Perché Johnson & Johnson ha fallito nella corsa del vaccino?

Fattori positivi come conservazione e singola somministrazione si sono trasformati in ostacoli e Johnson & Johnson ha fallito nella corsa del vaccino.

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Perché Johnson & Johnson (J&J) ha fallito nella corsa del vaccino contro il Covid-19? Il colosso del New Jersey aveva diversi assi nella manica, visto che il suo vaccino, sviluppato dalla sussidiaria belga Janssen Pharmaceutica, come quello di AstraZeneca e University of Oxford, è basato su tecnologia a vettore virale che, a differenza di quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna (che utilizzano invece l'Rna messaggero), permette una conservazione più agevole. Nessuna catena del freddo rispetto a vaccini che devono rimanere a temperature di decine di gradi sotto lo zero: quello di J&J può essere conservato in un normale frigorifero e rimanere stabile per almeno tre mesi.

Johnson & Johnson ha fallito sul vaccino per il Covid-19

Forse ancora più strategica, e questo garantiva a J&J un vantaggio competitivo anche nei confronti di AstraZeneca: la singola somministrazione. A parte pochi che per pochi vacanzieri accaniti, che grazie al vaccino di Janssen si sono assicurati di non dovere interrompere le ferie per farsi iniettare la seconda dose, anche questo vantaggio si è alla fine rivelato controproducente. Certo, J&J è partita in ritardo: è arrivata con il suo vaccino quando la distribuzione di AstraZeneca, Pfizer e Moderna era iniziata da mesi. Come quello di AstraZeneca anche il vaccino di J&J è stato vittima di una campagna ai limiti del terrorismo per effetti collaterali certo esistenti ma comunque residuali se misurati su milioni e milioni di inoculazioni.

Johnson & Johnson ha fallito nonostante la singola dose

Alla fine, però, sono stati proprio i fattori positivi a trasformarsi in ostacoli, visto che in molti casi Johnson & Johnson è stata scelta per situazioni limite: aree geografiche poco raggiungibili, prive di strutture, in cui la più facile conservazione e la singola dose si sono rivelate davvero un fattore determinante. Il problema, però, è che queste aree meno fortunate sono anche quelle meno popolate e quindi più basso è risultato il numero delle inoculazioni con il vaccino J&J che, come ricorda Reuters, era visto dalla stessa Ue come quello in grado di dare un'accelerata al programma vaccinale. 

Vaccino Johnson & Johnson in ritardo su consegue in Ue

Nell'arco di soli due mesi, però, il vaccino Johnson & Johnson è passato dall'essere protagonista al ruolo di mera comparsa. E le responsabilità sono anche nella supply chain di J&J: per fine giugno dovevano essere consegnate 55 milioni di dosi all'Europa ma finora ne sono arrivate solo 12 milioni. Nel Vecchio Continente, per altro, solo circa la metà delle dosi sono state somministrate, nota sempre Reuters, contro il 90% dei 250 milioni dei vaccini di Pfizer e BioNTech e circa l'85% dei 30 milioni di Moderna.

Arrivato quando le persone più vulnerabili erano già vaccinate

"Non c'è un motivo strategico per la bassa somministrazione di questo vaccino", ha dichiarato a Reuters Guido Rasi, ex direttore esecutivo della European Medicines Agency (Ema, l'autorità Ue del farmaco), che oggi è consigliere del Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 Francesco Figliuolo. Per Rasi una delle possibili spiegazioni per il basso assorbimento è che il vaccino di J&J è diventato disponibile dopo diverso tempo rispetto a quelli di Pfizer o AstraZeneca, quando molte delle persone più vulnerabili erano già state inoculate, rendendo perciò il suo uso meno urgente.

(Raffaele Rovati)