Occhi puntati sulle trimestrali Usa, borsa ancora su?

I confronti tra small caps e large caps, quello tra Nasdaq e S&P500 e quello tra titoli value e titoli growth non risolvono i dubbi su dove andrà la borsa. Quale strategia adottare?

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Occhi puntati sulle trimestrali Usa, in borsa regna l’incertezza

I confronti tra small caps e large caps, quello tra Nasdaq e S&P500 e quello tra titoli value e titoli growth non risolvono i dubbi su dove andrà la borsa. Quale strategia adottare? 

Le trimestrali Usa sostengono la borsa

Occhi puntati sulle trimestrali dei giganti Usa, oggi è il turno di Alphabet, Twitter e Microsoft, ieri Facebook è salita in after hours dopo aver annunciato una crescita degli utenti e un buy back fino a 50 miliardi di dollari. I ricavi sono stati di 29 miliardi nel trimestre contro i 29,6 attesi, l'eps di 3,22 dollari contro i 3,2 attesi. 

Per adesso l'85% circa della società dello S&P500 che ha riportato i conti ha battuto le attese degli analisti e questo serve alle borse per controbilanciare i timori di una crescita duratura dell'inflazione e di un contemporaneo ritiro degli stimoli monetari da parte delle banche centrali.

Le banche centrali potrebbero rovinare la festa

Ma proprio in vista di questi probabili cambiamenti di politica monetaria è corretto domandarsi come si posizionerà il mercato azionario in futuro.

Se analizziamo alcuni indicatori, tra i più diffusi tra gli analisti di Wall Street, lo scenario riflette uno stato di incertezza che dipende dall’azione di due forte contrastanti, da un lato le speranze che la ripresa economica prosegua a passo spedito, dall’altro il timore che inflazione e tassi in crescita mettano i bastoni tra le ruote agli utili aziendali.

Gli indicatori di mercato utili a prevedere l’andamento di borsa

Discretionary/Staples

A tale proposito proponiamo l’analisi del grafico tra il rapporto di un ETF Discretionary equal weight (US46137V3814) e un analogo ETF Consumer staples (US46137V3731) anch’esso equal weight. Questo rapporto indica tradizionalmente l’inclinazione del mercato verso settori più ciclici (e quindi con una propensione per il rischio maggiore) rispetto al settore dei consumi ritenuti “difensivi”. L’andamento del grafico è in una fase di evidente consolidamento anche se all’interno di una tendenza positiva a favore del settore Discretionary, quindi favorevole ad una situazione “risk on”, dopo la rottura di una resistenza formata sul grafico da agosto. Tecnicamente costruttivo, ma ancora non risolutivo di una fase di incertezza.

High Beta-Low Beta

La tendenza di una fase “flight to quality” degli investitori, appare poi dal grafico che esprime il rapporto tra High Beta-Low Beta. Qui appare decisamente più evidente il rafforzamento dei titoli meno volatili a discapito di quelli più volatili. In altre parole non deve creare stupore il fatto che lo S&P500 continui ad aggiornare i propri record mentre il Nasdaq deve ancora confrontarsi con i massimi di settembre. Tuttavia, anche in questo caso, il grafico è in divenire e i titoli high beta potrebbero recuperare i massimi dei mesi precedenti qualora il mercato privilegiasse nuovamente posizioni più a rischio.

Il rapporto tra titoli growth e titoli value, è un altro indice interessante per misurare la propensione al rischio del mercato nel suo complesso. Il grafico appare in ripresa dopo il grande afflusso verso il value che ha caratterizzato il periodo da febbraio a maggio di quest’anno. Una nuova riallocazione del mercato verso il growth sembra tecnicamente in atto, anche se sicuramente, letto congiuntamente al grafico High beta Low beta, il mercato predilige per il momento il growth di qualità e le large cap.

Small Caps/Large Caps

Una delle conferme, a nostro avviso, che il mercato non si trova in una fase marcatamente risk on, nonostante la tendenza dello S&P500 a migliorare costantemente i propri record, è dato dal rapporto tra small caps (Russell 2000)e large caps (S&P500), che letto anch’esso congiuntamente al grafico high beta-low beta, esprime la preferenza degli investitori per titoli meno volatili. In tal caso il grafico non lascia alcun dubbio, anche se potrebbe sicuramente migliorare a favore delle small caps se si ridimensionassero le aspettative di inflazione. 

