Guida completa al reddito da pensione (IX Parte)

In questa nona parte della guida completa al reddito da pensione si continua la disamina delle materie prime e si presenta un quadro generale sull'argento, il rame, il palladio e le terre rare. Nella conclusione si mostrano quattro possibili soluzioni per il nostro portafoglio finanziario, occupato per il 5% da materie prime: gli approcci sono quelli dell'investimento al lungo termine, ma c'è spazio anche per il trading di breve respiro.

Image

In questa nona parte della guida completa al reddito da pensione concludiamo la nostra disamina sulle materie prime, prendendo in considerazione l’argento, il rame, il palladio e le cosiddette “terre rare”. Per comprendere l’approccio metodologico, si rimanda alla puntata precedente, poiché le strategie saranno pressoché le stesse (per le terre rare, tuttavia, saranno necessarie altre considerazioni). 

Trading ed ETF continueranno ad essere la stella polare, poiché gli investimenti a lunghissimo termine – che eccedano, ad esempio, i cinque anni – non porteranno a grandi soddisfazioni, a meno che non si utilizzino le materie prime a mero scopo di copertura o di beni rifugio. Se si vuole essere così conservativi, d’ogni modo, l’oro rappresenta la soluzione di gran lunga migliore. 

Le terre rare, di cui si parla nell’ultimo periodo per il sostanziale monopolio della Cina, rappresentano interessanti sviluppi macroeconomici e possono rappresentare delle ottime scommesse a lungo termine, a patto di trovare solide aziende che si occupino di esse. 

Cominciamo comunque dai metalli preziosi. 

L’argento è meglio dell’oro? 

Uno dei raffronti più popolari che interessa chi si occupa di materie prime è quello fra oro e argento. Del primo abbiamo già detto a sufficienza e ci basta ricordare che è considerato il bene rifugio per eccellenza; anche il secondo, comunque, ha questa funzione ed è ottimale per contrastare l’inflazione

Infatti, con l’indebolimento del dollaro l’argento tende ad aumentare il proprio valore, anche se le obbligazioni governative rappresentano probabilmente il miglior modo per far fronte all’inflazione.

L’andamento dell’argento è stato abbastanza deludente nell’ultimo anno e ha tradito le aspettative degli analisti, prefigurando una variazione anno su anno peggiore rispetto all’oro (circa -12.4% vs -9.70%). 

Nonostante ciò, l’analisi ciclica e le proiezioni degli analisti suggeriscono per il 2022 (e fino al 2030) un graduale aumento del prezzo, formando in meno di un decennio un picco maggiore a all’ATH: dapprima vi sarà il raggiungimento del massimo registratosi nel febbraio del 1980, per poi andare a vellicare il massimo storico dell’aprile 2011. 

Il doppio massimo crescente e i minimi decrescenti costituiscono un quadro piuttosto bullish nel lungo termine e l’argento è la materia prima da comprare e tenere in portafoglio a lungo. In tal senso, essa svolgerebbe la duplice funzione di bene rifugio contro l’inflazione e contro le fasi calanti del mercato, ma al contempo è profittevole durante i rally. 

Per quanti vogliano adottare questa strategia, comunque, si raccomanda di prestare grande attenzione alle commissioni applicate dall’istituto finanziario di riferimento, onde evitare di regalare una parte troppo consistente del profitto. 

Fare trading con l’argento?

Quanto è stato detto la volta scorsa per le materie prime – si veda soprattutto l’oro – si può replicare anche per l’argento. Questa materia prima, infatti, si presta bene anche per operazioni speculative di breve respiro, che necessitano però di una consolidata esperienza nell’uso dell’analisi tecnica. 

Il grafico sotto ci può fornire degli spunti operativi molto interessanti. Anzitutto, da maggio a inizio mese si è mantenuto un trend ribassista, con uscite dal canale sporadiche e sostanzialmente prive di importanza. Tuttavia, in ottemperanza alla teoria delle onde di Elliott, pare essersi innescato un movimento correttivo che dovrebbe perlomeno seguire l’andamento ABC, riportando il prezzo stabilmente oltre i 23-24$ l’oncia da novembre in poi. 

