Rendimenti bond Usa 2022, ecco cosa aspettarsi

Negli Usa la curva dei tassi sta assumendo un andamento meno inclinato: l'inflazione non fa più paura? E' di nuovo il momento di comprare bond? I rendimenti potrebbero rimanere stabili anche nel medio periodo

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Nell’ultima parte del 2021 si è evidenziato un disallineamento tra il tasso di inflazione statunitense e la curva dei tassi relativa ai titoli del Tesoro Usa. La differenza tra il tasso a 10 anni e quello a 2, in discesa da fine 2019, dopo un impulso verso l’alto dovuto al panico da inflazione dell’estate 2021, a partire da ottobre si è riassestata su un differenziale più contenuto. Il mercato evidentemente si è convinto che la crescita dell’inflazione è un fenomeno relegato al breve e medio termine. L’appiattimento della curva non ha comunque portato ad una inversione, andamento che si manifesta quando emergono paure di una recessione. 

Inflazione, la paura è passata, per ora

In buona sostanza quindi per il momento i mercati si attendono che l’inflazione possa tornare sotto controllo nei prossimi mesi e che la crescita economica non subirà particolari contraccolpi a causa dell’aumento dei contagi di Covid-19. Uno scenario di questo tipo dovrebbe essere favorevole al proseguimento del rialzo per i principali mercati azionari, ma cosa potrebbe accadere ai prezzi dei bond, in particolare a quelli statunitensi? 

Le quotazioni attuali sono da considerare interessanti per un acquisto?

Il punto, soprattutto dopo la conferenza stampa di Powell del 15 dicembre che a molti commentatori è apparsa fintamente hawkish, è che i tassi sul decennale probabilmente non saliranno molto al di sopra del 2-2,5 %, e ciò anche se questo dovesse prolungare la permanenza di tassi reali negativi nel mercato.

Oltre ai problemi sul versante del deficit pubblico che un rialzo dei tassi superiore alle citate percentuali potrebbe arrecare (tra cui si ricordi il vincolo del PIL, che crescendo a un tasso del 3,5-4% annuo, non può permettersi tassi di interesse sul debito pubblico superiori ad esso compromettendo il mantenimento di quel medesimo tasso di crescita) vi sono ulteriori fattori di natura squisitamente tecnica che adesso andremo ad approfondire.

La liquidità globale resta elevata

Ad avviso di Bloomberg, infatti, ingenti masse di liquidità, soprattutto presenti nei sistemi bancari di Europa, Inghilterra e Giappone, continueranno a sostenere la domanda di bond governativi ancora durante tutto il 2022, contribuendo al mantenimento di tassi di interesse contenuti (domanda elevata = prezzi dei bond in crescita o almeno stabili e quindi rendimenti in calo o stabili) e in qualche modo controbilanciando eventualmente, qualora ce ne fosse bisogno, anche l’implementazione delle politiche monetarie più restrittive della Fed.  

La Fed supporta le altre banche centrali

Un fatto importante a sostegno di tali affermazioni è rappresentato dalle manovre a supporto delle Banche Centrali, soprattutto dalle manovre di intervento a sostegno della liquidità denominata in dollari che la Fed ha attuato in occasione dell’ondata pandemica a inizio 2020, attraverso due strumenti: il primo, una semplice swap line overnight tra Banche Centrali, il secondo la Foreign International Monetary Authorities repo facility, FIMA.

Tali strumenti sono stati interventi straordinari che la Fed ha attuato in risposta allo shock sul lato dell’offerta e della domanda che la liquidità in dollari a livello globale stava subendo in seguito alla pandemia, contribuendo a mantenere le riserve in dollari delle Banche Centrali adeguate, evitando che venissero venduti titoli del Tesoro statunitense per convertirli in liquidità e contribuendo inoltre ad una adeguata provvista di credito nel sistema finanziario globale.

Le banche centrali comprano bond Usa

Le Banche Centrali principali, soprattutto quella giapponese ed europea, si trovano ad avere quindi un ammontare notevole di liquidità da impiegare e i titoli USA sono sempre uno degli impieghi di preferenza. La domanda globale per i titoli statunitensi riflette inoltre anche come anni di acquisti di titoli da parte delle Banche Centrali e da parte di istituzionali poco sensibili al prezzo, Fondi pensione e Assicurazioni, hanno generato una diminuzione del flottante a disposizione sul mercato.

Il flottante di titoli governativi a disposizione del pubblico delle economie più importanti è calato dal 55% al 40%, a partire dalla grande crisi finanziaria. E il bund tedesco sarebbe al 10%, quello giapponese al 30% e quello USA si sarebbe mantenuto al 50%, questo sempre secondo Bloomberg.

La domanda di titoli statunitensi resta alta

La domanda di titoli USA rimane alta e a meno di una inflazione pervicacemente sopra il 6% anche per tutto il 2022, potrebbe anche accadere che il tasso sul decennale resti relativamente basso. 

Posizioni short sui bond alte ma in diminuzione

C’è tuttavia da segnalare un elemento che contrasta con le prospettive di una situazione di relativa stabilità per i rendimenti: la posizione short complessiva sul future T-Note decennale è molto elevata, in netta crescita già da ottobre, anche se in moderato ridimensionamento nelle ultime settimane. Gli operatori si sono allineati in modo acritico al mutato atteggiamento della Fed, che potrebbe decidere di iniziare ad alzare i tassi già a partire da maggio del 2022.

E cosa dicono i grafici? 

Su quello del future relativo al T Note decennale nelle ultime settimane si è disegnato un potenziale testa spalle rialzista: la figura verrebbe completata con la rottura della "neckline" passante a 132 dollari circa. Sopra quei livelli attesi movimenti in area 134. Sul grafico dei rendimenti c'è una bella linea di supporto, tracciata dai minimi di agosto 2020, passante a 1,375% circa. Sotto quei livelli primo supporto a 1,175%. Attenzione tuttavia che un vero e proprio segnale di inversione rispetto alla tendenza ribassista, sui prezzi, e rialzista, sui rendimenti, verrebbe al di sopra di area 135,50 e al di sotto di 1,13%. Solo in quel caso si potrebbe realizzare un vero e proprio capovolgimento del quadro prospettico, che altrimenti, al di la dei movimenti di breve termine, resta orientato al ribasso, per i prezzi, e al rialzo, per i rendimenti. Target di lungo termine per i prezzi (negato sopra 135,50), a 117/18 circa, per i rendimenti invece (negato sotto 1,13%), al 3% circa.

(Alessandro Magagnoli - Mauro Antonio Rotunno)