Di solito il grafico di forza relativa Russell 2000/S&P500 (il Russell 2000 rappresenta l'andamento delle small cap) tende a salire quando la borsa nel complesso sale, ovvero per un rialzo corale della borsa è necessario che le small cap sovraperformino lo S&P500. Questa situazione di sovraperformance è stata evidente da marzo 2020 a marzo 2021, quando il Russell 2000 ha assunto un andamento laterale, senza riuscire più ad intraprendere un rialzo e causando una lenta discesa del grafico di forza relativa. Per segnalare un cambiamento di orientamento incoraggiante sarebbe necessario che il Russell 2000 superasse i massimi di marzo a 2360 circa e che anche la forza relativa nei confronti dello S&P500 riprendesse a salire.

Tuttavia, una volta iniziata la fase di tapering della FED, una diminuita liquidità nei mercati potrebbe ulteriormente penalizzare le small caps.

Cosa privilegiano gli investitori?

Quello che appare dallo studio di questi “indicatori” è un mercato in cui gli investitori non abbandonano l’equity, ma ne privilegiano gli aspetti di stabilità, bassa volatilità, una crescita di qualità e l'appartenenza alle large caps, meglio posizionate ad affrontare momenti di criticità sul fronte della liquidità.

Da ultimo un’analisi ad alcuni indicatori che misurano l’ampiezza di “partecipazione” rispetto al mercato nel suo complesso, i “breadth indicators”.

L’advance/decline

Il più noto è il NYSE advance-decline line, che misura il numero netto complessivo dei titoli del NYSE che aumentano (o diminuiscono) in un dato intervallo temporale. Dallo scorso luglio l’indicatore è in chiara fase laterale, attestando una specie di consolidamento, un trading range testimone dell’equilibrio tra domanda e offerta, indecisione e incertezza nel mercato.

Titoli sopra la media a 50 e a 200 giorni

Un altro indicatore molto seguito è quello che mostra la percentuale di titoli sopra la media mobile a 50 giorni (MMFI) e quello relativo alla media a 200 giorni (MMTH). Si tratta di due medie mobili estremamente rappresentative e sotto la costante attenzione da parte degli operatori, e l’indicatore relativo a ciascuna individua percentuali in ripresa dopo il recente crollo tra settembre e ottobre.

Il numero dei titoli sopra la media mobile a 50 giorni è al 59% circa dopo una situazione di ipervenduto al 22% toccata ad luglio, ma comunque in netto calo dai massimi di inizio anno all'88% circa. Il numero dei titoli sopra la media mobile a 200 giorni segna un 53% circa dopo un minimo a 44% circa a fine settembre. Tuttavia entrambi gli indicatori sono in discesa dal febbraio di quest’anno (l'MMTH era al 92% quasi), e tale enorme divergenza rispetto al grafico dello S&P500 che per lo stesso periodo ha disegnato invece un grafico di tendenza nettamente positiva, è l’aspetto che tecnicamente segnala una “red flag” sulla attuale situazione del mercato azionario. Queste divergenze tra il grafico dell'indice e gli indicatori sono sempre pericolose dal momento che segnalano che qualche cosa, fino a quel momento, nella struttura più intima del trend non è così solido come invece sembrerebbe. Certo, la situazione di divergenza si può risolvere anche in modo indolore, magari con una semplice lateralizzazione del mercato, ma in ogni caso si tratta di un campanello di allarme da non sottovalutare.

Ecco come comportarsi

Insomma, segnali di uno scongiurato pericolo di ribassi ulteriori non ce ne sono, inoltre il posizionamento tecnico del Nasdaq e di alcuni indicatori di mercato segnalano che sarà necessaria una notevole forza rialzista, che potrebbe essere determinata  da un catalist qualunque, per fare proseguire un rialzo corale delle azioni. Le aspettative di inflazione non ancora ben delineate in particolare concorrono all’invito rivolto agli investitori a collocarsi su posizioni a basso rischio, in titoli di società dotate di un solido balance sheet, a larga capitalizzazione e che, soprattutto, siano collocate in settori ad alta capacità di pricing power, capaci cioè di trasferire sui consumatori finali innalzamenti di prezzo dovuti ad un’inflazione fuori controllo, e quindi dotate di quel famoso “economic moat” tanto caro a Buffett & Co.

(Alessandro Magagnoli, Mauro Antonio Rotunno)