Incontro Mise/sindacati: Stellantis manterrà le promesse?

Il tavolo con le parti sociali chiama in causa tutto l’assetto italiano e non solo, servono risposte e Giorgetti ricorda il maxi-prestito

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Il titolo di Stellantis era finito in ipercomprato con i recenti massimi a 17,55 euro e il mercato ha deciso di prendere qualche presa di beneficio alleggerendo indicatori “surriscaldati”, come l’indicatore di forza relativa RSI. Un analista tecnico probabilmente liquidirebbe così i cali di Stellantis dai recenti massimi e probabilmente avrebbe anche ragione.

Di temi da discutere con il mercato e con la politica Stellantis ne ha davvero tanti però, a partire dalle strategie per l’elettrico per giungere ai livelli occupazionali nei vari stabilimenti e Paesi.

L’incontro convocato oggi dal ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti con Stellantis e i sindacati parte anche da questo. FIM Cisl ha chiesto  “rassicurazioni e chiarezza sulle decisioni in corso di valutazione da parte del gruppo, evitando smantellamenti o ridimensionamenti della capacità produttiva installata nei siti italiani”. 

Michele De Palma, responsabile auto di Fiom Cgil, ha chiarito la portata dei temi in campo in un’intervista al Corriere della Sera. Il peso di anni di cassa integrazione, il rischio di un’unica linea produttiva e con essa di una riduzione strutturale della capacità produttiva in Italia, il che violerebbe l’impegno del CEO Carlos Tavares, in occasione della fusione, a mantenere la capacità installata sul regime di un milione e mezzo di veicoli.

Sul comparto, oltre alla clava della pandemia, con le auto ferme in garage e nei concessionari, si è abbattuta anche “chip shortage”, carestia di microprocessori che ha fermato o rallentato gli impianti di mezzo mondo, soprattutto quelli di auto che di chip sono ormai zeppe. Per non seguire poi le valutazioni che si facevano qualche mese fa negli Stati Uniti dove i sindacati dicevano che l’auto elettrica e bella ma a regime per la produzione chiede meno operai e questo è un problema. Intanto a Melfi, che da sola fa metà della produzione di automobili di tutta l’Italia mille operai su settemila saranno in cassa integrazione a casa fino al 27 giugno.

Intendiamoci anche in Francia la produzione di Rennes è ripresa appena il 9 giugno dopo un break dal 27 maggio proprio per la carenza di semiconduttori. Anche in quel caso si è parlato di cassa integrazione al 70% (chômage partiel in francese); si è visto anche  Sochaux e a Mulhouse, sempre in Francia, dove però si è vista una sorta di cassa integrazione “tecnica” e la creazione di un secondo gruppo di produzione per il lancio della nuova Peugeot 308 che da questo mese accompagna le linee della Ds/ Crossback e della Peugeot 508. In Italia però non va bene e i malumori dei sindacati sono vivi.

Stellantis, il piano della gigafactory

Per questo spunta il piano della “gigafactory”, che fuor di spot, sarebbe una filiera delle batterie (ci sono già delle tecnologie di questo tipo nel Paese) per la quale potrebbero essere attivati fondi pubblici per 600 milioni di euro, ma che chiaramente richiederebbe una visione chiara dell’elettrico di Stellantis che ancora non c’è.

Lo Stato ha sicuramente dalla sua garanzie pubbliche sul famoso prestito da 6,3 miliardi di euro.

Prevede, fra l’altro la piena occupazione negli impianti italiani fino al 2023, ossia che tutti i dipendenti lavorino senza ammortizzatori sociali a quella data. Giorgetti ha ben presente quegli impegni, ma è innegabile che per i rapporti tra Roma e la ex Fiat (che nel frattempo ha cambiato vari nomi e varie sedi) sarebbe in pratica la fine dell’annosa dipendenza dal finanziamento pubblico e dagli ammortizzatori sociali (non sono sempre la stessa cosa anzi), una rivoluzione.

Stellantis, STM potrebbe dare una mano con i chip

Nell’attesa non pare certo un caso che proprio oggi Il Sole 24 Ore riporti in prima pagina della nuova fabbrica da 1,6 miliardi di euro della franco-italiana STMicroelectronics. Gli investimenti sono in un impianto che dovrebbe produrre per la prima volta in Italia, ad Agrate, wafer in silicio da 300 millimetri, potrebbe essere già a regime nel terzo trimestre del 2022 e sembra la risposta italiana ed europeo alla crisi globale del microprocessore e a quel fenomeno di “reshoring” che in molti hanno già varato, anche negli Stati Uniti. Non a casa spunta il nome di Giorgetti anche in questo articolo. L’R3 potrebbe impiegare 500-700 persone e rivitalizzare un importante indotto che non manca di competenze in Italia. 

Sicuramente al tavolo di oggi con Stellantis, si parlerà anche di questo.

(Giovanni Digiacomo)