Russia-Ucraina: le conseguenze della guerra per l’Italia

Dalla crisi energetica, al rincaro di pasta, pane, carne e latte. Ma anche effetti sul turismo e sulle esportazioni del Made in Italy, in primis di vino.

Il conflitto tra la Russia e l’Ucraina ha delle ripercussioni economiche su scala globale, a partire dal prezzo di petrolio e gas e dalle forniture in Europa, ma non solo. Le conseguenze per l’Italia potrebbero essere pesanti, su vari fronti.

Import di gas a rischio

Per l’Italia la preoccupazione maggiore riguarda l’import di gas. L’Italia è infatti uno degli Stati che più dipendono dal gas russo: nel 2020 la quota di gas importato era superiore al 43%.

Secondo l’Eia (Agenzia internazionale dell’energia) le importazioni di gas sono fondamentali per l’Europa che importa due volte la quantità che produce e che da sola non riesce a soddisfare la domanda interna. 

Le alternative per colmare la carenza di approvvigionamento sono però pochissime e costose. 

Ne consegue che una scarsa disponibilità di questa materia farà salire ulteriormente i prezzi con effetti sulle bollette. 

Ripercussioni sul commercio e sul settore finanziario

Gli affari commerciali tra Russia e Italia valgono 20 miliardi di euro. Le imprese italiane che trattano con Mosca sono circa 300: guerra e conseguenti sanzioni rischiano di mettere a repentaglio il flusso di import/export del Made in Italy.

Anche nell’ambito finanziario, le banche italiane “sono tra le più esposte verso la Russia con prestiti e finanziamenti complessivi per 25,3 miliardi di dollari ai quali si aggiungono 6 miliardi di garanzie.

Turismo esposto al conflitto

In quello che doveva essere l’anno del riscatto, il settore turismo rischia un nuovo duro colpo. Assoturismo Confesercenti avverte che sono a rischio 5,8 milioni di presenze, provenienti dalla Russia.

Secondo quanto scrive Il Sole24 ore, gli ospiti altospendenti provenienti dalla Russia che scelgono soprattutto la Toscana e la Sardegna, sono ogni anno oltre 400mila. 

Ma le ripercussioni riguardano anche tutto l’indotto, dal comparto enogastronomico a quello del lusso.

Nuova ondata di inflazione per i beni di primo consumo

Il conflitto aumenta anche il rischio di inflazione su beni di consumo primario.

A partire dal Mais, di cui l’Ucraina è il nostro secondo fornitore, con una quota di poco superiore al 20% e garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano. I problemi riguardano anche le modalità di approvvigionamento a causa del caro carburante.

Effetti al rialzo potrebbero presto evidenziarsi sui costi delle carni e del latte in Italia, come conseguenza diretta dell’aumento del prezzo del mais di qualità per allevamenti.

Un altro comparto esposto alla crisi è quello vinicolo. L’Italia è infatti il primo Paese fornitore di vino in Russia, con una quota di mercato di circa il 30%, davanti a Francia e Spagna.

Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio Uiv e Vinitaly su base dogane, solo nel 2021 sono stati registrati ordini dalla Russia per un valore pari a 375 milioni di dollari. 

Metalli per l’industria

Infine potrebbero esserci conseguenze per l’industria, italiana ed europea: la Russia infatti è un importante fornitore di materie prime per l’industria più avanzata. Tra le materie prime esportate ci sono il titanio, il palladio, l’alluminio e il nickel. Sul fronte occidentale, l’Ucraina produce l’80% delle forniture mondiali di neon, un materiale utilizzato nella tecnologia al laser che serve per produrre i microchip più avanzati.

(Claudia Cervi)

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