Inflazione record negli Usa ma le borse tengono

A dicembre l'inflazione Usa è infatti salita del 7% anno su anno, le borse hanno però retto bene. Ecco cosa potrebbe accadere adesso.

Inflazione record negli Usa ma le borse tengono

Il mercato è rimasto in attesa per alcune sedute dell’inflazione Usa per decidere come muoversi, ma alla fine l’uscita del dato mercoledì alle 14:30 non è servita a chiarire le idee, tanto che oggi le variazioni percentuali sono ridotte. 

Inflazione Usa ai massimi dal 1982

A dicembre l’inflazione Usa è infatti salita del 7% anno su anno, la variazione maggiore dal 1982, ma al tempo stesso allineata con le attese. I principali indici di borsa hanno tutto sommato retto bene l’impatto del dato, che evidentemente era già scontato, ma hanno anche dovuto sopportare quello dell’andamento della produzione industriale della zona euro, scesa a novembre rispetto ad un anno prima dell’1,5% a fronte di attese di un incremento dello 0,5% per via della caduta della produzione di beni strumentali. 

Le borse restano forti

La sostanziale stabilità dei principali indici di borsa a fronte di questi elementi potenzialmente ribassisti può quindi essere vista come un indizio di forza, anche se un vero e proprio segnale in questo senso verrebbe al di sopra di massimi di inizio mese.

Ma cosa ha rassicurato i mercati?

Parlando davanti al Senate Banking Committee (commissione bancaria del Senato Usa), il chairman della Federal Reserve Jerome Powell ha dichiarato che i tassi d’interesse potrebbero essere alzati prima del previsto (a questo punti gli investitori si attendono un primo intervento già a marzo) se necessario per tenere sotto controllo l’inflazione. I mercati non hanno reagito negativamente perchè Powell ha dichiarato che la Fed cercherà di controllare l’inflazione ma senza danneggiare il mercato del lavoro

Disoccupazione Usa in calo

Gli ultimi dati disponibili mostrano che a dicembre il tasso di disoccupazione degli Stati Uniti è sceso dal 4,2% di novembre al 3,9%, un risultato migliore delle attese del consensus, che aveva previsto una riduzione al 4,1%.

Powell (Fed), i tassi rimarranno bassi

Le misure di stimolo a sostegno dell’economia verranno progressivamente rimosse, e i tassi di interesse aumentati, ma non in modo rigido, stando invece attenti a non fare deragliare la ripresa. In particolare per quello che riguarda l’asset purchase program verrà chiuso entro marzo e il bilancio della banca centrale, attualmente vicino ai 9mila miliardi di dollari, potrà iniziare ad essere ridotto da giugno, ma Powell ha anche dichiarato che “rimarremo in un’era di tassi d’interesse molto bassi”.

La Fed si appresta comunque ad intervenire

Anche Loretta Mester, numero uno della Federal Reserve Bank (Fed) di Cleveland, come già aveva dichiarato in precedenza il collega della Fed di St. Louis James Bullard, è pronta a sostenere il ritorno a una politica di rialzo del costo del denaro in occasione del meeting del Federal Open Market Committee (Fomc) di 14-15 marzo. “Se l’economia a marzo somiglierà a quella di oggi e le prospettive saranno simili, allora sosterrò l’aumento dei tassi in quel meeting insieme ai primi passi indietro su alcuni degli accomodamenti straordinari di cui abbiamo avuto bisogno all’inizio della pandemia”, ha spiegato in un’intervista a Bloomberg Tv. Mester, che nel 2022 è membro votante del Fomc, ha precisato di ritenere adeguati, in linea con le previsioni diffuse dall’istituto centrale di Washington in dicembre, tre aumenti dei tassi di 25 punti base nel corso dell’anno.  

JPMorgan fiduciosa

Il CEO di JPMorgan Jamie Dimon è ottimista, nonostante ritenga che nel corso dell’anno verranno attuati almeno 4 rialzi dei tassi. Parlando a CNBC Jamie Dimon ha dichiarato “I think that four increases of 25 basis points is a very, very little amount and very easy for the economy to absorb“. Secondo Jamie Dimon quindi l’economia è così in salute da poter digerire senza troppi problemi il rialzo dell’1% in un anno del costo del denaro.  

Inflazione ad un picco?

In generale gli operatori sembrano convinti che effettivamente, come predicano ormai da tempo le banche centrali, il picco dell’inflazione sia ormai vicino, magari verrà toccato a gennaio, e che nel corso dei prossimi mesi ci sarà una discesa, se non verso il 2%, che è il target di Fed e Bce, almeno su livelli più facilmente gestibili rispetto agli attuali. Questo è un bene perchè anche la crescita dell’economia rischia di rallentare. 

La Banca Mondiale prevede un rallentamento

La Banca Mondiale ha recentemente pubblicato uno studio secondo il quale l’economia globale starebbe entrando in un pronunciato rallentamento. La crescita dell’inflazione, del debito e delle disuguaglianze di reddito potrebbe minacciare la ripresa nelle economie emergenti e in via di sviluppo dichiara la Banca Mondiale che stima una crescita globale per il 2022 del 4,1%, in rallentamento dal 5,5% del 2021. Per il 2023 la crescita del Pil è stimata a +3,2%. 

Rendimenti Usa sotto osservazione

In questo momento le borse guardano ai rendimenti dei bond Usa per decidere come muoversi. Il livello spartiacque è quello dell’1,83% per i T Note decennali. Questa quota coincide con il 50% di ritracciamento del ribasso dai massimi di area 3,24% dell’ottobre 2018. Fino a che i rendimenti sui 10 anni saranno al di sotto di area 1,83% vuol dire che il mercato crede in una Fed capace di gestire la situazione, la rottura di quella soglia rischia invece di anticipare movimenti verso il 2,15%, una situazione che avrebbe sicuramente un impatto negativo anche sull’andamento delle borse. 

Da segnalare che mercoledì il Tesoro statunitense a ha collocato 36 miliardi di dollari di titoli a dieci anni, il tasso è stato dell’1,72% e il bid to cover a 2,5, sui valori massimi degli ultimi tre mesi: non sembrerebbe un mercato sfiduciato che deve essere allettato con rendimenti in crescita per comprare.

Lo S&P500 resta intonato positivamente

In tutto questo, inflazione alle stelle, contagi a livelli record (negli Usa lunedì sono stati raggiunti 1,35 milioni di nuovi casi di infezioni da Covid-19 e in ospedale sono ricoverate quasi 140mila persone, un numero che non veniva più toccato da gennaio 2020), rischio di rallentamento della ripresa economica, lo S&P500 resta saldamente al di sopra della propria media mobile esponenziale a 100 giorni, supporto a 2110 punti circa. La media sintetizza con la sua posizione rispetto ai prezzi la condizione della tendenza di medio periodo, che rimarrà quindi al rialzo a meno di discese al di sotto dei 2110 punti (confermate da almeno una chiusura di seduta). 

E anche in caso di violazione di area 2110 prima di parlare di avvio di una vera e propria correzione del rialzo in atto dai minimi di marzo 2020 sarebbero necessarie discese al di sotto di 1962, minimo di ottobre 2021. Dalla tenuta di area 2110 e dal superamento del picco di inizio mese a 2228 punti potrebbe invece derivare una nuova fase rialzista, con obiettivo tra i 2400 e i 2450 punti. 

(Alessandro Magagnoli)

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