Sell off sui mercati, la settimana comincia male

Il caso Evergrande spaventa un po’ tutti nella settimana delle banche centrali, ma non è l’unica incertezza

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Avvio di ottava terribile per i mercati azionari globali. Un lunedì nero in cui la paura prevale e vendite consistenti scontano in qualche maniera le crescenti incertezze degli ultimi giorni. Nel primo pomeriggio i maggiori indici azionari europei mostrano tutti perdite rilevanti con il Dax che cede il 2,46%, il Cac40 che perde il 2,07%, il Ftse 100 a -1 %, il Ftse Mib a -2,54% e l’Ibex 35 a -1,1 per cento. In molti casi è presto per parlare di fine della tendenza al rialzo degli ultimi mesi, ma il clima di fuga dal rischio è confermato su tutti i fronti. L’apertura in rosso di Wall Street (S&P 500 -1,37%, Nasdaq 100 -1,39% e Dow Jones -1,41%) conferma.

Lo confermano anche gli acquisti sui titoli di Stato UE, che assorbono in parte i capitali in fuga dall’azionario, con il rendimento del Bund tedesco che cede 5 punti base e torna a -0,31% mentre quello del BTP italiano perde 2 punti base e torna allo 0,71% (spread a 102 punti base). 

Lo conferma l’apprezzamento dello yen sull’euro (+0,24%) e sul dollaro (+0,22%) mentre il dollaro si apprezza sulla moneta unica (EUR/USD -0,03%) e sulla sterlina (GBP/USD -0,28%). Il tipico movimento di fuga, insomma, verso valute “rifugio” come yen e dollaro. 

Anche l’oro guadagna terreno (+0,14% a 1756 dollari l’oncia) confermando il clima di tensione sui mercati.

Sell off, il lato asiatico delle vendite

Per la maggior parte degli osservatori l’evento scatenante delle vendite è stato cinese. Il caso del colosso Evergrande e della sua incapacità a ripagare un debito da circa 300 miliardi di dollari.

Da molti anni ormai si teme una crisi del mattone nella Repubblica Popolare, ma nel frattempo le dimensioni del potenziale crack sono cresciute e si sono ramificate. Adesso i nodi sembrano giunti al pettine e le scelte che saranno compiute potrebbero fare una differenza importante non soltanto per il gruppo, ma per l’intera economia cinese. Le istituzioni sembrano volere evitare un default incontrollato (anche se il salvataggio di stato sarebbe escluso) e sarebbero orientate a una ristrutturazione della holding, cercando anche di limitare il coinvolgimento delle banche commerciali per scongiurare effetti domino imprevedibili.

Sarà comunque di un’operazione complessa, la più grande ristrutturazione varata nel Paese e un problema sociale che coinvolge migliaia di risparmiatori e potrebbe scatenare proteste imponenti.

Il tempo stringe perché il prossimo 23 settembre il gruppo immobiliare dovrà pagare importanti somme ai suoi creditori e già martedì scorso la società aveva ammesso la gravità della situazione, aggiungendo che “non c’è garanzia che il gruppo sia capace di ottemperare alle proprie obbligazioni finanziarie”. Che questa crisi pesi sui mercati globali è dimostrato oggi dal crollo del 10,24% di Evergrande a Hong Kong, che ha colpito l’intero listino e lanciato un allarme a tutti i mercati.

Sell off nella settimana delle banche centrali

Le forti vendite sui mercati azionari aprono una settimana delicata e fitta di appuntamenti sul fronte monetario e macroeconomico. Mercoledì aprirà le danze la Banca centrale del Giappone che deciderà dei tassi, del quantitative easing e delle prospettive economiche del Paese. 

Quella sera ci saranno le attese comunicazioni della Fed statunitense. Il presidente Jerome Powell ha già annunciato (con mille cautele) l’intenzione di avviare entro la fine dell’anno la riduzione degli acquisti di asset, il cosiddetto tapering, e difficilmente farà nuove mosse in quella direzione. Tuttavia la Fed, come le altre banche centrali, si è dotata di un ventaglio di strumenti di comunicazioni sempre più ampio e quindi i mercati ascolteranno con attenzione tutti i segnali diretti e indiretti che verranno. Sul fronte delle proiezioni macroeconomiche e su quello dei tassi. Sono attesi insomma i cosiddetti “dot plot”, che forniscono (fra l’altro) indicazioni anonime sull’orientamento futuro sui tassi dei componenti del FOMC (il direttivo centrale della Fed). Segnali anche piccoli – i dati giunti da inflazione e occupazione sono stati contrastanti - potrebbero scuotere quei mercati che oggi mostrano tutto il proprio nervosismo.

Il giorno dopo sarà la volta della Banca d’Inghilterra, che deciderà su tassi e acquisti asset. Una settimana intensa insomma, che i banchieri centrali dovranno cercare di gestire con indicazioni che possano fornire elementi di stabilità a mercati estremamente nervosi.

Non si possono però nemmeno nascondere anche tutti gli altri fattori di incertezza che pesano da tempo sui mercati, la recrudescenza della pandemia, soprattutto in Asia, ma non solo, che minaccia ogni settimana la tenuta della ripresa economica. La carenza di microprocessori e tutto il pesantissimo rincaro delle materie prime e della logistica che stanno frenando fortemente le produzioni di mezzo mondo. Lo stesso rincaro dell’energia contro cui tuonano gli operatori d’Europa ne è un aspetto. 

Senza considerare la paura che scoppi una bolla della finanza sostenibile o che mosse avventate delle banche centrali avviino un pesante ripiegamento di listini che hanno già corso tantissimo (forse troppo). 

L’impennata del 24,9% del Vix, il cosiddetto “indice della paura”, conferma l’estrema volatilità dei mercati oggi.

Il future sul Ftse MIB italiano oggi ha strappato al ribasso fino all’area dei 24.660 punti e sul supporto dinamico ascendente dai minimi di gennaio, ma diversi supporti statici sembrano ancora potere arginare ulteriori affondi. 

Il Dax tedesco è sceso sotto i minimi di luglio con un minimo a 15.019 punti, ma anche in questo caso, nonostante la veemenza del movimento al ribasso, diversi supporti statici dovrebbero arginare eventuali ulteriori affondi. 

Quello che per tutta la mattinata ha preoccupato gli analisti sul fronte americano è stato il ribasso del future sull’S&P 500 al di sotto della media mobile a 50 sedute. L’affondo del derivato a 4.344 punti ha infatti violato con un gap down un supporto dinamico che era riuscito in maniera egregia ad arginare le incertezze dell’indice di Wall Street negli ultimi mesi.

Indubbiamente un brutto segnale, da non sottovalutare, ma per questo, come per gli altri grandi indici, dopo mesi di ascesa servirà molto di più di una brutta seduta per invertire il solido trend in atto.

(Giovanni Digiacomo)