Un timido segnale ribassista

Ieri la settimana dei mercati è iniziata nel segno della continuità con quel che abbiamo visto nella precedente.

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Ieri la settimana dei mercati è iniziata nel segno della continuità con quel che abbiamo visto nella precedente. L’indice SP500, dopo aver inanellato 4 sedute consecutive lievemente negative nella scorsa settimana, ieri ha prodotto la quinta. Per la verità quella di ieri è parsa addirittura un’accelerazione ribassista, dato che in una sola seduta l’indice delle 500 principali società USA ha perso -0,77%, cioè più di quel che aveva perso in tutta la settimana precedente.

Dopo un’apertura di seduta in ampio gap ribassista di ben 32 punti e al di sotto del supporto chiave di 3.885, la prima parte della seduta è passata a cercare di rimediare al gap e negare il segnale di inversione ribassista.

I compratori hanno costruito un discreto rimbalzo che è riuscito a richiudere praticamente per intero il gap iniziale. Ma lo sforzo prodotto per chiudere il gap ha esaurito il carburante rialzista della seduta. Dal massimo di 3.903 è partita un’ampia scivolata nelle due ore finali, che ha riportato SP500 al punto di partenza, cioè sui minimi iniziali della seduta a 3.876.

La chiusura sui minimi di inizio seduta, ma senza violarli, ci trasmette un messaggio ribassista, ma accompagnato da una certa ambiguità. E’ fuori discussione che la chiusura inferiore di una decina di punti al supporto da non rompere ci affida una indicazione ribassista. Il testa e spalle visibile sui grafici a cadenza oraria è stato completato e dobbiamo guardare verso il basso al possibile obiettivo ribassista che ieri ho indicato in area 3.820.

Però il fatto che la discesa si sia fermata proprio sul minimo mattutino e non sia riuscita a sfondarlo,  in un certo senso è una dimostrazione di tenuta, che potrebbe anche causare la sorpresa di un rimbalzo odierno.

Per cui, fino a prova contraria, affermiamo che ieri è stato dato un segnale di continuazione ribassista, ma non mi sorprenderò se il tentativo di negarlo venisse ripetuto oggi.

Nel complesso del mercato azionario americano si nota comunque un aumento di fragilità. Ieri sul tecnologico Nasdaq100 il segnale ribassista consegnato da un calo del -2,63% è stato molto più chiaro. Si sono viste vendite molto cospicue su alcuni beniamini del trading pandemico, come Tesla, Moderna e Zoom.

Tre sembrano i driver che stanno guidando la riflessione degli operatori verso le prese di profitto.

Il primo è la chiara percezione che i vaccini, laddove vengono somministrati con rapidità ed estensione, abbiano successo. L’esempio di Israele e soprattutto della Gran Bretagna, con l’evidente calo delle rispettive curve dei contagi man mano che la vaccinazione si estende a percentuali significative della popolazione,  rafforza la convinzione degli operatori che sia non più molto lontano il ritorno alla normalità, nonostante i dubbi sulle varianti.

Perciò scatta la rotazione dei temi, andando a premiare quel che beneficia della ripresa dell’economia reale e prendendo profitti sui campioni tecnologici dello “stay-at-home business”.

La ripresa dell’economia reale porta poi ad un aumento dei prezzi delle materie prime energetiche e metalliche. Lo vediamo soprattutto nel decollo delle quotazioni di petrolio e rame, che sono una sorta di termometro dell’andamento del ciclo economico reale.

La prossima riapertura alla mobilità ed alla socializzazione, unita all’aumento dei costi pagati dalle imprese manifatturiere sulle materie prime, potrebbe per qualcuno portare una fiammata inflazionistica, soprattutto se il piano di sostegno pandemico dell’Amministrazione Biden, che sta cercando di giungere ad una faticosa approvazione al Congresso, contenesse, come sembra, l’aumento del salario minimo legale a 15 $ l’ora, che significa un raddoppio rispetto all’attuale minimo. Anche il costo del lavoro andrebbe così a premere sui prezzi dei prodotti finiti.

Il timore della ripartenza dell’inflazione pare essere quindi  il secondo motivo che spinge a prendere profitto e mettersi in attesa. Nel week-end è stato osservato con una certa preoccupazione il dato sull’aumento dei prezzi alla produzione, cresciuti a gennaio del +1,3% rispetto al +0,4% atteso. Se queste pressioni si scaricheranno sui prezzi al consumo l’inflazione potrebbe effettivamente fare un saltino in alto nei prossimi mesi.

Per ora le banche centrali si affannano a rassicurare i mercati che ignoreranno l’inflazione anche se supererà un po’ il loro obiettivo del 2%. Lo ha fatto ieri Lagarde a nome della BCE, contribuendo ad una seduta europea un po’ meno negativa dei quella americana (Eurostoxx50 -0,37%, ma ben al di sopra dei minimi mattutini). Oggi probabilmente lo ripeterà Powell per la FED nella sua testimonianza al Senato USA. 

Ma intanto il mercato obbligazionario USA, piano piano, ha già riavvicinato i rendimenti del Treasury Note decennale dai minimi di 0,5%, realizzati in estate, a quel livello dell’1,5%, dove stavano immediatamente prima della pandemia.

In assoluto i rendimenti restano bassi, ma in relativo sono ormai quasi triplicati dai minimi e, sui mercati, è la tendenza che spinge a cambiare strategia. La tendenza pare inequivocabilmente orientata al rialzo, anche se i tassi ufficiali non si muoveranno ancora per parecchi mesi.

Chi si chiede perché il rialzo dei rendimenti possa nuocere all’azionario consideri che 1,5% è il rendimento medio dei dividendi sulle azioni dell’indice SP500.

Finché l’azionario dà dividendi superiori alle cedole del Treasury decennale, non c’è partita. L’incentivo è ad uscire dall’obbligazionario ed andare a Wall Street, per rispettare la regola TINA (There Is No Alternative). Ma quando le obbligazioni renderanno più dei dividendi, allora torneranno a fare concorrenza all’investimento azionario.

Non siamo ancora arrivati a questo, ma senza dubbio siamo più vicini di 3 mesi fa.

Il terzo motivo di ansia è arrivato da una intervista della Ministra del Tesoro Yellen, che ha candidamente ammesso che il nuovo governo è intenzionato ad aumentare la tassa sugli utili societari ed anche la tassa sui capital gain. Non sono propriamente queste le parole che Wall Street ama, anche se su questa materia non c’è ancora nulla di pianificato.

Insomma, con tutto questo frastuono, un po’ di correzione sarebbe del tutto giustificata. Ma è necessario che il pessimismo venga confermato anche oggi.