Borse in caduta libera, l'inflazione fa paura

I tassi di interesse tendono a salire, il dollaro si rafforza e le borse soffrono. Tutto a causa di timori di un’impennata dei prezzi. Ecco cosa dicono gli esperti

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I tassi di interesse tendono a salire, il dollaro si rafforza e le borse soffrono. Tutto a causa di timori di un’impennata dei prezzi. Ecco cosa dicono gli esperti.

La Fed tenta di tranquillizzare i mercati

Ieri a Wall Street si è realizzato un rimbalzo che tuttavia non ha cancellato i recenti segnali di debolezza. Alla base della reazione le rassicurazioni di Charles Evans. Il presidente della Fed di Chicago, in una intervista alla Cnbc, ha ribadito infatti che l'impennata dell'inflazione non è destinata a durare nel tempo. 

In realtà non tutti i membri della Fed sono dello stesso avviso. Il presidente della Federal Reserve di St. Louis, James Bullard, in un intervento recente durante un incontro organizzato dall'International Economic Forum of the Americas ad esempio ha avvertito che l'inflazione potrebbe rimanere elevata per qualche tempo. Bullard è un "falco", uno dei membri del comitato di politica monetaria che sostiene la necessità di mosse aggressive per combattere l'inflazione più alta del previsto tanto da ritenere necessari due aumenti dei tassi di interesse già nel 2022. 

Petrolio ancora sotto i riflettori

Sotto i riflettori sui mercati globali è ancora il petrolio, i cui corsi hanno toccato i massimi dal 2014. Kristalina Georgieva, numero uno del Fondo monetario internazionale (Fmi), ha anticipato la revisione al ribasso della stima di crescita del Pil globale nel 2021 nell'edizione di ottobre del World Economic Outlook che sarà pubblicata settimana prossima. 

Il Fmi rivede al ribasso le stime di crescita

Dopo un'estate segnata da strozzature nella supply chain e crescenti pressioni inflazionistiche, secondo Georgieva lo slancio di Usa e Cina sta rallentando. Settimana prossima l'Fmi pubblicherà l'edizione di ottobre del suo World Economic Outlook dopo che in quella di luglio era stata stimata al 6,0% l'espansione dell'economia globale quest'anno. 

"L'ostacolo più immediato è il grande divario sui vaccini: troppi Paesi con scarso accesso lasciano troppe persone non protette dal Covid-19", ha dichiarato Georgieva. Anche se il World Economic Outlook prevederà ancora un deciso rimbalzo dal calo della produzione globale registrato nel 2020, per Georgieva "i rischi e gli ostacoli a una ripresa globale equilibrata sono diventati ancora più pronunciati". 

Le banche centrali alzano i tassi

Che qualche cosa stia cambiando a livello di politica monetaria a causa del rialzo dell'inflazione lo conferma l'intervento della banca centrale della Nuova Zelanda, che si accoda a decisioni analoghe già prese da Norvegia, Repubblica Ceca e Corea del Sud. La Reserve Bank of New Zealand (Rbnz) ha infatti aumentato i tassi d’interesse di 25 punti base allo 0,50% dopo averli lasciati invariati sui minimi storici dello 0,25% dal marzo 2020, quando li aveva abbassati di 75 punti base (il precedente taglio, di 50 punti base, risaliva all'agosto 2019). Si tratta del primo rialzo del costo del denaro in oltre sette anni e, secondo quanto reso noto dalla banca, potrebbe anche essere solo il primo di una serie di rialzi volti a contenere la crescita dell'inflazione. 

Inflazione che mostra i muscoli un po' ovunque. Secondo quanto comunicato da Statistics Korea (l’ente statistico di Seoul), in settembre il tasso d'inflazione è calato in Corea del Sud al 2,5% annuo dal 2,6% di luglio e agosto (2,4% in giugno). La lettura, che si confronta con il 2,3% del consensus del Wall Street Journal, segna il sesto mese consecutivo sopra il 2% di target della Bank of Korea. 

Abbiamo chiesto al dott. Mauro Antonio Rotunno, Analista Finanziario Indipendente, di chiarire per noi se i timori di una impennata duratura dell'inflazione, in particolare negli Usa, siano giustificati. 

D. Dott. Rotunno, ma quale tasso di inflazione reale incorpora attualmente il decennale USA? 

R. Una risposta è ottenibile dal confronto tra il grafico del tasso decennale e il tasso a 10 anni Treasury Inflation Indexed Security della Fed di St. Louis  il quale ultimo, con un tasso negativo di poco più di  -0,8% , confrontato con il tasso nominale sul decennale a 1,465,  implicherebbe un tasso di inflazione scontato dai mercati di circa il 2,26%. 

