I mercati arrancano. Oggi parla la Fed

Vien da chiedersi se la FED possa ulteriormente sorprendere i mercati in negativo.

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C’è molta confusione sotto il cielo dei mercati azionari, che in dicembre hanno dapprima rimbalzato con vigore, per poi ripiegare nella prima parte di questa settimana, tanto da rimangiarsi parecchia della strada rialzista fatta con il poderoso recupero del 6,7 ed 8 dicembre.

Anche ieri il tabellone dei principali mercati azionari mondiali si è tinto di rosso, replicando la seduta di lunedì. L’Europa, come ci mostra l’indice Eurostoxx50, che la sintetizza, ha ripetuto il tentativo di rimbalzo iniziale, ma ha presto capito che la strada da percorrere era ancora una volta quella indicata dalle vendite, che hanno preso il sopravvento per il resto della seduta, chiusa sui minimi con un’accelerazione che ha reso il saldo a fine seduta assai peggiore di quello di lunedì (-0,92%).  Con quella di ieri, la collezione di sedute consecutive negative arriva a 5 e compie l’opera di cancellare tutto il forte rialzo della magnifica seduta del 7 dicembre.

Dal calo in Europa si sono salvati solo gli indici di Italia e Spagna, grazie al buon comportamento dei titoli bancari, che sentono profumo di rialzo futuro dei tassi.

Nella debacle europea c’è ovviamente lo zampino americano, dato che anche Wall Street ieri ha balbettato per tutta la prima parte della sua seduta, fiaccata dalle notizie allarmanti dell’OMS sulla nuova variante Omicron, che si sta diffondendo a velocità mai vista prima. Niente di nuovo, lo si sapeva già, ma se lo dice l’OMS i governanti si preoccupano e magari decidono restrizioni proprio sotto Natale. Ma a dare l’occasione ai venditori di farsi avanti è stato soprattutto dal pessimo dato sui prezzi alla produzione USA di novembre, saliti al ritmo annuo del +9,6%, più delle attese degli analisti (9,2%) e un punto percentuale in più del mese precedente. È ovviamente una crescita record ed ha un funesto precedente solo a luglio del 2008, prima dello scoppio della grande crisi finanziaria ed economica che tutti ricordano.

Tutte le elucubrazioni fatte la scorsa settimana, che forse i prezzi al consumo a dicembre avrebbero potuto rallentare un po’ e l’inflazione fare una pausa, finiscono direttamente nel cestino. E la speranza che magari la FED, al termine del FOMC questa sera, comunicasse solo una lieve accelerazione dei tempi del Tapering, diventa automaticamente una pia illusione.

Questo ha comunicato l’apertura in forte gap ribassista dell’indice USA SP500. Dopo un rapido e fallito tentativo di riportarsi in parità, è arrivata un’altra bordata di vendite, con rapido raggiungimento di una perdita superiore al punto percentuale e del minimo di seduta a quota 4.607. Quanto basta per trascinare sui minimi di seduta anche la chiusura europea e per andare a chiudere un gap rialzista lasciato aperto dalla magica seduta del 7 dicembre.

Ma verso la fine della seduta a Wall Street sono riapparsi i compratori che, come spesso succede, hanno costruito un mini-rally in grado di dimezzare le perdite (-0,75% finale) e di far assumere alla candela giornaliera un aspetto certamente non bello, ma meno orribile che a metà seduta.

Oggi la palla passa nelle mani della FED, che stasera comunicherà le decisioni del FOMC. Ormai pare scontato il raddoppio da 15 a 30 mld $ del taglio mensile degli acquisti di titoli, con conseguente abbreviazione dei tempi di azzeramento degli acquisti da giugno a marzo del 2022. I mercati stanno già scontando che a marzo venga fatto anche il primo dei 3 rialzi dei tassi che prevedono per il prossimo anno.

Vien da chiedersi se la FED possa ulteriormente sorprendere i mercati in negativo. Siccome quel che si attendono ora i mercati è già assai più di quel che solo un mese fa la FED sosteneva, e data la caratteristica di “colomba” di Powell, ritengo difficile che la FED lanci questa sera messaggi peggiori delle attese. Se andrà incontro alle attese, non dobbiamo dimenticare che queste nei prezzi attuali sono già incorporate. Perciò non penso che dal fronte FED possano arrivare spinte ribassiste consistenti. 

Anzi. Ogni frase del comunicato o della Conferenza Stampa di Powell che lasci intendere un cronoprogramma di azzeramento del QE più lento di quel che i mercati sono rassegnati a sentire, dovrebbe essere accolta da Wall Street con un forte sospiro di sollievo.