Vola il Pil in Italia ma la borsa langue

L'Istat ha riportato che l'economia italiana nel 2021 è cresciuta del 6,5% rispetto al 2020. Riuscirà il Ftse Mib ad approfittarne e a saltare le resistenze?

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Molti investitori si staranno chiedendo come mai, risolta in modo più che decoroso la partita per il Quirinale (ovviamente da un punto di vista dei mercati finanziari, che cercavano stabilità e non certo un salto nel vuoto con nomi poco conosciuti all'estero e con il rischio di vedere Draghi tornare a fare il nonno) e con un dato del Pil in forte crescita la borsa non abbia mollato gli ormeggi per riportarsi almeno sui massimi dello scorso anno. 

Pil Italia, le due facce della medaglia

Prima di passare all'analisi dei fatti buttiamo la una considerazione: è vero che il Pil corre, come non faceva dal 1976, ma è anche vero che nel 2020 era letteralmente crollato facendo registrare il peggiore risultato dal 1946, quindi per il momento e due dati sostanzialmente si compensano (al mio paese c'è un bel proverbio che dice "poggio e buca fanno pari"). 

Cosa dice l'Istat? 

L'Istat ha riportato che l'economia italiana nel 2021 è cresciuta del 6,5% rispetto al 2020 (nel 2021 vi è stato lo stesso numero di giornate lavorative del 2020), una buona notizia, tanto più che per il 2022 la variazione acquisita del Pil è già del 2,4% (il risultato che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell'anno). 

Durante la conferenza stampa di presentazione dei dati il direttore centrale della contabilità nazionale dell'Istat, Giovanni Savio, ha fatto notare che per ritrovare un risultato altrettanto lusinghiero bisogna tornare indietro al 1976. In realtà le serie storiche di Istat vanno indietro fino al 1995, da un punto di vista dell'archivio quindi quello dello scorso anno è il dato più alto di sempre.

S&P vede una crescita del 4,7% nel 2022

Il calo del 2020 (in volume) tuttavia è stato dell'8,9%, per recuperarlo quindi è necessaria una crescita del 9,77% circa, il 6,5% dello scorso anno annulla solo per i 2/3 circa il disastro del 2020. Se non ci saranno sorprese comunque il ritorno del Pil a livelli pre pandemia dovrebbe avvenire già nel corso del 2022. S&P Global Ratings ad esempio stima che l'economia italiana si espanderà del 4,7% nel 2022.

Ultimo trimestre, +6,4% su base annua

Concentrando l'attenzione sull'ultimo trimestre del 2021, quello più significativo per cercare di trarne delle indicazioni valide anche per quello in corso, la crescita è stata dello 0,6% sui tre mesi precedenti e del 6,4% sull'anno, un risultato che batte ampiamente le stime e indica un'espansione sia nell'industria sia nei servizi.

La crescita del quarto trimestre ha evidenziato il ritmo più alto se confrontata con il resto dell'Eurozona, ferma a un +4,6%, e dell'area Ue, del 4,8%.

Istat spiega che "Dal lato della domanda vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta". La variazione congiunturale raggiunta è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell'agricoltura, silvicoltura e pesca e di un aumento sia in quello dell'industria, sia in quello dei servizi. 

Istat mette il dito nella piaga dell’inflazione

Per quello che riguarda l'inflazione nel 2021 si è visto in media un balzo dell'1,9%, nel frattempo le retribuzioni contrattuali orarie sono cresciute dello 0,6% rispetto all'anno precedente. Questo comporta che "Alla luce della dinamica dei prezzi al consumo, in forte accelerazione nella seconda metà dell'anno e pari a circa tre volte quella retributiva, si registra anche una riduzione del potere d'acquisto". Limitatamente al mese di dicembre 2021, l'indice delle retribuzioni contrattuali è aumentato dello 0,1% rispetto a novembre e dello 0,7% rispetto a dicembre 2020. La "riduzione del potere d'acquisto" di certo non è una bella notizia, dal momento che proietta sul futuro il rischio di un calo dei consumi.

Ftse Mib, dove siamo e dove potremmo andare

Il Ftse Mib nell'ultimo anno ha già fatto molto, nel 2021 infatti è cresciuto del 23% circa dopo essere sceso del 5,4% nel 2020, quindi la borsa, in buona parte sulla fiducia (e grazie alla presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi) ha già più che recuperato lo scivolone del 2020. Sul fronte grafico tuttavia i prezzi sono arrivati in prossimità di una quota critica: a 28350 circa si colloca infatti il 50% di ritracciamento del ribasso dal top del 2007. Per chi non è familiare con il concetto dei ritracciamenti basta pensare che i mercati non si muovono mai a senso unico, ma alternano sempre fasi di espansione a fasi di contrazione.

Quando i momenti di espansione sono di ampiezza maggiore rispetto a quelli di contrazione si disegna una tendenza rialzista, viceversa quando le contrazioni superano in ampiezza le avanzate si genera una tendenza ribassista.

Attraverso l'osservazione empirica gli studiosi dei grafici hanno scoperto che se dopo una fase di contrazione o espansione se ne realizza una in direzione opposta che supera almeno la metà della precedente, allora è probabile che quest'ultima proceda almeno fino all'origine della precedente. Il Ftse Mib è precipitato nel corso del 2007-2009 da 44364 a 12332, per poi risalire a gennaio 2022 fino a 28213 punti. Il 50% del movimento di ribasso 2007-2009 si colloca a 28348 punti. Oltre quei livelli aumenterebbe notevolmente la possibilità di assistere al proseguimento del rialzo in atto dai minimi del 2020.

Volendo ragionare per gradi un primo possibile punto di arrivo di tale rialzo si collocherebbe in area 32000. Senza la rottura di area 28350 potrebbe tuttavia realizzare un movimento in direzione opposta, teoricamente fino ai minimi del 2020, ma anche in questo caso, ragionando per gradi, in area 23800 circa. 

Quali strategie per il futuro?

E' ragionevole pensare che il mercato decida di lasciarsi alle spalle area 28350 in questo momento, con i tanti ostacoli che gli si parano davanti, dal rischio di un aumento generalizzato del costo del denaro (Regno Unito, Stati Uniti...), con un'inflazione galoppante anche in Europa che erode il potere di acquisto delle famiglie, con le tensioni geopolitiche montanti proprio ai confini della Ue?

Una risposta razionale ovviamente sarebbe negativa, tuttavia le borse spesso gettano il cuore oltre l'ostacolo e scontano non quello che sta accadendo ma quello che pensano accadrà. Se le principali economie non saranno avare di segnali di mantenimento di un buon tasso di crescita gli investitori ad esempio potrebbero essere inclini nell'accordare ancora fiducia alle borse.

In questo momento è quindi essenziale mantenere i nervi saldi, senza eccedere in prudenza, ma nemmeno in ottimismo. Solo la rottura di area 28350 da parte del Ftse Mib (con conferma almeno di una chiusura settimanale oltre l'ostacolo) giustificherebbe l'adozione di nuove strategie rialziste.

(Alessandro Magagnoli)