Bitcoin, ecco quale sarà il principale ostacolo del 2022!

Bitcoin ed energia: dal Kosovo al Kazakhstan, ecco quali sono i problemi e le possibili soluzioni sul principale tema del 2022, quello della crisi energetica.

La volatilità del valore del bitcoin non costituisce certo un fatto nuovo. Anzi, essa, nel corso degli ultimi anni, ha sempre rappresentato nel bene e nel male una delle caratteristiche principali della criptovaluta di Nakamoto.

Tuttavia il trend del bitcoin è sempre stato tendenzialmente verso l’alto, con solo un grave e prolungato tonfo nel maggio 2021, quando alcune dichiarazioni negative di Elon Musk e la volontà espressa (e successivamente confermata) dalla Cina di porre un freno alle transazioni in bitcoin avevano provocato una grave perdita del valore di quest’ultimo.

Il calo attuale, però, potrebbe essere nel complesso anche peggiore: si è passati infatti dai 64.400 dollari del 12 novembre 2021 ai 33.113 del 24 gennaio 2022. Quasi la metà del valore rispetto a due mesi e mezzo fa!

Come sempre all’interno del mercato finanziario, e soprattutto parlando di criptovalute, le cause del crollo sono molteplici e complesse. Soffermiamoci però in questo caso su una tematica in particolare: quella dell’energia.

Il problema energetico legato alle operazioni di mining non è una novità, ma nell’ultimo periodo ha assunto proporzioni preoccupanti, che hanno portato, come vedremo, a vere e proprie situazioni di crisi sia in Kosovo che in Kazakhstan.

Prima di entrare nel dettaglio, e di cercare di capire quali potranno essere eventualmente le soluzioni per cercare di migliorare in futuro il rapporto tra bitcoin ed energia, facciamo un piccolo ripasso sul tema grazie al seguente video (tratto dal canale YouTube Marco Cavicchioli divulgatore Bitcoin), che descrive in modo specifico l’argomento sottolineando quelli che sono gli aspetti più tecnici (e magari non strettamente necessari) legati al bitcoin mining. 

Energia e bitcoin, un inizio anno molto complesso

Come abbiamo accennato, l’inizio del 2022 è stato contrassegnato dal segno negativo non solo per il bitcoin, ma per l’intero mercato delle criptovalute.

Per ciò che riguarda nello specifico il bitcoin, è interessante segnalare come quest’ultimo abbia subìto nell’ultimo periodo non solo una perdita di valore pari a circa 30.000 dollari, ma anche una diminuzione della percentuale legata al proprio dominio di mercato nel settore criptovalutario, assestandosi al 39% (dato peggiore dal gennaio 2018).

Tra le molteplici cause di questa condizione si possono citare il tapering della FED (Federal Reserve) e il tema dell’inflazione, ma non va sottovalutato l’aspetto legato ai problemi energetici insiti nell’attività di mining.

Minare bitcoin significa svolgere calcoli complessi mediante algoritmi, allo scopo di ottenere un codice hash necessario per confermare la validità del nuovo blocco che deve inserirsi nella blockchain preesistente.

Se inizialmente queste operazioni potevano svolgersi con i processori di computer normali, nel corso del tempo i calcoli algoritmici sono divenuti sempre più difficili e complessi, richiedendo dunque strumenti specifici ed un dispendio energetico molto elevato.

Bitcoin e crisi energetica: il caso del Kosovo

La regione settentrionale del Kosovo, il paese più giovane d’Europa, è una delle zone europee dove si è concentrata la maggior parte delle attività di bitcoin mining. Forse proprio per l’età media molto bassa, oppure, più malignamente, perché la maggioranza serba che vive in questo territorio si rifiuta di pagare l’elettricità, non riconoscendo l’indipendenza della nazione kosovara.

Sia come sia, la già precaria situazione energetica globale, che anche in Italia si è fatta sentire con i ripetuti aumenti sulle bollette, unita all’ingente quantità di energia necessaria per il mining di bitcoin, ha causato negli ultimi mesi un elevato numero di blackout in tutto il Kosovo.

Il Governo del paese ha quindi deciso di vietare le attività di estrazione delle criptovalute, e le forze di polizia sono arrivate a compiere dei veri e propri blitz per sequestrare gli apparecchi dedicati al mining.

Il Ministro dell’Economia, la dottoressa Artane Rizvanolli, ha dichiarato espressamente:

Le forze dell’ordine fermeranno la produzione di criptovalute con il supporto di tutte le istituzioni pertinenti che identificheranno i luoghi di tali attività.

Questa vera e propria “caccia al minatore” (di bitcoin) messa in atto dalle autorità kosovare in quella che era una delle roccaforti europee legate al mining, ha certamente giocato un ruolo importante nelle difficoltà della criptovaluta tra la fine del 2021 e l’inizio del nuovo anno.

Le responsabilità del bitcoin nella crisi Kazaka

In Kazakhstan le proteste di piazza sono finite nel sangue, con decine di vittime tra i manifestanti definiti dalle autorità “sobillatori” e “criminali”.

Qui il ruolo del bitcoin in questa vera e propria rivolta non è certo diretto: nessuno è sceso in piazza per manifestare pro o contro il ruolo delle criptovalute, naturalmente.