E questo dovrebbe anche essere il tasso target del decennale USA da qui a 6-8  mesi, una volta che i tassi a breve saliranno ulteriormente. Ci troviamo quindi di fronte ad una inflazione attesa tra il 2-3 %, cosa che non preoccupa eccessivamente, compatibile con un tasso del GDP atteso intorno al 4-5%. L’economia tutto sommato si trova ancora in fase positiva e con la variante delta superata, i timori di una recessione non sono imminenti.

Si veda inoltre isolatamente il deciso aumento del tasso a 2 anni sui governativi, che , storicamente anticipa le manovre sui tassi a breve della Fed.

D. Dott. Rotunno, quindi i timori sono ingiustificati?

R. Purtroppo non è esattamente così: dove l’inflazione sta esprimendo valori ben al di sopra di quelli attesi è il settore energetico. Da un lato il Light Crude quotato al Nymex ha riguadagnato i massimi del 2018 e, dal punto di vista esclusivamente tecnico e dall’azione dei prezzi, non vi sarebbe nulla di strano nel vederlo al di sopra di tale massimo entro la fine dell’anno. Il gas naturale, come tutti sanno, ha avuto un incremento rapidissimo e l’unica linea di trend che lo rappresenta è curvata come una parabola. 

Ma non solo. I prezzi del carbone sono cresciuti in conseguenza dell’innalzamento dei valori del gas naturale. L’innalzamento dei prezzi del gas produce una crescita dei prezzi del carbone per effetto dell’arbitraggio sui prezzi per produrre energia (ricavare energia a carbone costa meno). Inoltre la Cina è il maggior produttore di alluminio nel mondo (ne produce circa il 60%). Produrre alluminio consuma quantità enormi di energia e i cinesi ricavano l’energia elettrica utilizzando carbone. In Europa questo fenomeno sta producendo conseguenze importanti. Basta guardare il grafico di una società nel settore carbone, quotata nel NYSE, ARCH, e il grafico relativo all’alluminio rappresentato da un ETF quotato nel mercato AMEX, JJU, per avere una chiara idea di queste dinamiche.

Le spinte inflazionistiche dell’energetico quindi, rappresentano una variabile di cui si dovrà tenere conto, anche in considerazione dell’enorme volatilità di alcuni mercati, come il gas naturale e la domanda cinese che è importantissima. Potrebbero quindi provocare le famose “unintended consequences”, il cigno nero che nessuno si aspetta all’interno della matrice di un pensiero semplicistico, causa-effetto.

D. Dott. Rotunno, ma allora il dollaro salirà?

R. Con le aspettative di aumento dei tassi, ci attendiamo un rafforzamento del dollaro, come appare anche dal grafico, tenendo ben presente però che l’aumento di domanda del greenback dovuto ai movimenti speculativi sui tassi va rimodulato con l’effetto sulla bilancia dei pagamenti, dell’inflazione e della percezione di solidità del bilancio pubblico statunitense. Tuttavia, nel breve termine, il dollaro mostra decisi segnali di forza.

D. Dott. Rotunno, ci aiuti a trarre delle conclusioni

R. Anche se il Leading Economic Indicator proposto dal Conference Board esprime sino a fine agosto il protrarsi in positivo della maggioranza degli indicatori che lo compongono, è necessario navigare a vista, soprattutto in momenti quale quello attuale dove i risvolti geopolitici (Cina fra tutti) riassumono una crescente importanza strategica per il mantenimento della leadership degli USA a livello globale. 

Ci troviamo quindi di fronte  ad un mercato che, lentamente, sta incorporando la fine di un ciclo monetario ultra espansivo e che preannuncia un innalzamento dei tassi. I prezzi dell’azionario USA incorporano i tassi attesi di profitto del corporate americano e l’atteso aumento dei tassi non può far altro che raffreddare le valutazioni e i multipli.

Resta da chiedersi se, in questo percorso di aggiustamento dei prezzi , dobbiamo attenderci ulteriori correzioni oppure un processo di riaccumulazione, con un movimento orizzontale dei prezzi contenuto tra la media mobile a 50 e 200 giorni, per procedere poi con un’ultima “leg” impulsiva di continuazione del trend positivo nel 2022.

(Alessandro Magagnoli)