La crescita dell'inflazione a livello globale torna a preoccupare i mercati. Cosa faranno le borse? E l’oro è una alternativa?
La crescita dell'inflazione a livello globale torna a preoccupare i mercati. Un effetto evidente di questi turbamenti è l'andamento del dollaro: la moneta americana è salita ai massimi da un anno e mezzo circa contro euro spingendosi fino a 1,1450 circa.
Inflazione Usa +6,2%
Negli Usa il Dipartimento del Lavoro ha comunicato che nel mese di ottobre l'indice grezzo dei prezzi al consumo è cresciuto dello 0,6% rispetto a settembre risultando superiore alle attese (+0,4%) e alla rilevazione precedente (+0,2%). Su base annuale l'indice si è attestato al +6,2%, superiore alla lettura di settembre e al consensus (rispettivamente pari al +5,4% e al 5,8%), il ritmo più veloce dal 1990. L'indice Core (esclusi energetici ed alimentari) è cresciuto dello 0,6% rispetto al mese precedente (consensus +0,4%). Su base annuale l'indice e' salito del 4,6% risultando superiore alla rilevazione precedente (+4%) e alle attese (+4,3%).
Salgono i rendimenti dei bond
Il rendimento del bond decennale Usa è dell'1,5% circa, il rendimento reale, depurato dall'inflazione è sui minimi storici, al -1,2%. Lo spread tra i rendimenti a 5 anni tra Usa e Germania è al -0,53%, sui valori più elevati da inizio 2020. La Bce non ha probabilmente altrettanta fretta della Federal Reserve nell'andare ad alzare il costo del denaro e gli operatori si posizionano in vista degli interventi futuri delle banche centrali e sui riflessi che questi potranno avere sull'inflazione a livello locale.
La Fed alzerà i tassi?
Dopo i dati sull'andamento dei prezzi negli Usa diventano più credibili le recenti dichiarazioni del presidente della Fed di St Louis, James Bullard, che ha dato come molto probabili due rialzi dei tassi nel 2022. Il segretario al Tesoro Janet Yellen ha assicurato che la Fed non consentirà il ripetersi della "Grande Inflazione" degli anni 1970, un messaggio chiaro ai mercati che se fino ad oggi le priorità erano la crescita economica e il mercato del lavoro da domani potrebbe diventare il controllo dell'aumento dei prezzi.
Cina, prezzi alla produzione +13,5%
Anche in Cina i prezzi salgono, quelli alla produzione ad ottobre sono ai massimi da 26 anni con un +13,5%, dato superiore alle attese degli analisti (+12,3%) e alla rilevazione del mese di settembre (+10,7%). L'impennata è dovuta alla fiammata delle materie prime e alla crescente carenza di energia elettrica. I prezzi al consumo sono invece saliti dell'1,5% su base annua dopo il +0,7% di settembre (leggermente al di sopra delle attese di un +1,4%). In Cina aumenta così il timore che le pressioni inflazionistiche possano ridurre le possibilità di un taglio dei tassi da parte della banca centrale, almeno nel breve termine.
Giappone, prezzi alla produzione +8%
In Giappone a ottobre i prezzi alla produzione sono rimbalzati dell'8,0% annuo, contro il 6,3% di settembre e il 7,0% del consensus. La crescita si attesta sui massimi addirittura dal gennaio 1981. Su base sequenziale l'indice è invece aumentato dell'1,2% dopo il rialzo dello 0,3% di settembre.
Germania e UE, prezzi al consumo +4,6%
In Germania l'indice dei prezzi al consumo, lettura finale per il mese di ottobre, è cresciuto del +0,5% su base mensile, su base annua il dato mostra una crescita del 4,6%, in linea con le attese ma comunque molto al di sopra del livello desiderato del 2%. La variazione della sola componente energia è stata del +18,6%, quella degli alimentari al +4,4%.
L'indice armonizzato per l'intera UE mostra una crescita dello 0,5% su base mensile, del 4,6% su base annua. Entrambi i dati sono risultati in linea con le previsioni degli analisti e con il dato preliminare.
Nasdaq sotto pressione
Difficile per le azioni, soprattutto quelle a più alto valore di Beta, ignorare queste dati, come dimostrano i recenti cali del Nasdaq Composite. Anche l'andamento dell'oro, e dollaro già menzionato sopra, conferma che c'è una notevole tensione sui mercati finanziari, anche se probabilmente in parte ancora inespressa sulle borse.
Oro in crescita
L'oro si è portato sui massimi da giugno a 1860 dollari circa e sembra intenzionato a salire ancora, dal momento che la resistenza chiave in questa fase era posizionata a 1850 dollari circa. Prossimo target a 1950 dollari.
