Stretta di Netflix sul password sharing. Che cosa comporta?

Dopo il primo declino di abbonati dall'ottobre 2011, Netflix si avvia verso una stretta sul password sharing. Ci riuscirà? E che cosa comporta per gli utenti?

Dopo il primo declino di abbonati dall’ottobre 2011, Netflix corre ai ripari e prepara una rivoluzione per il suo servizio di streaming video. Certo, nel primo trimestre l’azienda di Los Gatos ha perso “solo” 200.000 abbonati e la contrazione è stata causata dalla chiusura delle attività in Russia (700.000 utenti spariti in un colpo solo). Tuttavia le previsioni sono di un ben più netta flessione di 2 milioni di abbonamenti nel trimestre in corso e, in ogni caso, il boom del settore innescato dalla pandemia di coronavirus aveva già dato segni d’indebolimento, a fronte di una concorrenza sempre più ricca e di un pubblico potenziale meno ampio di quanto si pensasse inizialmente. Per questo Netflix prepara una stretta sul password sharing, quella condivisione di credenziali da molto considerato la normalità.

Stretta di Netflix su password sharing dopo declino di abbonati

Tra i correttivi proposti da Netflix c’è l’introduzione della pubblicità, già utilizzata per esempio da Hbo Max (della neonata Warner Bros Discovery) e che presto potrebbe essere sposata anche da The Walt Disney Company per la sua piattaforma Disney+ (tariffe più convenienti se accompagnate dall’advertising), ma secondo il pioniere dello streaming sono oltre 100 milioni gli utenti non paganti che attualmente utilizzano i suoi servizi. Ed è da lì che potrebbero arrivare nuovi ricavi. C’è però un problema. Secondo una ricerca di Time2Play, citata dalla Cnbc, in Usa l‘80% degli utenti che attualmente sfruttano le credenziali di un abbonato a Netflix non sarebbero disposti a pagare per un loro abbonamento nel caso di un’effettiva stretta sul password sharing.

Che cosa comporta la stretta di Netflix sul password sharing?

C’è da considerare, oltre tutto, che nel corso degli anni Netflix ha in più occasioni aumentato il prezzo degli abbonamenti (il più costoso in Usa è quello da 19,99 dollari, mentre in Italia è da 17,99 euro). E oggi la strategia di Netflix sarebbe quella di chiedere un extra, nell’ordine dei 3 dollari (o euro), per chi desidera condividere il suo account. Finora esperimenti in questo senso sono stati condotti solo in America Latina e non è ancora chiaro quando potranno toccare gli abbonati in Usa o Europa.

Inizierà dagli abusi seriali la stretta di Netflix sul password sharing

Non va dimenticato, poi, che Netflix non vuole certo andare a colpire chi condivide in modo corretto il suo abbonamento (per esempio l’intestatario o uno dei suoi familiari diretti lo usa spesso in luoghi diversi dalla residenza per motivi di lavoro o studio). E la riluttanza nell’agire contro questo gruppo di utenti probabilmente salverà milioni di persone dalla stretta di Netflix, almeno nella prima fase. “Inizieranno con gli autori di abusi seriali. Se hai 15 persone che utilizzano il tuo account la cosa è abbastanza evidente“, ha notato Rich Greenfield, analista di LightShed Partners, citato sempre dalla Cnbc.

Ieri diceva “Amore è password sharing”. Oggi Netflix fa dietrofront

Certo è curioso come Netflix sia stata costretta a un brusco dietrofront da un’evoluzione del mercato da lei stessa creato che non aveva messo in conto. Nel 2017, infatti, sul suo account corporate di Twitter Netflix scriveva: “Amore è condividere una password”. Una politica di marketing che puntava a spingere il suo marchio, a creare condivisione per il lancio di nuovi contenuti, per il successo di serie come Stranger Things o La casa de papel. Successo che è arrivato (Netflix vanta comunque quasi 222 milioni di abbonati nel mondo). Ora, però, i tempi sono cambiati. E condividere non è più considerato “amore”. (Raffaele Rovati)

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