L’ipotesi è confermata anche dal ventaglio di Gann: proprio in questi giorni, infatti, si è registrata un’inversione (da confermare) e il rientro in un angolo di Gann superiore, con una notevole reazione dai minimi

In considerazione di ciò, quanti vogliono operare nel breve, potrebbero acquistare subito l’argento e tenerlo sino alla fine di quest’anno, prevedendo almeno una correzione in un trend che per ora – è bene ribadirlo – rimane comunque ribassista. In alternativa, si potrebbe pensare di comprare e tenere: il segnale d’acquisto, insomma, è valido sia nel breve che nel medio termine. E, perché no, anche nel lungo. 

Come conviene investire sull’argento? 

L’argento ha dei costi di gestione inferiori all’oro e margini di crescita forse più interessanti. 

Le compagnie che fanno largo uso di questo metallo prezioso sono quelle legate alla transizione ecologica, sia per quanto riguarda l’installazione di pannelli solari che nei veicoli elettrici. 

Un’alternativa al possesso diretto della materia prima è quello di affidarsi a qualche ETF. Escluderei dal computo quelli quotati in euro, perché si smentirebbe il ragionamento di poco fa, allorché si individuava nell’argento lo strumento perfetto per far fronte al deprezzamento del dollaro. 

Di conseguenza, meglio stare alla larga dal solito WisdomTree Physical Silver (PHAG), talora utilizzato anche con effetto leva, benché si tratti di un modo ragionevole per investire sull’argento: il fondo è davvero grande, replica fedelmente l’andamento dell’argento, ha costi annuali contenuti (0.5% circa), ma è calcolato in euro. 

Meglio allora iShares Silver Trust (NYSE: SLV) che detiene lingotti d’argento a Londra e a New York e ha seguito pedissequamente l’andamento della materia prima: la leggerissima discrepanza nelle performance è imputabile solo ed esclusivamente ai costi di gestione, pari a un modesto 0.5% annuo. 

In alternativa, si può puntare sulle compagnie impegnate nell’estrazione dell’argento, le cui fortune, tuttavia, non sono mai legate soltanto a una materia prima, giacché anch’esse operano in un’ottica di diversificazione. Una delle più esposte è comunque Wheaton Precious Metals (NYSE: WPM) che è reduce da una discesa ben più pronunciata rispetto a quella dell’argento, nonostante gli ottimi fondamentali e il buon dividendo che distribuisce trimestralmente (nell’ordine del 1.58%). 

Fiore all’occhiello del settore è poi First Majestic Silver (NYSE: AG) la cui espansione non è ancora stata adeguatamente prezzata ed apprezzata dagli investitori, dacché il 2021 è stato sinora un anno difficile. Tuttavia i dati dell’azienda canadese parlano chiaro e la musica è destinata a cambiare molto presto, per cui mi attendo un rally pronunciato che dovrebbe proseguire per quasi un biennio. 

Il rame continuerà a salire? 

Contrariamente all’argento, il rame è nei pressi dei massimi storici e registra una variazione anno su anno di oltre il +40%.

Se il prezzo dovesse sembrare alto, tuttavia, si chieda agli analisti di Goldman Sachs, secondo i quali questa materia prima rappresenta il “nuovo petrolio”. E ne ha ben donde, in effetti, dato che nessun processo di decarbonizzazione sarà possibile senza il rame e, vista l’inevitabile spinta green che attraversa un po’ tutti i governi dei Paesi industrializzati, scommettere sul rame nel lungo termine è certamente una scelta azzeccata. 

Tuttavia, la crescita imperiosa di questa materia prima è destinata perlomeno a smorzarsi nel prossimo biennio, quando l’estrazione e la produzione riprenderanno con maggiore vigore: all’aumentare della quantità disponibile, ovviamente, il prezzo tenderà a diminuire o, perlomeno, a riassestarsi. 

Molto, a dire il vero, dipenderà dalla Cina, che è al contempo il maggior produttore e il maggior utilizzatore di rame, impiegato nelle infrastrutture, nelle telecomunicazioni, nei trasporti e in altri mille settori. 

L’impressione generale, corroborata dalle stime di molti analisti, è che il rame abbia pressoché raggiunto il suo apice e lo spazio per l’upside sia davvero limitato. Perciò si sconsiglia di mettere nel portafoglio questa materia prima, almeno finché non stornerà di un bel po’. 

