Yield oggi: ho 10.000 euro di gruzzolo ogni anno. Che faccio?

Tutto dipende dall’età del risparmiatore. La composizione di uno specifico portafoglio si modifica in relazione a questa variabile. Tenendo conto anche degli aspetti fiscali, importanti soprattutto per alcune fasce generazionali. 

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Cercare il rendimento o garantire una crescita nel tempo del capitale investito? La risposta dipende logicamente dalle esigenze di ciascuno ma quello che è certo riguarda la diversità degli asset su cui puntare in base all’età del risparmiatore. 10.000 euro in un anno possono essere tanti in tempi difficili e richiedono quindi un impiego finalizzato al lungo termine. Ecco tre risposte in rapporto agli anni di chi li detiene.

Se si hanno 30 anni 

Purtroppo ci sono – almeno in corso – dei paletti di entrata per alcune delle soluzioni più adatte a un collocamento per decenni, quali per esempio una polizza vita, tipologia per cui vale spesso un importo di accesso nettamente superiore a 10.000 euro. Costruirsi oggi una pensione “integrativa” è allora fondamentale, evitando due fattori di incertezza che possono incidere pesantemente nel lungo termine. Sono i costi e spesso la concentrazione dei sottostanti. Chi è giovane deve stare molto attento in merito, poiché per esempio una presenza rilevante di titoli di Stato in euro comporta nella fase in corso una rischiosità elevata. La soluzione più semplice in assoluto consiste allora nel rivolgersi a dei piani di accumulo proposti da intermediari bancari o di altro tipo, con sottostanti Etf o fondi azionari, sebbene siano preferibili i primi, nettamente più efficienti nel lungo termine. Destinare un 60% del capitale a un Pac precostituito e il restante 40% a un Btp€i (indicizzato all’inflazione europea) è una risposta abbastanza proficua per garantire crescita del capitale e un minimo reddito, che dipende dal tipo di “inflation linked” scelto e dalla sua quotazione in corso. Oggi questa categoria di bond è cara e si potrebbe allora attenderne uno sgonfiamento restando al momento liquidi e aspettando la prossima emissione di un Btp Italia al prezzo 100 di collocamento, prevista nei prossimi mesi, per poi magari trasferirsi su un Btp€i in fase successiva.

Se si hanno 40 anni 

Per chi sta nel mezzo del cammin di nostra vita la scelta deve diventare più articolata, considerando soprattutto il fattore fiscale, molto importante per la “middle age”. In questo caso allora al fondo pensione, deducibile dai redditi imponibili di chi lo ha sottoscritto fino a un importo massimo di 5.164 euro all’anno, consigliabile almeno per un 50% del capitale disponibile, si possono affiancare un Pir - Piano Individuale di Risparmio - incentivato da importanti agevolazioni fiscali, data l’esenzione da imposte sulle rendite finanziarie e da quelle di successione, nonché di nuovo un nostro titolo di Stato indicizzato all’inflazione europea, preferibile rispetto a quella italiana perché strutturalmente più elevata. I Pir sono criticati dall’industria finanziaria, che li ritiene poco flessibili – data una forte concentrazione sull’azionario italiano di piccola e media capitalizzazione – nonché vincolanti e poco trasparenti. Se si teme che il rischio Italia sia forte in prospettiva futura si può valutarne la sostituzione con un piano di acquisto di Etf azionari globali, che non godono però di alcuna agevolazione fiscale.

Se si hanno 50 anni

In questo caso due fattori diventano prioritari: sono il contenimento dei costi e l’ottenimento di un rendimento. La soluzione di investimento diventa allora decisamente diversa: meglio concentrarsi su Piani di accumulo con sottostanti Etf, realizzati con commissioni di intermediazione più basse possibili. Certamente il fattore rischiosità sale, il che contrasta con il principio che chi è meno giovane va più protetto, ma è pur vero che con 10.000 euro all’anno le prospettive di accumulo di capitale si riducono, mentre le esigenze di un reddito salgono. L’offerta di replicanti quotati su Borsa Italiana è inoltre ormai talmente ampia da coprire qualsiasi esigenza. Ci sono perfino degli Etf strutturati come piccole gestioni patrimoniali, con quote fisse di azionario o obbligazionario correlate fra loro (per esempio 20% di azioni e 80% di reddito fisso o l’opposto, nonché varie opzioni intermedie) sia ad accumulo sia a distribuzione di cedole. Puntare su 5 o 6 Etf più diversificati possibili, considerando sempre più la componente Esg, acronimo che sintetizza tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento, è un’altra risposta efficiente a un problema molto sentito. Tenendo conto di un aspetto importante: l’economia mondiale del 2030 e 2040 sarà ben diversa da quella di oggi.