Il problema era relativo alle difficoltà economiche, all’inflazione, all’aumento del costo dell’energia. Ed in quest’ultimo caso, il bitcoin gioca sì un ruolo importante.

Bisogna considerare che, dopo il ban della Cina alle criptovalute, molti miners si sono trasferiti proprio in Kazakhstan, favoriti anche da una migliore regolamentazione. Si parla infatti di circa 90mila processori e macchinari che sono stati portati dalla Cina proprio nel paese governato dal presidente Tokajev.

Come avvenuto anche in Kosovo, dunque, la presenza di un numero così elevato di estrattori di bitcoin ha contribuito all’aumento del fabbisogno energetico nel paese, nonché all’aumento dei prezzi che hanno generato la reazione e le proteste della popolazione.

La rivolta e le tensioni causate, pur indirettamente, anche dal bitcoin hanno contribuito ad acuire la crisi della criptovaluta in questo inizio 2022. Anche perché il Kazakhstan, all’interno delle operazioni di bitcoin mining, svolge un ruolo ancora più significativo rispetto al Kosovo.

Il paese dell’Asia centrale raggiunge infatti la ragguardevole percentuale del 18% del mining totale del bitcoin, ed è perciò il secondo al mondo in termini di estrazione della criptovaluta. 

Si può quindi facilmente comprendere quanto forte possa essere l’impatto nel caso che anche in Kazakhstan venisse imposto un divieto alle attività di mining, anche solo temporaneamente per fronteggiare la crisi energetica. 

Possibili soluzioni al problema energetico del bitcoin

Le polemiche legate a bitcoin e consumo di energia hanno toccato anche altri paesi, anche se fortunatamente, per ora, in maniera decisamente meno critica rispetto a Kosovo e Kazakhstan.

In Iran le autorità hanno imposto un blocco all’estrazione della criptovaluta già lo scorso maggio, valido per quattro mesi. Ma successivamente, a fine dicembre, hanno optato per un secondo stop. 

Queste decisioni drastiche sono particolarmente significative se si considera che normalmente il Governo di Teheran non è per nulla ostile al bitcoin. Anzi, sfrutta le attività di mining garantendo energia a basso costo ai “minatori”, i quali in cambio vendono le criptovalute alla Banca Centrale. Un’operazione che ha lo scopo di bypassare le sanzioni economiche e finanziare le importazioni.

Il problema è che queste attività di estrazione vengono svolte anche da miners irregolari, senza licenza. Tutti assieme utilizzano una clamorosa quantità di energia, ed anche qui si sono verificate mancanze di corrente nel corso degli ultimi mesi. Motivo per cui si è giunti all’ultimo blocco, per preservare energia durante l’inverno.

Perplessità sul rapporto tra bitcoin e crisi energetica si registrano anche in Islanda e nei paesi scandinavi. Tuttavia esiste una strada alternativa per trovare l’energia necessaria alle operazioni di mining senza rischiare di patire una carenza della stessa: fare in modo di rendere il mining un’attività green.

Naturalmente non si tratta di un compito facile, soprattutto per una ragione: estrarre criptovalute richiede un quantitativo di energia always-on, vale a dire utilizzabile in modo continuativo, 24 ore su 24.

Se ne deduce che non tutte le fonti di energia alternative possono essere considerate delle soluzioni proficue. L’energia eolica e quella solare, ad esempio, non sono affidabili per il mining, in quanto funzionerebbero a intermittenza.

Tra le rinnovabili si può invece considerare l’energia idroelettrica, molto più adatta allo scopo; oppure l’energia geotermica.

El Salvador, che ha introdotto il bitcoin come moneta legale lo scorso settembre, sta andando proprio in questa direzione, ed ha iniziato a sfruttare le caratteristiche della propria posizione geografica, come per l’appunto  la presenza nel paese di vulcani, per trovare fonti di energia differenti allo scopo di proseguire con le attività di mining senza dover incidere eccessivamente sul fabbisogno energetico nazionale.

Le prospettive per il prosieguo del 2022

Insomma, l’obiettivo del bitcoin e di chi punta su di esso deve essere quello di riuscire a compiere le attività di estrazione della criptovaluta utilizzando il meno possibile le fonti energetiche tradizionali, in modo da evitare vere e proprie crisi nazionali come quelle che abbiamo visto in precedenza.

Questo rappresenta un fattore (non l’unico) molto importante per far sì che il tonfo di inizio 2022 del bitcoin abbia fine, e la criptovaluta di Nakamoto risalga ai livelli dello scorso anno.

Le prospettive a lungo termine non dovrebbero comunque risultare eccessivamente intaccate da questo periodo difficile. È certo però che, a questo punto, sarà difficile immaginare, come sostenevano alcuni addetti ai lavori, ad un bitcoin che superi entro quest’anno il valore di 100mila dollari, oppure una moneta più stabile e meno volatile rispetto al passato.

Per quanto riguarda la prima previsione, arrivare nei prossimi mesi a quota 100mila dollari significherebbe triplicare il valore attuale, il che sembra eccessivamente ottimistico anche per una valuta che è abituata ad avere forti sbalzi sul mercato.

In merito alla stabilità del bitcoin, attualmente sembra un miraggio. Ma non è escluso che si possa limitare la sua volatilità se, almeno a livello energetico, si raggiungerà nel prossimo futuro un equilibrio migliore rispetto a quello odierno.

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