Il prezzo del palladio salirà? 

Un’altra commodity da mettere sotto la nostra lente d’ingrandimento è il palladio, il cui prezzo è legato a doppio filo con Nornickel (MCX: GMKN), che produce il 44% di tutto il palladio mondiale e che si occupa anche di altre materie prime, quali il nichel, il platino e lo stesso rame. 

Un monopolio così marcato ci sconsiglia di andare alla ricerca di alternative interessanti. L’investitore si trova davanti alla scelta di puntare direttamente sulla commodity, i cui costi gestione non sono da sottovalutare, o sull’azienda, che gode tra l’altro di ottima salute. 

Da non cassare anche la via di un ETC e il migliore, benché giovane, risulta GPF Physical Palladium (Xetra: 0IIDG), quotato in euro. Le spese di gestione sono minori rispetto ai competitors e, fattore da non trascurare, è controllato in maniera indiretta proprio da Nornickel. 

Perciò, anche in considerazione del prezzo piuttosto elevato del palladio, è forse più ragionevole investire su questo ETC, il cui andamento dipende appunto dal comportamento della materia prima di riferimento. La quale, tra l’altro, ha registrato il 29 settembre un minimo di 1857$, per poi rimbalzare con prepotenza e ora non è lontana dai 2200$, a completamento di un pullback dopo il pesante storno innescatosi da metà maggio. 

Il palladio ha però un pericoloso nemico, rappresentato dal platino, meno costoso ed egualmente funzionale nella manifattura dei convertitori catalitici, mentre la domanda dal settore automobilistico e da quella dei semiconduttori non ha ancora raggiunto i livelli prepandemici. Perciò il palladio rappresenta un buon investimento per il futuro, ma se ne sconsiglia l’acquisto prima della definitiva conclusione della pandemia. 

Come si investe sulle terre rare?

La questione delle terre rare – così vengono chiamati 17 elementi chimici che fanno parte della famiglia dei metalli – ha un’importanza geopolitica straordinaria, giacché esse vengono ampiamente utilizzate nell’elettronica, nel settore medico, nella difesa e rivestono un ruolo importante anche nella transizione ecologica ed energetica. 

La Cina, avendo anche la fortuna di occupare il territorio più ricco di tali terre rare, ci sta investendo parecchio e ne controlla addirittura il 90%: si tratta di un passo importantissimo per garantirsi il ruolo di leader negli anni a venire. 

Non tutti sanno però che è possibile investire sulle terre rare, comprando direttamente o indirettamente i metalli del futuro. 

Il metodo più semplice e forse più efficace è, ancora una volta, quello di affidarsi a un EFT e il più interessante è VanEck Rare Earth/Strategic Metals (NYSE: REMX), i cui costi di gestione sono sostanzialmente annullati dai dividendi che distribuisce trimestralmente. La variazione anno su anno segna uno spaventoso +165%, ma si assesta a poco più di un terzo rispetto ai livelli pazzeschi di inizio 2011. 

I quali, c’è da credere, verranno ripresi nel giro del prossimo decennio e investire a lungo sulle terre rare è davvero un’ottima scelta. 

Riepilogo sulle materie prime.  

Il 5% da dedicare alle materie prime si può strutturare in molti modi diversi. Si veda questo schema: 

  • Un approccio molto conservativo consiglio di mettere il 2% sull’oro, 2% sull’argento e 1% sulle terre rare.
  • Un approccio mediamente conservativo è quello di posizionarsi con l’2% sull’oro, 1% argento, 1% terre rare, 1% per il trading su petrolio e/o Gas Naturale. 
  • Un approccio bilanciato può essere quello di dedicare il 2% all’oro, l’1% alle terre rare e il 2% al trading di breve periodo su petrolio, Gas Naturale e argento. 
  • Un approccio aggressivo e tendenzialmente speculativo è quello di lasciare l’1% alle terre rare e muoversi con mosse speculative su petrolio, Gas Naturale, oro e argento per il rimanente 4%. 

Per gli approcci a più alto rischio, si consiglia vivamente di seguire il nostro sito e i servizi ad esso collegati. 

(9. Continua)