Di seguito riportiamo l’intervista realizzata a Fabrizio Brasili, analista finanziario, al quale abbiamo rivolto alcune domande sull’attuale situazione dei mercati e in particolare di Piazza Affari. Chi volesse contattare Fabrizio Brasili può scrivere all’indirizzo email: [email protected].
Il Ftse Mib si è spinto oltre l’area dei 24.500 in chiusura di settimana. Ci sono le condizioni per nuovi allunghi?
Il doppio effetto, euro forte e quindi dollaro debole, oltre al forte impulso di mani interessate e mirate su solo 4 titoli dell’indice, come Stellantis, ENI, Unicredit ed Intesa Sanpaolo, ha spinto il Ftse Mib oltre quota 24.500/24.600 punti.
Ad inizio settimana eravamo appesi alle forti resistenze di area 23.800/23.900, ora divenuti forti supporti, almeno di breve termine.
I quattro titoli indicati prima hanno addirittura performato meglio dell’indice, mettendo a segno un rialzo settimanale anche a doppia cifra. Era l’effetto desiderato e migliore che le mani interessate potessero immaginare!
Il mercato però non può salire in continuazione, solamente con così pochi titoli: manca la famosa “terza mano” che raccoglie questi ed altri titoli per il medio e lungo termine, del resto i volumi sono ancora molto bassi, quasi ferragostani.
Gli investitori di lungo corso rimangono ancora in attesa e molto prudenti, salvo cavalcare alcune e solite storie, come Leonardo, Saras, Banco BPM e qualche bancario in odore di risiko.
Attendiamoci quantomeno uno storno del Ftse Mib, anche salutare, in un range molto ampio tra 22.500/22.600 e 24.500/24.600 punti, che ci potrà portare, anche e sempre sui soliti livelli dei 22.500/22.600 punti, come minimo ed a breve-medio termine anche in un range posto fra 20.500 e 21.500 punti.
Per il medio-lungo termine si potrebbe configurare anche acutizzandosi ed estendendosi il conflitto Russia-Ucraina, e riprendendo con l’autunno la pandemia, solo sopita e mai debellata, anche la rottura di detti ultimi livelli. Amplificati da una vera e propria recessione, dovuta ad inflazione ed assenza di crescita, con problemi economici e sociali per tutto il corrente anno e crediamo anche per il prossimo.
Potremo così andare a ritestare i gap lasciati ancora aperti, non solo quelli di 20.500/21.000 punti, ma anche quelli posti a 16.000/16.500 punti.
Cosa può dirci in merito ai recenti movimenti di ENI e Saipem e quali indicazioni ci può fornire per entrambi?
C’è anche l’incognita e la variabile petrolio che incide e continuerà a farlo su titoli come ENI e Saipem.
ENI è ormai sui massimi degli ultimi 12 mesi, e qualora il petrolio dovesse scendere anche solo verso i primi importanti supporti posti a 92/95 dollari, che già nel recente passato hanno dato prova di forte tenuta, potremmo rivedere ENI anche poco sotto i 13 euro, anche fin sui supporti di 12,80/12,90 euro.Il gioco non vale la candela. Meglio attendere.
Per SAIPEM, a maggior ragione, ora che ci sarebbe da sottoscrivere un aumento di capitale molto diluitivo, meglio stare ancora di più alla larga di prima, quando a fatica il titolo manteneva i minimi assoluti degli ultimi 5 anni, e quasi una quotazione da stock penny.I venditori sarebbero di certo poi invitati a nozze e ci di ritroveremmo peggio dell’ultimo anno!
Enel si è mantenuto a galla venerdì scorso, mentre Terna è stato il peggiore del Ftse Mib. Quali la view su questi due titoli?
Rischiamo di ripeterci. Non amiamo e non abbiamo mai molto amato le utilities. Attrazione ne hanno sì, ma solo per il generoso dividendo.
Meglio guardare altrove a mio avviso e tanto vale acquistare le 4 blue chips segnalate e non solo, che offrono interessanti sviluppi anche di M&A, soprattutto per quel che concerne i titoli del risiko bancario ed assicurativo.
Il petrolio ha continuato a salire nelle ultime sedute, mentre l’oro fatica ad allungare oltre i 1.850 dollari. Quali le attese nel breve?
Sempre due atteggiamenti contrari e sempre influenzati in maggior o minor misura dal “re Dollaro”, con cui vengono quotati e scambiati oro e petrolio.
L’oro, pur con il dollaro che è passato, svalutandosi nei confronti dell’ euro da 1,0350/1,04 a 1,0750/1,08, è rimasto bloccato su una quotazione di 1.850 dollari, in range stretto fra 1.850 e 1.950 dollari, equidistante e ben controllato nel maxi range 1.700/2.100 dollari degli ultimi 12 mesi.
Gli stati sovrani iniziano ad alleggerire sui 1.950 dollari ed a vendere forti quantità fra 2.050 e 2.100 dollari.Naturalmente, anche per ricostituire le scorte iniziano a comprare in area 1.850 dollari ed a ricostituire completamente le stesse in area 1.700.
Il mercato dell’oro pare proprio fermarsi in un perfetto equilibrio e con pochi scambi sulla mediana a 1.850 dollari.
Per il petrolio WTI e il Brent, da un paio di settimane assistiamo ad un corposo e continuo aumento dovuto, qui si, al deprezzamento, anche molto sostenuto del dollaro verso euro.
Ricordiamo che nel recente passato e non solo, lo spread si era allargato, anche fino a 10 dollari, giungendo nei momenti di maggior tensione nell’ ultima settimana di febbraio 2022, anche rispettivamente a 130 e 140 dollari.
Gli specialist arbitraggisti avevano poi lavorato molto bene, riportando lo spread ad un normale e fisiologico intervallo di 2/3 dollari.
Ora è solo l’indebolimento del dollaro a far avvicinare e sovrapporre il WTI al Brent.
Ci attendiamo che in area 1,08 il dollaro ritracci per lo meno un paio di figure e che di conseguenza il WTI si porti verso area 105/106 dollari e il Brent verso i 108/109 dollari.