quanto si faccia di solito e/o magari di aumentarli in maniera maggiore rispetto al quarto di punto percentuale che si utilizza di solito. 

Purtroppo c’è da dire che il Presidente Powell si è già sbagliato, perché ad agosto, durante un discorso, affermò che l’inflazione elevata sarebbe stata “transitoria”, ma da allora i dati economici hanno dimostrato esattamente il contrario e l’inflazione attuale tutto sembra fuorché transitoria. 

La Fed non affrontava un’inflazione del genere dagli anni Ottanta

La Fed si trova ora ad affrontare la sua prima grande battaglia contro l’inflazione dopo decenni, dopo due anni di politiche super facili attuate per contrastare l’impatto economico e finanziario della pandemia.

Ridurre l’inflazione senza fermare un’espansione economica richiede un tocco abile. L’ultima volta che l’inflazione è stata almeno così alta, all’inizio degli anni ’80, la Fed ha aumentato i tassi troppo bruscamente, facendo precipitare la nazione in due recessioni

Con l’inflazione al consumo in aumento al 7% annuo, il ritmo più veloce dall’inizio degli anni ’80, la questione è stata segnalata dalla Casa Bianca come un rischio economico e politico elevatissimo di cui Biden dovrebbe tenere assolutamente conto. 

Purtroppo c’è da dire che, dal punto di vista internazionale, la situazione non aiuta. Le rigide politiche di blocco del coronavirus della Cina, che persegue ancora il famoso Covid Zero,  significano che le catene di approvvigionamento globali potrebbero essere più lente; e ci mancava il conflitto militare tra Russia e Ucraina che, se scoppiasse davvero, potrebbe ovviamente far aumentare l’inflazione.

Perché? Perché si avrebbero conseguenze deleterie sul mercato energetico che porterebbero inevitabilmente un aumento dei prezzi del petrolio e del gas naturale, e quindi dei costi energetici più in generale per molti paesi del mondo, come conferma Gita Gopinath, primo vicedirettore generale del Fondo Monetario Internazionale. 

Tutto ciò potrebbe aumentare l’inflazione e farla durare più a lungo del previsto.

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