Scende il petrolio
In calo invece il petrolio. L'EIA (Energy Information Administration) ha comunicato che negli USA alla fine della scorsa settimana le scorte di petrolio hanno fatto segnare una crescita di 1,001 milioni di barili, a fronte di una crescita di 2,125 milioni attesa dagli analisti (settimana precedente: +3,291 milioni di barili). Da notare che negli ultimi giorni c'è stato il rilascio di 3,1 milioni di barili da parte dell'U.S. Strategic Petroleum Reserve (SPR), l'operazione di maggiore portata dal July 2017 che ha portato l'SPR ai minimi dal luglio del 2003. L'amministrazione Biden sta usando questo approccio per tentare di contenere l'aumento del costo dei carburanti che ha un peso notevole sull'incremento dell'inflazione.
L’inflazione non sempre è una zavorra
Le borse, nonostante questa grandinata di dati negativi, stanno tenendo tutte abbastanza bene, fatta eccezione per il menzionato Nasdaq. Mettendo a confronto il grafico dell'inflazione media (Median Consumer Price Index), ricavato dal sito della (https://fred.stlouisfed.org/series/MEDCPIM159SFRBCLE) Fed di St. Louis, con quello dell'indice S&P500, si può notare come la borsa sia riuscita a salire in passato anche in presenza di una inflazione in robusta crescita.
Quello che pesa sull'andamento dei listini infatti è soprattutto l'andamento del Pil, e quindi della capacità delle aziende di produrre utili. Fino a che la crescita dell'inflazione è il prodotto di una economia che corre la borsa riesce a rimanere su un uptrend, i nodi vengono invece al pettine quando la crescita dell'economia rallenta.
Il Pil Usa perde la spinta
E su questo fronte qualche crepa emerge nella narrazione ottimista delle autorità. Il Pil Usa del terzo trimestre è risultato infatti in espansione di soli 0,5 punti percentuali, un brusco calo dall'1,6 per cento del secondo trimestre. I consumi, vero e proprio motore dell'economia americana, nel periodo da aprile a giugno erano aumentati del 2,9 per cento, nel periodo da luglio a settembre sono invece cresciuti solo dello 0,4 per cento. Il Pil statunitense su base annua è cresciuto del 2 per cento dal 6,7 per cento del secondo trimestre. Se la borsa tiene per il momento è solo perchè Joe Biden sta portando avanti un piano di spesa da 1750 miliardi di dollari per incrementare la sicurezza sociale e la lotta ai cambiamenti climatici e un altro da 1200 miliardi di dollari per le infrastrutture.
L’Ocse suona l’allarme
Anche secondo l'Ocse sono emersi segnali di un possibile picco dell'espansione economica negli Usa, in Giappone, in Germania e nel Regno Unito. O almeno questo è quello che suggerisce il "superindice". Nel caso dei mercati emergenti segnali in questo senso arrivano per la Cina ma anche l'India rischia di andare incontro ad una crescita inferiore rispetto al trend di lungo termine. Ad ottobre il "superindice" Ocse è rimasto fermo a 100,9 punti, con un progresso di 2,5 punti rispetto ad un anno prima. In calo gli Usa su base mensile (-0,05 a 100,4), con una crescita di 2,1 punti annui. La Germania subisces un calo a 101,8 dai 101,9 di settembre (aumento di 3 punti su base annua). Il superindice della Cina è fermo a 101,2, con una variazione di soli 0,77 sull'anno, quello dell'India scende a 97,7 da 97,8. L'Italia è il migliore paese del G7 con un indice a 101,9 punti, in crescita di 3,3 punti sull'ottobre 2020.
I livelli chiave per le borse
Quali sono i livelli chiave da tenere sotto controllo per rimanere investiti nell'azionario con la speranza di vederlo crescere ancora, nonostante tutto?
Nel caso dell'S&P500 sarebbe il ritorno al di sotto del picco del 2 settembre a 4546 punti a mettere in discussione la tenuta dell'uptrend. Per quello che riguarda il Nasdaq Composite il livello da tenere sotto controllo è quello dei 15370 punti. Per gli investitori domestici che guardano al Ftse Mib la soglia di guardia è quella dei 26500 punti.
Quali alternative alle azioni?
Le alternative alle azioni in questo momento sono l'oro e il Bitcoin, entrambi ritenuti un rifugio in ottica anti inflazionistica (nel caso del Bitcoin è il fatto che ci sia un limite stabilito di monete che può entrare in circolazione a favorire questo ruolo) ed entrambi quotati in dollari, un ulteriore vantaggio per l’investitore domestico dal momento che la moneta Usa, viste le prospettive sui tassi di interesse, dovrebbe continuare a rafforzarsi sull’euro.
(Alessandro Magagnoli)